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I Punti di Vista


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

 

Indice



Il punto di vista di Sibilla

Deformazione del tronco nella scoliosi idiopatica degli adolescenti
Estratto da: Raso VJ, Lou E, Hill DL, Mahood JK, Moreau MJ, Durdle NG. Trunk Distortion in Adolescent Idiopatic Scoliosis. Journal of Pediatric Orthopaedics 1998: 18(2); 222-6 (Referenze Bibliografiche n. 4).

Il problema sollevato dagli autori in apparenza appare di secondaria importanza.

Non è così.

A tutti gli operatori infatti è capitato che una buona correzione angolare di una scoliosi non accompagnata da una altrettanto buona correzione estetica, non sia stata gradita sia dal paziente che dai genitori.

Il problema principale nella correzione incruenta della scoliosi è quella di assicurare una buona stabilità di correzione unita ad un modellamento ed ad una buona cosmesi del tronco, segnatamente la simmetria delle spalle e dei fianchi.

Harrington riporta fra le cause di morte post-intervento il caso di una paziente che, insoddisfatta della correzione estetica ottenuta, pur a fronte di una buona riduzione della scoliosi, si era buttata dal VI piano dell'Ospedale!!

Caso certamente estremo, ma che denuncia l'apprensione e le aspettative che si attendono da un trattamento così impegnativo della deformità.

E' da rilevare poi che i trattamenti chirurgici attuali non sono modellanti, come invece l'Harrington, che necessitava per la stabilizzazione di almeno otto mesi di corsetto gessato. Infatti gli strumentari correggono molto bene la curva, ma scarsamente la deformità.

L'unico modo per correggerla sono i corsetti sia amovibili che inamovibili.

Il metodo attuato dagli autori per validare il giudizio estetico è attendibile nei limiti di un giudizio oggettivo da parte di osservatori esterni. Differente è però il metro di giudizio del paziente, che dà molta più rilevanza alle simmetrie di taglia ed al livello delle spalle.

Il gibbo costale infatti, anche se rilevante, ma tale da non deformare la taglia, non rientra fra le preoccupazioni dei portatori di scoliosi.

Il "vecchio" Risser sosteneva infatti che per il risultato finale della correzione l'aspetto del tronco di fronte era determinante, in quanto il paziente non viveva portando appesa una radiografia della propria colonna vertebrale!!



Il punto di vista di Postacchini

Stenosi spinale lombare: una panoramica delle concezioni attuali nell'ambito della valutazione, della gestione e della misurazione dei risultati
Estratto da: Fritz JM, Delitto A, Welch WC, Erhard RE. Lumbar Spinal Stenosis: A Review of Current Concepts in Evaluation, Management, and Outcome Measurements. Arch Phys Med Rehabil 1998: 79;700-8 (Referenze Bibliografiche n. 124).

Questo lavoro presenta tutti i pregi e i difetti di una revisione della letteratura. Il principale pregio è che esso tenta di fornire una visione completa delle conoscenze e delle opinioni su questo settore della patologia. D'altro canto, il principale difetto risiede nel fatto che riportare il maggior numero di conoscenze ed opinioni sulla materia senza filtrarle attraverso una lunga esperienza vissuta dell'argomento espone al rischio di fornire al lettore una visione parziale o distorta dei vari aspetti dell'argomento. Ad esempio, la stessa definizione di stenosi ("qualsiasi ristrettezza del canale spinale....) non è, a mio avviso, corretta poichè un tumore vertebrale od una frattura vertebrale recente che comportino un'invasione del canale spinale da parte di tessuto neoplastico o di un frammento osseo non possono essere considerati una stenosi dal momento che hanno etiopatogenesi, quadri clinici, trattamento e prognosi del tutto diversi tra loro e da quelle che sono realmente stenosi vertebrali. Un altro difetto è che non viene fatta una distinzione netta nelle varie parti del lavoro tra stenosi centrale e stenosi laterale. In quest'ultima è impropriamente inclusa sia la stenosi del canale radicolare sia quella del forame intervertebrale, mentre si tratta di entità distinte sotto molti profili: dall'etiologia, alle caratteristiche anatomopatologiche, all'espressività clinica, al trattamento ed ai risultati. Ancora, non viene quasi menzionata la spondilolistesi degenerativa, che è una delle condizioni patologiche più frequentemente responsabili delle stenosi, sia centrali che laterali, del canale spinale lombare e quella per la quale viene più spesso posta un'indicazione al trattamento chirurgico.

I meriti principali del lavoro sono che esso si sofferma più diffusamente di altri articoli simili sul trattamento conservativo (dai FANS, alla ginnastica medica, alle infiltrazioni epidurali) delle stenosi lombari e che gli autori concludono, giustamente, che molti aspetti di questa condizione patologica, particolarmente la storia naturale ed i risultati a lungo termine dei trattamenti chirurgici, sono poco chiari e meritano ancora numerosi studi sia sperimentali che clinici.



Il punto di vista di Boccardi

La palpazione del movimento: è tempo di accettare l'evidenza
Estratto da: Troyanovich SJ, Harrison DD, Harrison DE. Motion Palpation: It's Time to Accept the Evidence. Journal of Manipulative and Physiological Therapeutics 1998: 21(8); 568-71 (Referenze Bibliografiche n. 34).

Sembra una maledizione: e forse invece è solo il segno di un'auspicata transizione, nel campo della riabilitazione, da un empirico e rassegnato accontentarsi dell'esperienza e dell'autorevolezza delle fonti alla consapevolezza della necessità di dare basi solide al nostro operare quotidiano.

In ogni caso, sono sempre più frequenti nella letteratura mondiale resoconti di indagini impostate e condotte come Dio comanda che dimostrano l'inutilità, quando non la nocività, di pratiche diagnostiche e terapeutiche in uso, con conclamati attestati di efficacia, da molto tempo: ma in parte anche introdotte di recente e magari ampiamente diffuse, a riprova che grande è la capacità dell'uomo da un lato di proporre, dall'altro di accettare rimedi illusori.

Ecco una ulteriore riprova: quella che sembrava una per molti aspetti portentosa dote dei chiropratici, molto invidiata ad esempio dal povero medico generico alle prese con le difficoltà di una diagnosi in molti casi impossibile, la capacità di individuare attraverso la 'palpazione manuale' i disturbi del rachide e giustificare così il trattamento conseguente, non era che un'illusione. Numerosi studi dimostrano la fallacia dell'asserzione, e questo articolo trae dalla loro lettura le doverose conseguenze. Les dieux s'en vont!

La competenza e la chiarezza dell'articolo dei tre autori (a proposito, mi si perdoni la mia ignoranza, ma cosa vorrà dire il 'terapie fisiologiche' compreso nel titolo della rivista?) dovrebbero servire da stimolo per un maggiore impegno dei fisiatri italiani nella stessa direzione. Al recente congresso della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione a Cagliari su più di ducento comunicazioni presentate cinquantasette riferivano sui risultati, in genere valutati buoni o ottimi, dell'utilizzazione di tecniche diagnostiche e di trattamenti nelle più svariate condizioni morbose: e questo è un bene. Non è affatto un bene, al contrario, che almeno alla lettura degli abstracts, solo due lavori e mezzo avrebbero superato le prove che giustamente nell'articolo sono considerate fondamentali per accertare la scientificità di un assunto.

Nella classificazione proposta dalle Mercy Guidelines dei chiropratici americani gli altri lavori avrebbero meritato un 'inappropriate' o al massimo un 'doubtful'. Con un'aggravante: dopo la proclamazione dei primi risultati, in genere favorevoli quando non entusiasmanti, presentati con la pressoché obbligata postilla: 'il numero di casi non e' sufficiente per affermare … per cui sono necessarie ulteriori indagini', molto molto raramente le 'ulteriori indagini' sono poi effettivamente condotte, dagli stessi autori o da altri che potrebbero sia confermare, sia falsificare le deduzioni del primo lavoro, certamente, almeno in un buon numero di casi, emesse in buona fede.

Interessanti sono anche le considerazioni presentate nell'articolo a proposito dei meccanismi che portano gli 'operatori' a utilizzare tecniche diagnostiche e trattamenti di cui non è dimostrata l'efficacia: o in molti casi è stata addirittura provata la non efficacia. Personalmente, sono purtroppo convinto che tra questi meccanismi occupi un posto preponderante, almeno da noi, l'aspetto … economico della faccenda, spesso incentivato dalle assurde disposizioni legislative in materia di retribuzione delle attività riabilitative.

Possiamo anche noi fisiatri chiedere alla nostra disciplina di 'essere logica e matura' di fronte alle prove che molte delle nostre procedure diagnostiche e terapeutiche sono 'unreliable and invalid'?


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