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I Punti di Vista


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

Indice



Il punto di vista di Boccardi

Se devi provare di essere malato, non puoi guarire. La lezione oggettiva della fibromialgia
Hadler NM. Spine 1996: 21(20); 2397-400.

Mi piacerebbe molto sapere quale è la "specialità" del dott. Hadler, autore dell'articolo, indicato genericamente come appartenente al Dipartimento di Medicina dell'Università della North Carolina. Certo che nel suo pensiero, mirabilmente espresso, ritrovo molte delle convinzioni che sono o dovrebbero essere a fondamento del comportamento professionale del riabilitatore: la distinzione tra impairment (danno? menomazione? segno e sintomo? difficile da tradurre) e disabilita', la differenza tra essere malato e non star bene, tra curare una malattia e prendere in carico una persona che non sta bene.

Indubbiamente Nadler e' facilitato dalla ricchezza lessicale della lingua inglese, vedi l'esempio della difficile traducibilità, in italiano, di termini come impairment o disablement, o all'esistenza, per definire la malattia, di tre quasi sinonimi, ma con sfumature di grande pregnanza semantica: disease, la malattia in se stessa con il suo 'quadro clinico", illness, l’essere malato, lo stato di malattia, sickness, il sentirsi malato.

Davvero rivelatrice mi sembra l'identificazione di uno stato di vulnerabilità della persona, dinamico e diversamente rappresentato nei diversi individui, sui quali l'atteggiamento della 'medicine', e quello del medico in particolare, incide profondamente e a volte irreversibilmente. Val forse la pena di ricordare che Ivan Illic, il grande saggio, ci ammonisce da tempo che la persona che entra nell'ambulatorio di un medico vi entra con dei problemi e ne esce con una o più malattie.

La ricerca ostinata di segni e sintomi, la consegna al paziente di una serie di informazioni non facili da comprendere e da digerire (quanti pazienti vengono da noi affermando che ' hanno la cervicale'?), 1' ostinazione a voler racchiudere segni e sintomi in contenitori, in sacchetti con su una etichetta che ci serve per pronunciare una diagnosi, e in qualche caso, non frequentissimo, una conseguente terapia efficace. Per non parlare dell'ambiguità dell'etichetta: chi sarebbe, in coscienza, in grado di definire senza perplessità cosa si debba intendere veramente con una diagnosi di 'distonia' o di 'aprassia'? O dell'assoluta inutilità' della formulazione di diagnosi, come la frequentissima 'lombalgia', che si limitano a fotografare, con qualche pompa ma senza nessuna utilità, quanto il paziente ci segnala. Per non parlare del potere terrificante, se non accuratamente disattivati dal curante, di certi referti, specie radiologici, che sembrano nascondere misteriosi mali, certo gravissimi e forse mortali: spondilodiscoartrosi con osteofitosi marginale di notevole entità', in un soggetto di settanta anni! E della necessita' di riempire dei sacchetti preconfezionati, che aspettano di essere colmati con casistiche di ignari individui che vengono sezionati e tartassati alla ricerca di segni che noi riteniamo non possano non essere presenti. La saga della fibromialgia evocata da Nadler e' davvero esemplare. E' difficile dimenticare la seria ricerca nella quale due gruppi di esperti, l’uno in sindromi fibromialgiche, l’altro in sindromi miofasciali, sono stati richiesti di porre la diagnosi su un unico nutrito gruppo di soggetti e non si sono trovati concordi praticamente su nessuno dei casi, tra l'altro curiosamente attribuendone il maggior numero alla competenza del gruppo avverso.

Sante parole, quelle di Nadler, che ci debbono convincere ancora di più che più importante della malattia è la persona che non sta bene: e intensificare la nostra disponibilità all'ascolto, all'empatia, al porsi dalla parte del paziente.

Vi è stata e vi è ancora una importante discussione sul fatto che debba o no esistere il 'medico placebo' . Ben venga il medico placebo se e' in grado di impedire che il proprio paziente, per ottenere ascolto, debba dimostrare di essere malato.


Il punto di vista di Sibilla

I risultati a lungo termine del trattamento ortopedico della cifosi della cerniera dorso-lombare per malattie di Scheurmann. Esiste uno spazio per la chirurgia?
Michel F, Rubini J, Michel CR. Résonances Européennes du Rachis 1996:11; 15-21.

Gli autori sono di razza e vantano una lunga esperienza sul campo, nel trattamento delle patologie del rachide.

Il lavoro è ben costruito con un forte impianto teorico, una casistica opportunamente selezionata, una buona disamina dei dati: analizzati e correlati sotto diversi punti di vista. Vi è pure una lunga e direi sofferta disamina dei risultati possibili con le diverse terapie.

Ricorre sempre il dilemma terapia ortopedia - terapia chirurgica.

Il flow-chard finale, che ne indirizza le scelte attraverso la cernita dei diversi dati clinici, si avvale di una sequenzialità ragionata e di una logica stringente.

Vorrei focalizzare due elementi: il primo concerne il calcolo del rapporto rachideo (R.R.) che, malgrado possa presentare qualche difficoltà esecutiva legata all’attuale scadente qualità delle proiezioni in laterale delle teleradiografie rachidee, pone l'accento sulla necessaria globalità di valutazione ed ha il merito di codificare una corretta analisi dei risultati.

Un buon equilibrio del rachide nel suo complesso agisce positivamente sul dolore dorsolombare, al di là dei risultati segmentari di una riduzione più o meno valida delle deformità in cifosi della cerniera dorsolombare stessa.

Il secondo, interessa soprattutto il trattamento cinesiterapico e le incongruità delle manovre in delordosi nel caso di cifosi dorsolombare, soprattutto se limitata a poche vertebre.

Ne deriva l’assunto che non è praticabile una cinesiterapia standardizzata nel trattamento delle deformità rachidee. Vanno esse valutate in modo tridimensionale, tenendo nella giusta considerazione il piano sagittale, spesso misconosciuto e fonte di insuccessi.

La delordosizzazione indiscriminata dovrebbe ormai essere abbandonata dalla pratica cinesiterapica corrente per lasciare il posto ad una armonica ricostruzione delle curve sagittali nel loro insieme. Non si deve dimenticare che una preventiva corretta valutazione goniometrica di limiti delle curve è indispensabile per impostare qualsiasi terapia sia ortopedica che chirurgica.

Purtroppo si assiste spesso a terapie intraprese solo con una proiezione in AP del rachide, non solo in fase di approccio, ma anche di successiva conduzione delle stesse.

Come ben sottolineato dagli autori, uno squilibrio posteriore del rachide, sul quale pochi ancor oggi pongono l’accento, nei casi soprattutto di cifosi dorso-lombare limitate a poche vertebre, con cuneizzazione anteriore, pinzamento anteriore dei dischi, rettilineizzazione lombare e retroversione del bacino, può portare all’insorgere di una spondilolisi e successivamente di una spondilolistesi.

Concordiamo perciò con quanto esposto in questo lavoro, che andrebbe meditato per gli spunti che offre ai cultori della materia ed imitato per l’equilibrio delle valutazioni evidentemente supportate, lo ripetiamo, da una grande esperienza unita ad un costruttivo senso critico, che dovrebbe sempre servire da guida in ogni attività terapeutica.


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