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I Punti di Vista


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

 

Indice



Il punto di vista di Boccardi

L'anuloplastica elettrotermica intradiscale: la procedura IDET
Estratto da: Heary RF. Clinical Review. Intradiscal Electrothermal Annuloplasty: The IDET Procedure. Journal of Spinal Disordesr 2001: 14(4); 353-60 (Referenze Bibliografiche n. 25)

Una tolleranza per l'incertezza
Estratto da: Craik RL. Guest Note. A Tolerance For Ambiguity. Physical Therapy 2001: 81(7); 1292-4 (Referenze Bibliografiche n. 6)

State finanziando una frode?
Estratto da: Rothstein JM. Editor's Note. Are You Financing a Sham? Physical Therapy 2001: 81(9);1500-1.

'l'esercizio fisico moderato può avere la sua applicazione razionale...' 'su tali pazienti è presumibile che..' 'la nostra esigua casistica non ci permette…' 'ovviamente il numero esiguo di casi studiati non ci permette…' 'ovviamente questi risultati sono del tutto preliminari..' 'attualmente essendo il nostro campione di piccole dimensioni è necessaria una certa cautela…' 'ci sembra quindi di poter affermare…' 'in conclusione ci pare di poter ribadire…' 'concludendo i dati in nostro possesso seppure non omogeneamente significativi…' 'ci sembra di poter proporre…' 'il grado di predittività deve essere approfondito dal punto di vista statistico..' 'alla luce dei primi dati raccolti …'tali promettenti risultati si riferiscono purtroppo solo a due casi…' 'l'esame dei risultati ci indica che, probabilmente,…' 'pur nel limitato numero dei pazienti trattati…' 'si può ipotizzare che esista…'. Pezzi di frase estratti ' at random' dalle conclusioni del primo terzo dei lavori presentati a un recente congresso della SIMFeR, a proposito di tecniche di valutazione o di trattamento sperimentate dagli autori .

Temo che possano essere di assai scarsa utilità per gli operatori che nel loro lavoro quotidiano sono alle prese con la pesante responsabilità della scelta delle cose da fare nell'interesse del paziente che ha in carico. Tra le richieste di una corretta impostazione del programma riabilitativo, accanto all'osservazione e alla valutazione del quadro clinico, alla conoscenza dell'evoluzione naturale e delle possibili complicanze, all'identificazione dei meccanismi patogenetici, la più complessa e intrigante è senza dubbio quella della scelta delle tecniche rieducative i cui meccanismi di azione meglio corrispondano a quelli determinanti l'alterazione. Di qui le estenuanti dispute sulla prevalenza di una metodica (per lo più eponima) sull'altra, o sull'efficacia di terapie strumentali di cui non si riesce a dimostrare l'utilità.

Eppure le affermazioni apodittiche contenute in molti testi, la severità di molti protocolli sembrano dare per scontato ciò che è ben lontano dall'essere provato.

E quante 'ambiguità' sono ancora aperte, in mancanza di prove. Dagli stessi atti: quale sia l'approccio migliore per il rinforzo muscolare, se siano appropriati o no la misurazione della forza e il conseguente rinforzo muscolare nell'emiplegico, se serva a qualcosa impedire l'uso dell'arto superiore sano, se sia possibile o no rendere con manovre di stretching più estensibili ischiocrurali retratti, se ci sia differenza nelle risposte cardiocircolatorie a esercizi isotonici o isocinetici, cosa effettivamente succeda nella manovra di accorciamento in sollecitazione di trazione, se l'applicazione di ghiaccio riduca la spasticità in modo non transitorio. Interrogativo quest'ultimo purtroppo lecito per gran parte delle tecniche universalmente utilizzate: se sia possibile introdurre modificazioni permanenti nel controllo motorio del paziente attraverso manovre che modificano nell'immediato la risposta. E domanda che esige di essere più o meno rapidamente soddisfatta, pena una perdita di tempo e di energie insopportabile e per il soggetto e per l'operatore. E fare esclamare a tutti noi il 'woe, major, woe' del lavoro della Craik.

Il discorso sull'attendibilità delle informazioni che oggi arrivano a valanga sull'operatore della riabilitazione diventa particolarmente importante -e non poco penoso- nel settore dell'educazione continua, pur grande recente conquista, di cui un editoriale nella stessa Physical Therapy Review parla con molta puntualità. Le cose, purtroppo, vanno male anche in Italia. Su diciassette corsi accreditati (o per i quali è stato richiesto l'accreditamento) presentati in un recente numero di un diffuso giornale specializzato, almeno otto non sembrano, a prima vista, avere le caratteristiche di validità dell'argomento, serietà di impianto, completezza di argomenti e autorevolezza dei docenti che li renderebbero utili e appetibili. Concordo quindi pienamente con le conclusioni di Rothstein circa la necessità di una grande cautela nella scelta: vediamo di non buttare via anche questa buona occasione.


Il punto di vista di Sibilla I

La cifosi dorsale "normale": uno studio radiografico su 121 bambini "normali"
Estratto da: Boseker EH, Moe JH, Winter RN, Koop SE. Determination of "Normal" Thoracic Kyphosis: A Roentgenographic Study of 121 "Normal" Children. Journal of Pediatric Orthopaedics 2000: 20(6);796-8 (Referenze Bibliografiche n. 11)

La "vessata questio" della goniometria delle cifosi dagli esami radiografici non riceve un contributo esaustivo da questa pubblicazione, che pure parte con premesse metodologiche apparentemente rigorose.

La posizione a braccia orizzontali ad angolo retto, non assicura una visione normale del rachide dorsale e di conseguenza di quello lombare.

Quella con le braccia avanti basso, senza anteposizione delle spalle, assicurerebbe un riscontro più fisiologico.

Il vero problema però sta nella qualità delle teleradiografie in laterale che in più del 90% dei casi è assolutamente scadente, non solo in Italia, ma, a nostra conoscenza, come fenomeno Europeo.

La goniometria viene vanificata dall'impossibilità di misurare l'inclinazione delle vertebre ai passaggi cervico-dorsale, dorso-lombare e quello che è più grave al passaggio lombo-sacrale, dove alterazioni congenite delle cerniere vengono spesso misconosciute.

La situazione non è migliorata neppure con l'avvento delle radiografie digitali anche se in queste, con un'adeguata "pulizia" dell'immagine, potrebbero essere resi evidenti anche zone apparentemente non visibili.

Il problema a nostro avviso è prettamente culturale.

Non è ammissibile infatti alla luce delle moderne tecnologie, che vengano reiterate delle immagini teleradiografiche illeggibili in laterale, che comportano un'esposizione doppia del soggetto alle radiazioni rispetto a quelle in antero-posteriore proiezioni che spesso poi non sono state neppure richieste (unendo al danno la beffa!).

Il punto di vista di Sibilla II

L'influenza di diversi tipi di scoliosi idiopatica progressiva sul controllo posturale statico e dinamico
Estratto da: Gauchard GC, Lascombes P, Kuhnast M, Perrin P. Influence of Different Types of Progressive Idiopathic Scoliosis on Static and Dynamic Postural Control. Spine 2001: 26(9); 1052-58 (Referenze Bibliografiche n. 52).

Parafrasando un romanzo di Dumas potrei intitolare questo commento "Vent'anni dopo".

Non voglio accampare diritti di prelazione, ma è dal mio incontro a Kioto nel 1978, al Congresso Internazionale della SICOT, con Yamamoto, che ci siamo interessati di vestibolo e scoliosi.

Partendo poi dai lavori di Nachemson e dopo successive elaborazioni siamo ora arrivati alla Cranio Corpo Grafia digitale, che abbinata al sistema di F-Soket ed alla pedana stabilometrica ci permette di determinare non solo le modificazioni posturali provocate dalla scoliosi, ma anche di verificare le risposte indotte sul sistema di controllo della postura.

E' nostra intenzione farne oggetto di comunicazione al Congresso Internazionale della Scoliosi Research Society di Seattle, nel prossimo settembre.

Terminata questa parentesi personale, non autoelogiativa, ma unicamente di inquadramento storico, posso affermare che ci troviamo perfettamente in sintonia con quanto scritto dagli autori francesi.

Il loro merito è stato quello di analizzare come le diverse forme di scoliosi possano influenzare le componenti del controllo posturale.

Quasi intuitivo il dato che le scoliosi doppie maggiori siano quelle più stabili, meno evidenti i dati che riguardano le scoliosi a curva unica dove le lombari danno le maggiori perturbazioni nel controllo statico dell'equilibrio, mentre i test dinamici hanno dimostrato che la scoliosi più perturbante è la toracica. Questo dato si riflette anche sulle doppie maggiori dove più prossimale è la curva di maggiore entità, più accentuato è lo squilibrio dinamico.

Con la Cranio Corpo Grafia digitale, abbinata all'esame stabilometrico, è possibile oltre ad una quantificazione più accurata dei dati, anche una predizione sulla evolutività della scoliosi o su una sua remissione, consensualmente alle terapie ortopediche effettuate.

Ciò comunque non sminuisce l'importanza del lavoro degli autori francesi, rimarchevole per accuratezza e corretta disamina dei dati.


Il punto di vista di Trevisan

Educazione e dibattito. Pro e contro. La densitometria ossea non è un buon predittore della frattura dell'anca
Estratto da: Education and Debate. For and against. Bone densitometry is not a good predictor of hip fracture. BMJ 2001:322;795-9.

L'obbiettivo principale nella diagnosi precoce e nel trattamento dell'osteoporosi è la prevenzione delle fratture da essa determinate ed è naturale quindi che i maggiori fattori di rischio per le fratture da fragilità ossea siano assunti come potenziali indicatori della necessità di un trattamento farmacologico che riduca tale rischio.

La valutazione della massa ossea mediante tecniche densitometriche è uno dei più importanti e riconosciuti fattori di rischio oggettivamente misurabili.

Nella rubrica "Education & Debate" del British Medical Journal si affrontano due scuole di pensiero: la prima che sostiene la scarsa efficacia della densitometria ossea quale predittore di future fratture scheletriche; la seconda che ne sostiene l'utilità.

Questo dibattito assume un interesse particolare anche in virtù di recenti riscontri scientifici.

Durante le analisi post-hoc (analisi di secondo livello su sottogruppi) di un importante studio multicentrico di 4 anni su oltre 8000 pazienti sulla efficacia del risedronato nella riduzione del rischio di frattura, un team di ricercatori inglesi si è accorto che i dati in loro possesso indicavano inequivocabilmente che il maggior predittore della riduzione del rischio di frattura nei soggetti trattati non era l'aumento della massa ossea bensì la riduzione dei marker biochimici del turn-over osseo.

Ovvero, i pazienti trattati non si fratturavano di meno perché avevano aumentato la loro massa ossea ma perché la loro velocità di rinnovo scheletrico (turn-over) si era ridotta.

Molte delle proprietà meccaniche del tessuto osseo dipendono dalla sua struttura che in presenza di una grave osteoporosi viene grandemente deteriorata da un turn-over elevato che riassorbe trabecole che poi non possono più essere ricostruite.

I ricercatori inglesi hanno perciò ipotizzato che il vantaggio in termini meccanici acquisito dalla struttura grazie al trattamento sia dipeso più dalla salvaguardia delle trabecole rimanenti risparmiate da un turn-over più basso che dal modesto incremento di massa ossea osservata.

Non occorre che oggi io commenti i pro ed i contro della bella disputa dell'articolo in questione.

Certamente, il ruolo e l'interpretazione delle variazioni della massa ossea, che pur rimane il principale fattore di rischio in genere per le fratture da fragilità ossea, subirà un ampia rivisitazione.

E sicuramente questo ci permetterà di migliorare le nostre strategie di prevenzione e trattamento.


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