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La spondilite anchilosante

A Corigliano, S Ceppatelli, ME Pini

Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.


Introduzione

Epidemiologia

Aspetti genetici

Eziopatogenesi

Quadro clinico e criteri diagnostici

Alterazioni bioumorali e strumentali

Diagnosi

Terapia

Valutazione del paziente

Riabilitazione

Conclusioni

Bibliografia


Introduzione

La spondilite anchilosante è una patologia ad andamento croni-co evolutivo caratterizzata dall'alternarsi di poussè di riacutizza-zione del quadro algico a periodi silenti ma determinanti nella strutturazione di una alterazione posturale che interessa elettiva-mente lo scheletro assiale a livello delle inserzioni dei tendini, dei legamenti, della cartilagine fibroialina, dell'osso subcondrale , del-le capsule e del periostio periarticolare con progressiva infiamma-zione, calcificazione ed evoluzione in rigidità diffusa.

Tale quadro se trascurato può condurre ad una situazione di al-terata funzionalità con ripercussione sulla qualità della vita del pa-ziente. La riabilitazione associata ad un trattamento farmacologico adeguato, rappresenta oggi la terapia più efficace di questa pato-logia. Il paziente dopo essere stato valutato con scale di valutazio-ne validate in letteratura, rientra in un percorso riabilitativo che si pone come obiettivi di ridurre il dolore, di combattere la struttura-zione dei compensi posturali sviluppati a causa dell'avanzare della patologia, e di curare l'aspetto psicologico caratteristico di questa patologia e delle patologie croniche in genere.

La spondilite anchilosante è una patologia infiammatoria croni-ca ad esordio subdolo che interessa elettivamente lo scheletro as-siale a livello delle inserzioni dei tendini, dei legamenti, della carti-lagine fibroialina, dell'osso subcondrale , delle capsule e del perio-stio periarticolare con progressiva infiammazione, calcificazione ed evoluzione in rigidità diffusa.

Viene classificata insieme all'artrite psoriasica, alla sindrome di Reiter, alle artriti croniche associate a enteropatie croniche (morbo di Crohn, colite ulcerosa, morbo di Whipple), ai reumatismi cronici dell'infanzia (mono-oligo artrite giovanile ad evoluzione spondilo-artritica), Moll et al. 1974, e più recentemente alle SAPHO, Cha-mont , 1987, (Sindrome Acne Pustolose Hyperostose Ostéite) nel gruppo delle artriti sieronegative.

Le caratteristiche comuni di tali affezioni sono rappresentate dall'assenza del fattore reumatoide, dalla frequente associazione con l'antigene HLA- B27, dalla predisposizione familiare, dal fre-quente anche se non obbligatorio interessamento della colonna, dall'interessamento asimmetrico di poche articolazioni periferiche essenzialmente a livello delle entesi (punti di insersione di tendini, capsule e legamenti all'osso) e dalla presenza di manifestazioni e-xtrarticolari, cutanee, oculari, mucositiche e genitali.

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Epidemiologia

La prevalenza della spondilite anchilosante varia dallo 0,01 allo 0,5%, con un valore per l'Italia dello 0.05%. Colpisce in genere soggetti in età giovanile (15-35 anni) con netta prevalenza, almeno nelle forme più classiche, dei maschi rispetto alle femmine (9 : 1).

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Aspetti genetici

Si tratta senza dubbio di una malattia con una chiara predisposi-zione genetica dimostrata sia da studi familiari che dimostrano che circa il 15% dei pazienti ha parenti con spondilite che dalle più re-centi indagini immunogenetiche che confermano il ruolo dei fattori genetici evidenziando come il 96% dei pazienti con spondilite risul-ti positivo per l'allele HLA-B27, presente nel 7% della popolazione caucasica.

Studi recenti hanno confermato che i fattori genetici sono re-sponsabili al 98% della suscettibilità alla malattia, ma con modalità di tipo poligenico e con un rischio attribuibile all'HLA-B27 non superiore al 50%. L'ereditarietà sarebbe del tipo autosomico dominan-te, con una penetranza del 20%. Per questo l'allele B27 appare come un fattore di suscettibilità necessario, ma non sufficiente nel causa-re la malattia.

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Eziopatogenesi

L'eziologia e la patogenesi della SA rimangono ignote. L'associazione con il B27 e le somiglianze cliniche con la sindrome di Reiter, in cui è noto il ruolo patogenetico delle infezioni, hanno suggerito la ricerca di eventuali batteri eziologici anche per la spondilite anchilosante. Altri aspetti come l'associazione con la co-lite ulcerosa, il frequente reperto di ileite subclinica e un incremen-to delle IgA sieriche, concorde all'andamento della malattia, hanno fatto sospettare inoltre un ruolo delle infezioni enteriche. La Kleb-siella risulta il germe più implicato in base a recenti acquisizioni

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Quadro clinico e criteri diagnostici

Si tratta di una malattia ad esordio in età giovane-adulta (2°- 3° decade di vita) che colpisce prevalentemente i maschi, nei quali ti-picamente compaiono dolore e rigidità alla regione lombosacrale; tali sintomi possono peraltro iniziare in qualsiasi altra sede del ra-chide. Nella maggior parte dei casi vengono interessate per prime le articolazioni sacroiliache con dolore localizzato alla regione sacrale e alle natiche, con possibile estensione alla coscia e al poplite fino alla metà prossimale del polpaccio (sciatica mozza), ad andamento alternato ai due lati.

Inizialmente il dolore e la rigidità si manifesta-no durante il riposo notturno, sono più intensi al mattino e si accen-tuano con l'inattività. Hanno un andamento a poussée, con periodi della durata di qualche giorno e remissione spontanea. Con il passa-re del tempo la sintomatologia si ripete con maggior frequenza, fino a diventare continua con rigidità che può evolvere in anchilosi (Figura 1, 2).

 

Figura 1 Figura 2
   

Il dolore lombosacrale è in questo caso di origine infiammatoria, e si differenzia da quello di origine meccanica per l'esordio subdolo a riposo, per la presenza di rigidità mattutina, per la regressione con il movimento e la persistenza per almeno tre mesi. In una minoranza di casi può iniziare in modo diverso. Nel 10% dei casi può comparire con un dolore trafittivo localizzato alla re-gione sacrale e ai glutei, accentuato dai movimenti di torsione o dalla manovra di Valsalva; mancano le parestesie e altri segni di impegno nervoso. Nel 15% dei casi, e tipicamente nella forma gio-vanile, la malattia esordisce con una monoartrite periferica agli arti inferiori (ginocchio-tibiotarsica). Altre volte il dolore è a carico del piede (tendine achilleo o della fascia plantare), del cingolo pelvico (tuberosità ischiatica, legamento ileolombare) o del torace all'inser-zione dei muscoli intercostali.

Più raramente la SA esordisce con irite o febbre o si presenta solo con un'anomalia posturale poiché l'impegno assiale e lo sviluppo della deformità del rachide a volte decorrono in modo asintomatico. Sempre tipica del maschio è la maggior frequenza della progres-sione dell'impegno assiale, fino all' anchilosi diffusa, con rigidità ingravescente del rachide e dei cingoli, ridotta motilità del torace e infine gravi deformità posturali del rachide e impotenza funzionale delle coxofemorali e delle spalle. Tale evoluzione è molto lenta in genere 8-9 anni.

Fortunatamente tale espressione completa della malattia non ri-guarda più del 20-30% dei casi, di solito quelli con comparsa pre-coce di artrite periferica e irite. Bisogna infine tener conto che esistono delle forme aspecifiche come la forma tardiva, ad esordio nella quarta e sesta decade, con il quadro tipico della spondilite associata ad enteropatie, caratterizza-ta da un'evoluzione lenta delle manifestazioni radiologiche e da lie-ve oligoartrite agli arti inferiori. La forma femminile con frequente impegno articolare periferico e con caratteristica localizzazione al rachide cervicale e risparmio del tratto dorsolombare accompagnata da osteite pubica. Tale forma presenta un'evolutività ridotta rispetto alla SA classica del maschio giovane-adulto. Vi è infine la forma giovanile così definita per l'esordio prima dei 16 anni e che nelle maggior parte dei casi, essendo caratterizzata da oligoartrite asim-metrica agli arti inferiori può essere confusa con artrite reumatoide. La diagnosi differenziale è però facilitata dall' elevata frequenza di entesite agli arti inferiori (rotula, tuberosità tibiali, gran trocantere) e al piede, dove spesso è localizzata alla fascia plantare (calcagno, I-V metatarso) o al tendine d'Achille.

Comuni sono poi le tenovagi-niti dei tibiali e peronei. L'entesite e l'osteite comportano alterazioni erosive e cisti accompagnate da reazione osteoblastica e periostite, con formazione di speroni ed esostosi. Una sacroileite compare in meno del 25% dei casi e l'associazione di sacroileite e spondilite è presente in meno del 15% dei pazienti durante il primo anno di ma-lattia, mentre si manifesta a distanza di 2-3 anni. Alterazioni radio-logiche vertebrali o delle sacroiliache non sono evidenti prima dei 10-12 anni di malattia. La progressione dell'impegno assiale, rispet-to alla SA dell'adulto, risulta più benigna. La forma classica oltre alla presenza di dolore e rigidità presenta dei segni obiettivi molto caratteristici. All'ispezione, nei primi tempi è possibile osservare una riduzio-ne della lordosi lombare che nelle fasi più avanzate si accompagna a cifosi dorsale e inversione della lordosi cervicale si osserva inoltre distensione addominale da respiro diaframmatico e contrattura in flessione dell' anca con flessione compensatoria del ginocchio. Comune è il riscontro di contrattura e dolenzia alla palpazione della muscolatura paravertebrale, delle articolazioni sacroiliache, delle creste iliache, delle tuberosità ischiatiche e della sinfisi pubi-ca. Caratteristica la positività del segno di Mennel nelle fasi precoci (dolorabilità alle sacroiliache risvegliata dall'iperestensione del ra-chide lombosacrale) e la riduzione della mobilità del tratto lombare in flessione laterale. Con il passare del tempo si assiste ad una pro-gressiva riduzione della mobilità del rachide con riduzione della flessione anteriore del tratto lombare (< 40°) con positività del test di test di Schober: (ridotto incremento, < 4cm, della distanza tra la V vertebra lombare ed un punto a 10 cm sopra di questa nella fles-sione anteriore in stazione eretta) e del tratto cervicale con aumento della distanza mento-sterno ed anche dell'estensione (<20°) con po-sitività del segno della freccia di Forestier (aumento della distanza muro-occipite in stazione eretta). Anche l'espansibilità della gabbia toracica progressivamente si riduce con inevitabile comparsa di problemi di tipo respiratorio Nel decorso della malattia possono comparire anche danni e-xtrarticolari. Nel 25 % dei casi circa compare uveite, più comune nel maschio e indistinguibile da quella della sindrome di Reiter. Nel 2% dei casi può esservi un interessamento polmonare con fibrosi apicale e pos-sibile evoluzione cavitaria e superinfezione fungina. Comune è ri-trovare una riduzione della mobilità delle gabbia toracica. La spi-rometria dimostra un'incapacità ventilatoria di tipo restrittivo, carat-terizzata da una riduzione della capacità polmonare totale e in par-ticolare della capacità vitale. Nel 5% dei casi è possibile ritrovare danni a livello dell'apparato cardiovascolare. La lesione principale è l'aortite, associata ad insuf-ficienza aortica e al blocco atrioventricolare. L'ecocardiogramma è utile nella valutazione della dilatazione dell'anello valvolare o del diametro aortico.

 

 

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Alterazioni bioumorali e strumentali

A livello bioumorale si osserva nell'80% dei casi un aumento della VES che spesso non è però correlata all'attività della malattia. E' frequente un'anemia di lieve o media entità, leucocitosi e una piastrinosi associata ad ipoalbuminemia. Il 50% dei pazienti presen-ta un aumento della fosfatasi alcalina.
Dal punto di vista strumentale è l'esame radiografico che riveste importanza fondamentale. Tipico è l'interessamento delle articola-zioni sacroiliache che inizialmente può essere asimmetrico, ma suc-cessivamente è sempre bilaterale e viene classificato in diversi stadi radiologici.
Nel I grado si osserva una perdita di definizione dell'articolazione sacroiliaca che appare diastasata nei 2/3 inferiori per riassorbimento osseo subcondrale con osteoporosi a chiazze; nel II grado si osserva la comparsa di lesioni subcondrali con aspetto irregolare della rima articolare; nel III grado, per l'estensione delle erosioni nella corticale, si produce un allargamento dell'interlinea ed una sclerosi ossea reattiva con proliferazione ossea e formazione di ponti ossei che danno luogo all' aspetto di iniziale restringimento della rima; nel grado IV infine la rima si riduce con l'anchilosi completa (Figura 3).

Figura 3
 

A livello vertebrale si osserva inizialmente la presenza di un o-steite dei margini anteriori dei corpi vertebrali lombari (a) con ossi-ficazione del legamento longitudinale anteriore che determinano l'immagine di una vertebra più squadrata (squaring, b). Successi-vamente si osserva la formazione di sindesmofiti, cioè dei sottili prolungamenti verticali del margine anterolaterale dei corpi verte-brali, che tendono a fondersi tra di loro fino a dar luogo ad un profi-lo vertebrale ondulante del tutto tipico e continuo, che configura la cosiddetta "colonna a canna di bambù" (c) (Figura 4, 5, 6).

Figura 4
 
 
Figura 5 Figura 6
 

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Diagnosi

Sono stati proposti vari gruppi di criteri per la classificazione e la diagnosi delle forme di spondilite anchilosante: i criteri di AMOR, i criteri ESSG ed i criteri di NewYork modificati.

I criteri di AMOR comprendono fattori clinici, anamnestici, ra-diologici, genetici e terapeutici; a ciascuno di questi viene dato un punteggio variabile da 1 a 2 e si può porre diagnosi di spondilite an-chilosante se il punteggio complessivo è uguale o superiore a 6 (Tabella1).

Secondo i criteri dell' European Spondylarthropahy Study Group (ESSG) si può porre diagnosi di spondilite anchilopoietica se il pa-ziente ha una storia di dolore al rachide di tipo infiammatorio, di ar-trite periferica asimmetrica o di artrite periferica con prevalente in-teressamento degli arti inferiori, più almeno una storia familiare di spondilolartrite, psoriasi, colite ulcerosa o malattia di Crohn, uretri-te o diarrea nel mese precedente l'esordio dell'artrite, sciatica mozza alternante, entesite calcaneale o sacroileite (Tabella2).

Tabella. Criteri di Amor

A. Evidenza o storia clinica
  1. Dolore notturno e/o rigidità del rachide dorsale o lombare 1
  2. Oligoartrite asimmetrica 2
  3. Sciatica mozza
Se alternante
1
2
  4. Dattilite 2
  5. Entesite periferica 2
  6. Irite 2
  7. Uretrite non-gonococcica o cervicite nel mese precedente
l'esordio dell'artrite
1
  8. Diarrea nel mese precedente l'esordio dell'artrite 1
  9. Psoriasi, o balanite, o colite ulcerosa o malattia di Crohn 2
B. Reperti radiologici
  10. Sacroileite (grado 2 se bilaterale, grado 3 se unilaterale) 2
C. Terreno genetico
  11. Presenza dell'antigene B27 e/o di storia familiare di SA,
artrite reattiva, psoriasi o IBD
2
D. Risposta alla terapia
  12. Miglioramento del dolore nelle 48 ore successive
 

Tabella 2. Criteri ESSG

1. Dolore al rachide di tipo infiammatorio
2. Artrite periferica asimmetrica
3. Artrite periferica con interessamento prevalente degli arti inferiori
4. più uno dei seguenti: - storia familiare di spondiloartrite
  • psoriasi
  • colite ulcerosa o malattia di Crohn
  • uretrite o diarrea nel mese precedente l'esordio dell'artrite
  • sciatica mozza alternante
  • entesite calcaneale
  • sacroileite

Infine secondo i criteri di NewYork modificati si può parlare di spondilite anchilosante se siamo in presenza di un dolore lombosa-crale della durata di 3 mesi che recede con il movimento e non mi-gliora con il riposo, di una limitazione funzionale del rachide lom-bare nel piano sagittale e frontale, di una ridotta espansione del to-race corretta per sesso ed età associati ad una sacroileite bilaterale, grado II-IV, o una sacroileite monolaterale, grado III-IV (Tabella3).

Tabella 3 Criteri di New York modificati (1982)

Dolore LS della durata di 3 mesi che recede con il movimento e non migliora con il riposo
Limitazione funzionale del rachide lombare nel piano sagittale e frontale
Ridotta espansione del torace corretta per sesso ed età
Sacroileite bilaterale, G II-IV
Sacroileite monolaterale, G III-IV

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Terapia

Accanto ad una terapia di tipo farmacologico rivolta a ridurre la sintomatologia dolorosa (antinfiammatori, cortisonici ed immuno-soppressori) riveste un ruolo fondamentale anche una terapia di tipo riabilitativo rivolta essenzialmente al controllo posturale ed alla mobilizzazione articolare associata a terapie strumentali di tipo an-talgico

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Protocollo di trattamento riabilitativo secondo la nostra esperienza

Valutazione del paziente

La valutazione della progressione della patologia si avvale di un esame obiettivo accurato. Esistono varie scale di misurazione e quella più particolareggiata (20 misurazioni) è la scala Original Me-trology Assessment; noi utilizziamo come indice di valutazione il Bath AS Metrology Index, (BASMI), che si avvale di 5 test di rapi-da esecuzione, riproducibili e sensibili ai cambiamenti che si mani-festano nell'arco della patologia e di un ciclo riabilitativo intensivo a breve termine (Tabella 4).

Tabella 4. BASMI score

Score 0 1 2
1- Tragus to wall <15cm 15-30 cm >30 cm
2- Lumbar flexion >4 cm 2-4 cm <2 cm
3- Cervical rotation >70° 20°- 70° <20°
4- Lumbar side flexion > l0 cm 5-10 cm <5 cm
5- lntermalleolar distance > 100 cm 70-100 cm <70 cm
0= Patologia leggera, 1 = patologia moderata, 2= malattia severa

I pazienti vengono valutati all'inizio e alla fine del trattamento per misurare il dolore sia in termini qualitativi che quantitativi, uti-lizzando la Scala Analogica Visiva (VAS) su scala da 1 a 10 e la Shorth form Mc Gill Pain Questionnaire (SF-MGPQ); valutiamo i-noltre la disabilità e la funzione in relazione alle attività quotidiane più frequenti con la Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index (BASFI), Revised Leed Disability Questionnaire (RLDQ), Bath An-kylosing Spondylitis Disease Activity Index (BASDAI).
Viene effettuata inoltre una valutazione con Sistema ELITE per stabilire l'entità dell'interessamento della gabbia toracica e dei mu-scoli respiratori.

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Riabilitazione

Il paziente affetto da spondilite anchilosante, a prescindere dalle varie ipotesi eziopatogenetiche, evolve in una condizione di rigidità con fissazione di un atteggiamento anchilopoietico globale. Pro-gressivamente, il paziente tende a perdere le normali curve fisiolo-giche, e si vengono a formare compensi che in un primo stadio sono reversibili, ma che con il tempo si strutturano. Si verifica un accor-ciamento della catena inspiratoria ed un blocco delle articolazioni costo-vertebrali che conducono ad una importante riduzione della meccanica respiratoria, ed il paziente assume un atteggiamento po-sturale caratteristico con una ipercifosi dorsale alta con testa ante-posta, ginocchia e anche semiflesse, bacino retroverso. Considerato che l'andamento della patologia prevede tempi lunghi di decorso, è importante cercare di attuare un riequilibrio posturale con rieduca-zione protratta nel tempo. Dopo la presa di coscienza del proprio corpo si pone come obiettivo il recupero dell'articolarità , il ripristi-no del ritmo lombo-pelvico e scapolo-omerale, un lavoro di ripro-grammazione sensomotoria percettivo globale.

Il lavoro dovrebbe concentrarsi sull'elongazione della muscolatu-ra tonica antigravitaria, con il fine di elasticizzarla e rafforzarla.

Si effettuano sedute di rieducazione individuale globale con e-sercizi posturali, o con una rieducazione posturale tipo Souchard; la scelta viene effettuata in base alla gravità della patologia; può esse-re indicato integrare la rieducazione con 1'idrokinesiterapia di gruppo, che prevede esercizi di recupero della flessibilità muscolare e del tono-trofismo muscolare, sfruttando lo stimolo propriocettivo e miorilassante dell'acqua a 34°; si utilizzano terapie strumentali in base all'esigenza del paziente, TENS, ultrasuoni, laser CO2, soprat-tutto nelle forme di tendinite o entesite, ricorrenti in questa patolo-gia.

Nelle forme di ipercifosi che presentano ancora un certo grado di plasticità, può essere indicato un ciclo di elettrostimolazione dorsa-le o dorso-lombare per combattere 1'insufficienza muscolare che ne consegue.

Il paziente affetto da spondilite anchilosante presenta spesso una sindrome depressiva con componente ansiosa legata al dolore e al progredire della disabilità. Il dolore è la dimensione più importante in questa patologia ed è vissuto dal paziente come una spiacevole esperienza sensitiva ed emozionale che spesso si esprime con ango-scia e con alterazione permanente del tono dell'umore e del compor-tamento. La reciproca interazione tra il dolore fisico e la sofferenza psicologica, particolarmente nel quadro algico cronicizzato, può in-fluire in modo significativo sulle modalità di affrontare tale sinto-matologia (strategie di coping). Il coping disfunzionale può rappre-sentare un ostacolo agli approcci terapeutici e riabilitativi. Per que-sto, consideriamo importante l'intervento dello psicologo che con dei colloqui individuali o con una terapia di gruppo, contribuisce all'efficacia del trattamento.

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Conclusioni

Sono uomini senza cielo perché questa malattia con il passare degli anni, spesso impedisce, nella stazione eretta, di poter ammira-re la bellezza del cielo. Il dolore e la limitazione funzionale artico-lare rappresentano il comune denominatore di questa malattia che determina una invalidità proporzionale alla gravità dell'interessamento articolare. La terapia di elezione è senza alcun dubbio rappresentata dalla chinesiterapia che deve essere effettuata costantemente per mantenere o migliorare la mobilità del rachide e conseguentemente garantire una migliore qualità di vita.

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Estratto da:
Monografia pubblicata dal Gruppo di Studio della Scoliosi nel 2003,
a cura di A Corigliano, S Ceppatelli, ME Pini .


 

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