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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del III fascicolo 1998


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Boccardi e Sibilla

Scoliosi e psiche
Scoliosi, equilibrio e sensibilità pallestesica
L'Arcometro
Valutazione del paziente lombalgico
Il cuore del fascicolo: una triade di editoriali per una visione moderna del problema lombalgia
La prevenzione: ergonomia, Back School e ruolo della caffeina come fattore di rischio
Allettamento: da evitare nel lombalgico; principi di prevenzione del decondizionamento
Revisioni di efficacia di varie modalità terapeutiche: manipolazioni, farmaci e medicina complementare
Ruolo del multifido nella riabilitazione vertebrale
Le "Pagine Verdi"
Indice



Nell'attesa della Monografia che, come al solito, chiude un anno di attività scientifica del nostro Gruppo, si mettono già in cantiere le novità per il 1999, che si presenterà ricco di proposte per i nostri Soci, che vanno dal potenziamento e definitiva affermazione dello strumento Internet (chi non si è ancora collegato al nostro Sito, www.gss.it, che è entrato nella classifica dei migliori Siti italiani stilata da “Il Sole 24 Ore” ?), all'incremento delle pagine e dei lavori contenuti nei nostri fascicoli (come peraltro stiamo già facendo nel 1998), alla preparazione di un altro Congresso per il 2000, che costituirà una vera novità in campo scientifico, in quanto sarà il primo evento multimediale del panorama della riabilitazione vertebrale in Italia. Ai nostri Soci il piacere di scoprire tutto questo, insieme alle iniziative ormai consolidate che continueranno regolarmente.

Prima di passare ai lavori di questo Fascicolo, un'annotazione. Siamo stati in passato accusati da alcuni di esterofilia per il nostro lavoro di selezione e riassunto esclusivamente dalle riviste straniere. A questa critica si possono offrire almeno 3 risposte diverse:

Un'ultima risposta a questa infondata critica si trova in questo Fascicolo: è infatti con estremo piacere che riportiamo due lavori sugli argomenti della riabilitazione vertebrale apparsi nel 1997 su riviste internazionali ad opera di due gruppi di giovani fisiatri italiani, facenti capo l'uno al Bassini di Milano e l'altro al Gervasutta di Udine, che testimoniano dell'enorme fermento di rinnovamento anche scientifico che il mondo della riabilitazione in Italia sta affrontando e che si riflette anche sul campo di cui noi ci occupiamo. Queste pubblicazioni sono una ulteriore testimonianza che anche in Italia si può fare buona ricerca e che, se è valida in quanto tale, può essere pubblicata su riviste recensite, smentendo le scuse spesso sentite sulla bocca di tanti: all'estero pubblicano solo i raccomandati (ma chi ci ha provato sa che si devono inviare i lavori senza alcun riferimento al nome dell'autore neanche nel testo).

Ma veniamo al contenuto di questo fascicolo.



Scoliosi e psiche

L'attenzione psicologica al proprio paziente è parte integrante e fondamentale di qualunque trattamento, soprattutto riabilitativo. Non riuscire ad entrare in contatto con chi si ha di fronte, un contatto che non è intellettivo ma è fondamentalmente empatico, giocato su sensazioni e profondità di rapporto umano più che su parole, è quasi sempre fallire nel rapporto terapeutico. In particolare poi, quando si ha a che fare con l'adolescente affetto da una deformità vertebrale, quindi con un ragazzo in età già critica quanto al rapporto con il proprio corpo, che si trova a dover affrontare oltre al brusco cambiamento di dimensioni ed allo sviluppo sessuale anche la comparsa o progressione di una patologia che nell'immaginario collettivo si associa con l'essere “storto”, l'essere “gobbo”, allora se non si riesce a “comunicare”, a guardare il ragazzo negli occhi ed a capirsi a vicenda, il trattamento sarà sempre un fallimento e chi ne pagherà le conseguenze, fisiche e psicologiche sarà il paziente. Il lavoro di Payne è molto bello ed interessante in questo senso. Pur nei limiti evidenti (non si sa quale entità avesse la scoliosi dei pazienti considerati e quali fossero i trattamenti in corso) ci offre un approfondimento su un problema che non possiamo continuare ad ostinarci a considerare secondario: una visita che dura cinque minuti, oppure un trattamento che si limita ad un atto burocratico difficilmente potranno rispondere a queste esigenze. Magari si tratta una schiena, ma non si cura un paziente ! In particolare poi, per quanto riguarda la riabilitazione, è importante far passare il ragazzo dalla condizione di chi subisce un trattamento, a quella di chi ha una parte attiva nel proprio processo di recupero, di chi quindi riceve degli strumenti che gli permettono di affrontare al meglio una condizione di disagio fisico ma anche psicologico.

L'influenza psicologica di un trattamento ortesico rispetto ad uno chirurgico ed il confronto con un gruppo di controllo è il tema del lavoro di Noonan. Questo aspetto viene qui affrontato a lungo termine, cioè gli effetti avuti in età adulta da parte di un trattamento che, come viene fatto rilevare in discussione, la letteratura ha dimostrato essere psicologicamente impegnativo. La conclusione, secondo gli autori, è incoraggiante perché esistono differenze (significativamente a discapito della chirurgia rispetto all'ortesi) che se sono statisticamente significative, lo sono molto meno da un punto di vista pratico. Quindi, i soggetti che sono stati in passato trattati in modo invasivo dimostrano una sofferenza psichica maggiore di quelli ortesizzati che a loro volta stanno lievemente peggio del gruppo di controllo. Questa è una valida risposta a chi propone di evitare il corsetto per non produrre danni psicologici ed indica di attendere l'intervento, magari a 30° o 35°, quando non è nemmeno necessario un gesso ed in realtà è più che sufficiente nella maggior parte dei casi un buon corsetto ascellare! Un'ultima annotazione: l'interessante revisione della letteratura dimostra un effetto diverso per il Milwaukee, apparentemente più invasivo dell'intervento: un'altra buona ragione per non utilizzare un corsetto di per sé meno efficace e poco tollerato dai pazienti.



Scoliosi, equilibrio e sensibilità pallestesica

Byl propone un approccio al problema dei disturbi dell'equilibrio e della sensibilità pallestesica (alle vibrazioni) che coniuga le necessità scientifiche con quelle clinico-operative. Questo lavoro infatti verifica la presenza (già nota) di deficit del controllo dell'equilibrio e la riduzione (molto meno nota) della sensibilità alle vibrazioni in pazienti con scoliosi idiopatica. Dopo quindi una accurata revisione della letteratura, che viene ben presentata in discussione, gli autori traggono alcune conseguenze cliniche per la riabilitazione che si avvicinano molto a quanto, sulla base della revisione degli stessi dati presenti in letteratura qui citati, da anni proponiamo. E' interessante che questa proposta nasca negli Stati Uniti, laddove come anche in introduzione viene sottolineato, si nega ogni efficacia agli esercizi terapeutici nel trattamento del paziente con scoliosi lieve. Le cose cambiano, e più rapidamente di quanto ci aspettiamo: non è detto che dopo aver dimostrato solo recentemente l'efficacia dei corsetti non si arrivi a documentarla anche per la cinesiterapia con studi controllati prospettici.

Correlato alle proposte che da anni formuliamo rispetto alla chinesiterapia, e comunque come articolo che vuole riassumere lo stato dell'arte in letteratura sul problema scoliosi, troviamo il lavoro di Wright. Meglio leggere prima il PdV di Sibilla che di per sé è esplicativo sul pensiero della Segreteria Scientifica, rappresentata nella sua massima autorevolezza dal suo Presidente (il Dott. Sibilla appunto), sulla revisione alquanto partigiana qui condotta. Per parte nostra sottolineiamo nuovamente che proprio per la presenza di lavori in letteratura di questo tenore appaiono giustificate alcune posizioni apparse anche su quotidiani di tiratura nazionale sull'argomento scoliosi da parte di medici che solo casualmente si sono accostati all'argomento. L'appuntamento è per tutti per il Congresso Multimediale che annunciamo sin da ora per il 2000 a Milano, dove ci sarà modo di apprendere, discutere e verificare insieme concrete proposte sul trattamento della scoliosi idiopatica. Certamente però alcune posizioni possono avere una loro dignità finché non verrà dimostrato il contrario: primo, nessuno ha mai provato che la cinesiterapia non è efficace; secondo, ci sono dati precisi che dimostrano la sua validità (sia pure in studi retrospettivi, ma condotti sotto la responsabilità di uno studioso di elevata competenza come Stagnara e statisticamente controllati da una ricercatrice di indiscutibile valore come Duval-Beaupère). L'argomento quindi non è chiuso, come taluni frettolosamente (o per chissà quale convenienza) propongono, tutt'altro !



L'Arcometro

D'Osualdo, Schierano e Iannis di Udine presentano uno strumento da loro messo a punto per la valutazione della cifosi, l'Arcometro, che permette di calcolare i gradi di cifosi con un elevata correlazione con le radiografie. Lo strumento risulta molto valido ed ha la dignità per poter affiancare lo Scoliometro tra gli strumenti validi ed oramai indispensabili per l'accurata valutazione clinica del paziente con deformità vertebrali giovanili e per ridurre l'esposizione a raggi X. Rispetto a strumenti più sofisticati, che hanno qualità maggiori di analisi, per esempio della fase dinamica, ampiamente implicata nello studio di disturbi dell'assetto posturale, l'Arcometro ha ovviamente l'enorme vantaggio del basso costo e dell'estrema facilità di utilizzazione clinica anche da parte di personale non esperto che ne rendono sicuramente più universale l'applicazione.



Valutazione del paziente lombalgico

La valutazione continua ad essere un tema difficile. Il lavoro di Strender documenta come gran parte dei test clinici dimostrano poca attendibilità ad un controllo interesaminatori e soprattutto come questa diminuisca fortemente quando gli esaminatori non hanno lavorato insieme per un congruo periodo di tempo ottenendo così una reale uniformità nell'applicazione dei test, che non può essere garantita dall'utilizzo della stessa terminologia né dal semplice studio sui medesimi libri. Questo problema ovviamente diminuisce di gran lunga con una valutazione effettuata sempre dallo stesso esaminatore, che è in grado di “autostandardizzarsi”: le conclusioni significative sono relative alla pratica clinica quotidiana, dove non è accettabile che il medesimo soggetto venga valutato da più esaminatori rispetto al medesimo parametro, soprattutto laddove si debba giudicare dell'efficacia di un trattamento; inoltre ci sono conseguenze anche per la ricerca, dove la ripetibilità interesaminatori è assolutamente da accertarsi prima di procedere ad impostare un qualunque studio che voglia essere dimostrativo. Viceversa non ci pare corretto concludere che solo i test ripetibili all'esame interesaminatore possano essere considerati validi: se è possibile che le valutazioni vengano condotte sempre dalla stessa persona, allora sarà indispensabile ma anche sufficiente una buona ripetibilità intraesaminatore, che ognuno dovrà valutare su se stesso. Peraltro, vale sempre il suggerimento di non trarre mai alcuna conclusione da un solo test positivo: in medicina è sempre necessario cercare conferme con altri esami, magari meno affidabili, ma che consentano sommandosi tra loro di incrementare le probabilità (perchè sempre di questo si tratta nei singoli pazienti) di trarre una conclusione corretta.

Poter riprodurre con il solo ausilio della clinica i risultati di un esame per immagini, soprattutto invasivo come la discografia, è un risultato che dovrebbe essere perseguito sistematicamente: la clinica se ben effettuata è infatti molto meno costosa sia da un punto di vista sanitario che economico. I risultati del lavoro di Donelson dimostrano che è possibile, con la valutazione effettuata da terapisti competenti secondo la scuola di McKenzie, riprodurre il risultato della discografia con elevata affidabilità, soprattutto nel dimostrare se il danno è discale e se nel disco stesso c'è una protrusione o un'ernia francamente espulsa. Questo lavoro sembrerebbe portare ulteriore sostegno all'ipotesi dell'autore neozelandese che l'origine del dolore è nel disco intervertebrale, anche se molti ovviamente discutono ancora sul reale valore della discografia stessa in questo senso. Peraltro risulta indiscutibile che questa scuola di terapia meccanica (nella quale è compresa una grossa fetta di cinesiterapia) continua ad avere il merito di condurre ricerche, di studiare, di cercare di dimostrare con “pochi spregevoli fatti” la correttezza delle proprie “splendide ipotesi”. La strada è quella corretta, ed in questo senso sollecitiamo anche chi pratica altre tecniche.

Infine si conclude il fondamentale contributo di Herzog sulla valutazione radiologica dell'ernia discale lombare di cui abbiamo ampiamente trattato nel fascicolo scorso. Condivisibili le conclusioni: il ruolo della mielografia è ad oggi risibile, la RM è più utile della TC (anche se quest'ultima permette di “vedere” meglio l'osso e di avere spesso dei “tagli” meno spessi) e, soprattutto, gli esami vanno effettuati solo nella programmazione di un intervento chirurgico.



Il cuore del fascicolo: una triade di editoriali per una visione moderna del problema lombalgia

Il lavoro di Volinn è a dir poco illuminante nella sua conferma di aspetti in parte già noti in parte fortemente sospettati: la lombalgia è un problema del mondo industrializzato, mentre nei paesi a basso reddito è sicuramente meno grave. L'autore confronta infatti le ricerche epidemiologiche condotte in tutto il mondo ponendo un taglio originale nel suddividere i dati in base alle caratteristiche di reddito delle popolazioni studiate: la visione della Figura 1 è autoesplicativa rispetto al tenore dei risultati, mentre la Tabella 7 insieme al PdV di Deyo offrono una chiave di lettura essenziale. Per parte nostra ricordiamo come uno dei padri della lettura “meccanica” della lombalgia, Alf Nachemson, si sia oramai da anni convertito, per lo meno per il dolore cronico, alla lettura “psicologico-sociale” di questo disturbo, al punto di aver ottenuto che, per la sola lombalgia, venisse ridotta in Svezia la compensazione in caso di assenza dal lavoro. L'ipotesi è infatti che, se il mal di schiena non viene “remunerato” quando è “invalidante” allora anche la relativa “invalidità” si riduce: prove ne sarebbero proprio la minor incidenza della lombalgia nei paesi a basso reddito, il progressivo aggravarsi della “epidemia” di lombalgia in tutti i paesi con il migliorare delle condizioni economiche e (sembra) soprattutto di assicurazione sociale e le minori assenze dei libero-professionisti (che se non lavorano non guadagnano).

Queste tesi sono completamente condivise e vengono magistralmente approfondite da Waddell . In una revisione, che da sola merita il fascicolo e che viene accompagnata da un altrettanto magistrale PdV di Boccardi. L'autore ripercorre l'evoluzione di questi anni e pone a confronto due sistemi sanitari completamente diversi come quello prevalentemente privato degli USA e quello prevalentemente pubblico del Regno Unito, dimostrando il fallimento di entrambi nel rispondere alle necessità dei pazienti lombalgici. In conclusione vengono riportati 8 comandamenti che vanno letti da tutti con attenzione per evitare di continuare ad incorrere negli errori che spesso oggi caratterizzano l'approccio a questa patologia. Da parte nostra vorremmo sottolineare come il medico (ma in sua vece spesso anche il tecnico riabilitatore) sia veramente in prima linea e come soltanto le capacità mai troppo spesso sottolineate di curare, di proporsi in prima persona come vero e proprio trattamento (spesso l'unico necessario), di essere il vero ed unico “placebo” per il nostro paziente (il meno costoso, perché tanto siamo già lì ad ascoltarlo, ed un altro placebo successivo può essere inutile) sia indispensabile nel caso di una patologia come la lombalgia, che è autorisolvente ed autolimitante, ma potenzialmente anche altamente disabilitante se ipertrattata o maltrattata. Ripensando alla mia pratica quotidiana vorrei in merito proporre un altro decalogo ad uso soprattutto dei miei colleghi medici, specialisti e non, che deriva dall'esperienza clinica del continuo incontro con questo tipo di pazienti e dalla riflessione sulla necessità che spesso interviene di insegnare loro come autogestirsi il problema ricorrendo a nessuno o pochissimi e selezionati trattamenti. Nei confronti del paziente è necessario:

  1. accogliere: guardare il paziente negli occhi, stringergli la mano con fermezza, sorridergli, toccarlo all'inizio dell'esame obiettivo imponendogli una presa ferma e decisa: sono tutti mezzi comunicativi importantissimi per iniziare un dialogo costruttivo;

  2. ascoltare: quasi sempre il paziente ci racconta da solo tutto quello che è necessario per capire il suo problema; aver la pazienza di ascoltare sul serio, di lasciarlo sfogare fa inoltre spesso parte della cura;

  3. comprendere: deriva dall'aver ascoltato abbastanza da potersi fare un'idea di qual è il vero problema del paziente (magari il lavoro che non gli piace più, oppure la famiglia che gli richiede troppo, oppure la voglia di andare in pensione, oppure un vero e proprio problema meccanico);

  4. visitare: dedicare del tempo ad un controllo accurato e ad una verifica attenta permette, oltre che di evitare errori e di avere più conferme sull'ipotesi diagnostica formulata, anche di entrare in un rapporto costruttivo con il paziente;

  5. acquisire la fiducia: entrare nella psicologia del paziente, dimostrargli di averlo ascoltato e visitato seriamente è la vera premessa per poi poter essere ascoltati, creduti e seguiti;

  6. essere onesti: nel caso della lombalgia quasi mai sappiamo a cosa sia dovuto il dolore del nostro paziente; quasi sempre ci siamo fatti un'idea, ma dobbiamo aver coscienza che è nostra personale, che un altro collega che magari ha anche lavorato con noi per anni avrebbe detto tutt'altra cosa, che il paziente magari ha già incontrato qualcun altro che gli ha detto qualcos'altro e che tutto ciò aumenta in lui la confusione: ammettere che non si sa con assoluta precisione a cosa sia dovuto il dolore, ma che quello che ha non è grave e si può curare molto bene, non compromette la nostra autorità, anzi spesso è di grande aiuto;

  7. spiegare: prescrivere senza dare il tempo di comprendere, senza usare un linguaggio comune e comprensibile ai non addetti ai lavori è spesso inutile, oltre che essere contrario al nuovo codice deontologico medico ed alle imposizioni di legge in materia di consenso informato;

  8. rassicurare: in questa parola spesso di trova gran parte della cura: un paziente terrorizzato o demotivato non porrà in atto tutte quelle strategie riabilitative, difensive o autoterapeutiche che sono fondamentali per poter ottenere la minor disabilità possibile a parità di menomazione;

  9. prescrivere e consigliare: se non è necessaria alcuna prescrizione, perché prescrivere le Marconi o perché acconsentire alla richiesta di massaggi ? Per il paziente spesso è più utile prescrivere solo quello che è necessario (cioè spesso molto poco) e “perdere” invece un po' più di tempo per dare una serie di consigli (ergonomia, attività fisica regolare ...) che con l'autorità del camice bianco diventano veramente importanti, sicuramente di più che se vengono dati da un terapista (che però ha più tempo per lavorare e che quindi non deve abdicare a questo ruolo);

  10. (non) controllare: lanciare messaggi rassicuranti e poi chiedere al paziente di venire a farsi rivedere periodicamente è una contraddizione: i controlli vanno prescritti solo quando servono e spesso dire che non servono (o meglio che servono solo se i sintomi non si risolvono entro un ragionevole lasso di tempo se viene fatto quanto richiesto) è ancora più utile in termini di rassicurazione.

    Ovviamente questo decalogo riguarda una sfera psicologica della cura che prescinde dalla competenza tecnica che è l'altro versante fondamentale ed assolutamente imprescindibile. D'altra parte è pur vero che in 10-15 minuti, il tempo mediamente concesso per una visita convenzionata non solo specialistica, si può essere dei medici tecnicamente validi dal punto di vista diagnostico, ma è impossibile essere anche degli altrettanto validi “curatori”: è peraltro doveroso chiedersi se il paziente vuole essere curato o “diagnosticato”. Non so però se dobbiamo lottare con i manager per guadagnarci i tempi che ci consentano la possibilità di curare o se in realtà la sconfitta sia già presente in molti di noi e le esigenze amministrative siano solo una scusa.

    Questa triade di lavori di estremo interesse di chiude con un altro contributo di Deyo che esplora il ruolo, cardine nel trattamento del paziente lombalgico, del medico di base. E' infatti questo il primo presidio indispensabile, il vero erogatore del trattamento ed il primo limite alle improprie prescrizioni, siano esse di esami costosi ma inutili o di terapie fisiche magari sintomatiche ma certamente non favorenti la presa in carico da parte del paziente del problema. L'autore sottolinea nuovamente come quasi sempre bastano l'anamnesi e l'esame obiettivo: non è necessario cercare conferme con esami costosi ma poco utili a scopo terapeutico. Il bisogno del paziente di essere rassicurato deve trovare soddisfazione nell'intervento del medico, non nella prescrizione di esami per immagini. Molto belle (e significative), sia le vignette che la Figura 2, e soprattutto una frase di Marcel Proust riportata nel testo: “per ogni malattia che i medici curano (si dice che talvolta succeda), essi ne causano altre 10 in persone sane inoculando un agente patogeno 1000 volte più virulento di tutti gli altri microbi: l'idea di esser malati”. Sicuramente è utile riflettere su questa massima.



    La prevenzione: ergonomia, Back School e ruolo della caffeina come fattore di rischio

    Un articolo didattico di Scheer rivede ampiamente secondo una impostazione classica per un ergonomista (ma non sempre corretta) il ruolo dell'ergonomia, quindi di fattori preminentemente meccanici, nella prevenzione e nel trattamento delle patologie muscolo-scheletriche: indicativo che siano state in questo senso scelti la lombalgia ed i traumi cumulativi agli arti superiori. Va sottolineato che oramai in letteratura la lombalgia non viene più concepita come un infortunio sul lavoro e che tantomeno il dolore cronico viene ritenuto un problema meccanico; peraltro le istruzioni per il lavoratore sono sicuramente ragionevoli, molto valide sono le annotazioni circa il posto di lavoro, in particolare al videoterminale, mentre mi sembra discutibile il concetto di selezionare i lavoratori sulla base di considerazioni ergonomiche. Questo articolo peraltro tocca un tema centrale in ogni Back School, purtroppo troppo spesso trascurato in fase terapeutica (nessun medico o terapista dovrebbe mai prescindere da indicazioni ergonomiche precise e continuative se intende trattare adeguatamente il suo paziente e fare una buona prevenzione). La nostra volontà di sottolineare la centralità dell'ergonomia traspare anche nella scelta della Monografia 1999, che avrà significativamente il titolo di “L'ergonomia vertebrale: principi ed applicazioni pratiche”.

    Bonaiuti tocca uno dei problemi della riabilitazione vertebrale oggi: la Back School è utile secondo le teorie formulate e, in ultima analisi, è utile in assoluto ? I risultati per un certo verso sorprendenti, in base ai quali la dimensione affettiva del dolore non varia prima e dopo il trattamento, confermano che anche in questo settore le ricerche devono essere approfondite. Peraltro continuiamo a considerare la Back School non come una metodica ma come un “contenitore” educativo, che ogni terapeuta riempie secondo le proprie conoscenze e competenze, e che deve forzatamente essere aggiornato secondo le ultime indicazioni della letteratura: nata per fornire indicazioni principalmente “meccaniche” ed ergonomiche ed esercizi esclusivamente in delordosi, deve oggi offrire elementi cognitivi di rassicurazione ed esercizi individualizzati, ovviamente senza trascurare quanto di buono il passato ci ha dato.

    L'incremento del consumo di caffeina è correlato con la lombalgia: interessante, anche se la conclusione di McPartland di evitare il caffè è sicuramente esagerata (ridurne il consumo forse può essere utile). Infatti da questa ricerca non si può assolutamente concludere su un rapporto di causa/effetto, anche perché il consumo di questa “droga” domestica può essere un indicatore di stress, può avvenire per un blando effetto analgesico che essa ha dimostrato di avere oppure può dipendere proprio dalla condizione di dolore cronico. Se poi fosse vero che la caffeina è un fattore causale di lombalgia, come dovremmo metterla con i non pochi farmaci analgesici che la contengono? Una riflessione ed alcune ulteriori ricerche si impongono.



    Allettamento: da evitare nel lombalgico; principi di prevenzione del decondizionamento

    Oramai da anni si sa che l'allettamento per il paziente lombalgico deve essere tendenzialmente evitato e sicuramente non prescritto: esso va interpretato come un effetto collaterale, a volte inevitabile a scopo di sollievo antalgico, ma da limitare il più possibile. Uno dei primi articoli classici sull'argomento, pubblicato nel 1986 da Deyo, viene qui rivisto da un punto di vista metodologico da Atlas, ed in questa occasione vengono così rivisti tutti gli altri studi sull'argomento. Una utile lettura per chi non ha ancora approfondito l'argomento o nutre dubbi sulla sua reale concretezza nella vita clinica quotidiana.

    Utile complemento al lavoro sopra citato quello di Greenleaf che propone e verifica un protocollo di esercizi intensivi per pazienti allettati che potrebbe trovare vasta applicazione in diverse condizioni cliniche, tra le quali possono rientrare anche alcune situazioni dovute a patologie vertebrali. In pratica, risulta utile nel ridurre gli effetti nefasti sulla salute fisica che pazienti allettati senza alcuna possibilità di alzarsi per più di 30 giorni e di età tra i 30 ed i 40 anni si esercitino da sdraiati per 30 minuti con frequenza biquotidiana. Sulla base di questo lavoro, sicuramente originale in letteratura, sarà possibile sviluppare protocolli di mantenimento della condizione fisica per pazienti allettati, che ovviamente dovranno poi adattarsi alle situazioni patologiche che hanno obbligato al riposo assoluto.



    Revisioni di efficacia di varie modalità terapeutiche: manipolazioni, farmaci e medicina complementare

    La metanalisi di Koes è interessante perché rivede ed aggiorna le precedenti che hanno portato gli autori delle Linee Guida internazionali ad affermare che le manipolazioni sono un trattamento efficace in caso di lombalgia acuta. Questo dato non viene confermato in questo caso, o per lo meno viene posto fortemente in dubbio, mentre trova conferma il fatto che le manipolazioni hanno un ruolo presumibilmente ridotto nei dolori cronici. Queste conclusioni nascono da più stretti criteri metodologici nella valutazione dei lavori da includere nella metanalisi: una delle principali conclusioni infatti è che nel campo delle patologie vertebrali non solo c'è poca ricerca, ma quella poca è spesso anche mal fatta ! Ecco perché spesso molti pongono in dubbio il vero valore sia delle metanalisi che delle conclusioni che vengono tratte sulla base di esse e formulate come Linee Guida. Non condividiamo questo parere e pensiamo che questo lavoro sia un buon esempio di come si debba procedere: dare più peso agli studi più validi. Peraltro va sottolineato che in questi ultimi anni la qualità delle ricerche è notevolmente migliorata anche per il grande sforzo delle riviste scientifiche per incrementare il meccanismo di selezione dei lavori da pubblicare. Per chi è interessato alle manipolazioni in particolare, utile leggere le Tabelle. Infine, il PdV di Schekelle, l'autore della precedente metanalisi, tende a confermare il lavoro di Koes, mentre il “difensore d'ufficio” delle manipolazioni (PdV di Meeker) giustamente sottolinea che poche tecniche sono state ampiamente studiate ed in maniera relativamente seria come le manipolazioni: questa considerazione però non toglie peso, secondo noi, alla conclusione che apre per lo meno a qualche dubbio in più rispetto a prima, pur non essendo certamente accettabile una bocciatura.

    Molto interessante, completo e scientificamente accettabile, nonché soprattutto ragionevole è il lavoro di Ernst che valuta le prove di efficacia disponibili per l'agopuntura, l'omeopatia, la fitoterapia ed ancora le manipolazioni. Piacevole e molto utile per tutti i soci, che spesso si trovano a fronteggiare personalmente o tramite i pazienti questi approcci terapeutici qui indicativamente definiti non tanto alternativi quanto piuttosto complementari alla medicina ufficiale, è rivedere il percorso seguito dall'autore per ciascuna forma terapeutica, suddiviso in basi scientifiche, efficacia, sicurezza, accettabilità e richieste, indicazioni, controindicazioni e necessità di ricerca. Tre sole sottolineature: tutta la medicina “chimica” deriva certamente dalla fitoterapia, cioè dall'uso sagace delle piante e dalla selezione dei singoli principi attivi utili; l'agopuntura non ha dimostrato secondo le Linee Guida efficacia nel dolore acuto: personalmente penso peraltro che, date le caratteristiche di reflessoterapia, possa trovare una suo utilizzo dignitoso in molte forme di dolore neuropatico anche difficilmente risolvibili con altre modalità terapeutiche; infine, in mancanza di prove decisive sulla loro efficacia ma anche sulle loro controindicazioni, un uso della medicina complementare è concedibile, secondo però i soliti principi essenziali: volontariamente ed a pagamento.

    Nuovamente Deyo interviene in questo fascicolo per rivedere completamente l'utilità delle varie categorie di farmaci nonché di singole molecole nel trattamento della lombalgia. Penso che questo studio possa essere molto utile sia per i medici che per i tecnici, oltre ad essere molto valido ed ampiamente sovrapponibile nei suoi risultati alle indicazioni delle Linee Guida internazionali. La lettura è interessante anche perché chi non conosce alcuni risultati della letteratura troverà alcune sorprese interessanti, come quelle per esempio sul cortisone (usato, anzi abusato troppo spesso) e sugli antidepressivi, molto cari ad alcuni o nel caso della diagnosi (di moda ma poco corrispondente spesso ad un reale quadro clinico) di fibromialgia. Deyo afferma: “Sembra fare poca differenza ciò che si prescrive ad un paziente, finché si evita di procurargli danni”. Sulla base di questa conclusione il percorso più consigliabile è sicuramente quello che vede privilegiare i farmaci con meno effetti collaterali (paracetamolo ed a seguire acido acetilsalicilico) se sono già sufficienti per levare il dolore; nel caso questi due non siano efficaci, la risposta migliore sta poi nei FANS secondo l'esperienza del paziente stesso, che è il miglior giudice della molecola che per lui è più efficace e con meno effetti collaterali.



    Ruolo del multifido nella riabilitazione vertebrale

    Due muscoli vengono oggi frequentemente riportati in letteratura come importanti nella stabilizzazione del rachide: il trasverso dell'addome ed il multifido. Questi lavori sono sicuramente interessanti, anche se ovviamente suscitano qualche difficoltà in chi come noi crede che i muscoli siano scritti soprattutto sui libri di anatomia, più che nella fisiologia del cervello umano, che lavora per funzioni. Di conseguenza se l'obiettivo è stabilizzare, il cervello stabilizzerà, usando magari proprio il multifido ed il trasverso dell'addome: ma questi si alleneranno chiedendo il gesto della stabilizzazione e non effettuando altri esercizi, magari specificatamente studiati per rinforzare quei muscoli, ma non “funzionali”. A parte questa diatriba, il lavoro di Hides è sicuramente fondamentale se il ruolo del multifido è vero. A conferma delle ipotesi degli autori va detto che solo 2 pazienti sui 39 lombalgici acuti considerati non avevano un'asimmetria dell'11% tra i due muscoli multifido, dato che corrisponde a 2 deviazioni standard oltre la norma (di conseguenza ci si trova al di fuori del 95% della popolazione normale). A sostegno però di quanto proponiamo noi, la chinesiterapia effettuata era costituita di fatto solo da esercizi stabilizzanti, che hanno dimostrato la loro efficacia. Due conseguenze importanti: è necessario vedere se veramente questo protocollo è efficace nel ridurre le ricadute; se è così, però, non è più possibile trattare una lombalgia acuta senza fare un lavoro di stabilizzazione al termine del trattamento.



    Le "Pagine Verdi"

    Segnaliamo la terza ed ultima parte del lavoro di Farrell, già presentato nei fascicoli precedenti.

    Si conclude il contributo di Watkins. Al di là dei limiti già tratteggiati nel fascicolo precedente, utile sottolineare come sia possibile qui ottenere un allenamento aerobico senza impatto al suolo e con una resistenza ed un gesto motorio peraltro molto diversi rispetto a quelli dell'ambiente “aria”. In ogni caso, al di là delle teorie di riferimento, l'eserciziario è estremamente interessante ed utile in sè per chi può disporre dell'acqua come mezzo terapeutico.

    Saal ci presenta un bel lavoro sulla riabilitazione del rachide operato. Valido l'eserciziario, molto interessante il concetto che il post-operatorio comincia nel pre-operatorio, come peraltro avviene in diverse altre patologie che necessitano di trattamento cruento: in questo senso l'intervento viene interpretato come una parte di un continuum riabilitativo. D'altra parte un intervento anche tecnicamente perfetto che però non si adatta realmente alle necessità del paziente o, come a volte accade, non ne interpreta le necessità offrendo una normalizzazione anatomica poco sfruttabile, se non addirittura controindicata per altre pregresse patologie, ovviamente fallisce nel suo compito. L'atto cruento, quindi, se correttamente interpretato non può che essere una parte di un trattamento complessivo che inizia prima dell'intervento e prosegue successivamente in palestra. In questo lavoro, infine, viene nuovamente sottolineato il concetto di stabilizzazione su cui siamo già spesso ritornati proprio perché molto caro alla cultura anglosassone ed un po' troppo trascurato da noi.

    Infine, quasi a festeggiare la nazionale italiana 3 volte consecutive campione del mondo, un capitolo di un interessante testo “La colonna vertebrale e lo sport” che tratta della pallavolo, ad opera di Williams. L'articolo ci offre qualche suggerimento molto interessante ed indicazioni di carattere generale sui traumi e sulla prevenzione.

    Buona lettura ed arrivederci al 1999.

    Il Segretario Scientifico
    Stefano Negrini


    Indice del III fascicolo 1998

    1. La scoliosi ha un impatto psicologico? Il sesso modifica questo impatto?
      Estratto da: Payne WK, Ogilvie JW, Resnick MD, Kane RL, Transfeldt EE, Blum RW. Does Scoliosis Have a Psychological Impact and Does Gender Make a Difference? Spine 1997: 22(12);1380-84.

    2. Caratteristiche psicosociali a lungo termine di pazienti trattati per scoliosi idiopatica
      Estratto da: Noonan KJ, Dolan LA, Jacobson WC. Long-Term Psychosocial Characteristics of Patients Treated for Idiopathic Scoliosis. Journal of Pediatric Orthopaedics 1997: 17: 712-7.

    3. Squilibrio posturale e sensibilità alla vibrazione in pazienti con scoliosi idiopatica: implicazioni per il trattamento
      Estratto da: Byl NN, Holland S, Jurek A, Hu SS. Postural Imbalance and Vibratory Sensitivity in Patients With Idiopathic Scoliosis: Implications for Treatment. JOSPT 1997: 26(2); 60-8.

    4. Il trattamento conservativo della scoliosi idiopatica negli adolescenti
      Estratto da: Wright A. The conservative management of adolescent idiopathic scoliosis. Phys. Ther. Rev. 1997: 2: 153-63.

    5. Convalidazione di una misurazione clinica della cifosi con uno strumento semplice, l'Arcometro
      Estratto da: D'Osualdo F, Schierano S, Iannis M. Validation of Clinical Measurement of Kyphosis With a Simple Instrument, the Arcometer. Spine 1997: 22(4); 408-13.

    6. Attendibilità interesaminatore dell'esame fisico di pazienti lombalgici
      Estratto da: Strender LE, Sjöblom A, Sundell K, Ludwing R, Taube A. Interexaminer Reliability in Physical Examination of Patients With Low Back Pain. Spine 1997: 22(7); 814-20.

    7. Uno studio prospettivo sulla centralizzazione del dolore lombare e irradiato. Un predittore dei dischi sintomatici e della competenza anulare
      Estratto da: Donelson R, April C, Medcalf R, Grant W. A prospective Study of Centralization of Lumbar and Reffered Pain. A Predictor of Symptomatic Disc and Anular Competence. Spine 1997: 22(10); 1115-22.

    8. L'epidemiologia del mal di schiena nel resto del mondo. Una revisione delle indagini nei paesi a basso o medio reddito
      Estratto da: Volinn E. The Epidemiology of Low Back Pain in the Rest of the World. A Review of Surveys in Low – and Middle – Income Countries. Spine 1997: 22(15); 1747-54.

    9. Lombalgia: un enigma per la sanità nel ventesimo secolo
      Estratto da: Waddel G. Keynote Address for Primary Care Forum. Low Back Pain. A Twentieth Century Health Care Enigma. Spine 1996: 21(24): 2820-5.

    10. Lombalgia: una sfida per la terapia di base
      Estratto da: Deyo RA, WR Philips. Low Back Pain. A Primary Care Challenge. Spine 1996: 21(24); 2826-32.

    11. Ergonomia
      Estratto da: Scheer SJ, Mital A. Ergonomics. Arch Phys Med Rehabil 1997: 78; S36-S45.

    12. La dimensione emotiva della lombalgia: la sua influenza sul risultato della Back School
      Estratto da: Bonaiuti D, Fontanella G. The Affective Dimension of Low Back Pain: Its Influence on the Outcome of Back School. Arch Phys Med Rehabil 1997: 77(12); 1239-42.

    13. Caffeina e mal di schiena cronico
      Estratto da: McPartland JM, Michell JA. Caffeine and Chronic Back Pain. Arch Phys Med Rehabil 1997: 78; 61-3

    14. I classici della letteratura del rachide vengono rivisitati Studio randomizzato di 2 rispetto a 7 giorni di riposo a letto nella lombalgia acuta SJ Atlas, E Volinn
      Estratto da: Atlas SJ, Volino E. Journal Club. Classic From the Spine Literature Revisited: A Randomized Trial of 2 Versus 7 Days of Recommended Bed Rest for Acute Low Back Pain. Spine 1997: 22(20); 2331-7.

    15. Un allenamento intensivo con esercizi durante il riposo a letto attenua il decondizionamento
      Estratto da: Greenleaf JE. Intensive exercise training during bed rest attenuates deconditioning. Medicine and Science in Sports and Exercise 1997: 29(2); 207-15.

    16. Manipolazione spinale per lombalgia. Una revisione sistematica aggiornata di esperimenti clinici randomizzati
      Estratto da: Koes BW. Assendelft WJJ, Van der Heijden GJMG, Bouter LM. Spinal Manipulation for Low Back Pain. An Update Systematic Review of Randomized Clinical Trials. Spine 1996: 21(24); 2860-73.

    17. Medicina complementare: i fatti
      Estratto da: Ernst E. Complementary medicine: the facts. Phys Ther Rew 1997: 2; 49-57.

    18. Terapia farmacologica per le rachialgie. Quale tipo di farmaco può aiutare un certo tipo di paziente?
      Estratto da: Deyo RA. Drug Therapy for Back Pain. Which Drugs Help Which Patients? Spine 1996: 21(24); 2840-50.

    19. Il recupero del muscolo multifido non è automatico dopo la risoluzione del primo episodio acuto di lombalgia
      Estratto da: Hides JA, Richardson CA, Jull GA. Multifido Muscle Recovery is Not Automatic After Resolution of Acute First-Episode Low Back Pain. Spine 1996: 21(23); 2763-9.

    20. La valutazione radiologica di un'ernia del disco lombare (IIa Parte)
      Estratto da: Herzog RJ. The Radiologic Assessment for a Lumbar Disc Herniation. Spine 1996: 21(24S);19-38.

    21. Esercizi terapeutici per il mal di schiena (IIIa Parte)
      Estratto da: Farrell J, Drye C, Koury M. Therapeutic Exercise for Back Pain. In Physical Therapy of Low Back. (Twomey LT, Taylor JR eds), pp 379-410, Churchill Livingstone, New York.

    22. Programma di esercizi in acqua (IIa Parte)
      Estratto da: Watkins RG, Buhler W. Water Workout Program. In The Spine in Sport (Watkins EG, ed), pp 271-82, Mosby, St. Louis, Missouri.

    23. Riabilitazione e allenamento post-operatorio
      Estratto da: Saal JA, Saal JS. Postoperative Rehabilitation and Training. In Contemporary Conservative Care for Painful Spinal Disorders (Mayer TG, Mooney V, Gatchel RJ, eds), pp 318-27

    24. Pallavolo e rachide
      Estratto da: Williams L. Volleyball. IN The Spine in Sport (Watkins EG, ed), pp 522-6, Mosby, St. Louis, Missouri.


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