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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del III fascicolo 1999


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Sibilla e Boccardi

La medicina basata sulle prove: un aiuto scientifico per l'arte medica
Efficacia ed effetto psicologico dei trattamenti per la scoliosi: esercizi, ortesi, chirurgia
Storia naturale delle patologie vertebrali: scoliosi, lombalgia in età evolutiva e nell'adulto
Eziologia della lombalgia: la gravidanza, l'effetto delle vibrazioni, la propriocezione, le caratteristiche funzionali
Studi controllati su: flettere il rachide di prima mattina, efficacia della mobilizzazione con Back School, della rieducazione funzionale ambulatoriale ed in regime di ricovero
Pagine verdi: la stabilizzazione
La classificazione della lombalgia ed un breve pensiero di fine millennio sulla nostra professione
Indice

La medicina basata sulle prove: un aiuto scientifico per l'arte medica

La Evidence Based Medicine (all'inglese) o "medicina basata sulle prove scientifiche" (all'italiana), di cui ci parla Sakett a pag. 215, è un tema scottante che la necessità di contrarre le spese in sanità ha reso ancor più pressante. In realtà, l'applicazione "economica" è in un certo senso indebita, in quanto questo modo di avvicinarsi alla medicina dovrebbe consentire più che altro ai medici di disporre di strumenti conoscitivi utili per l'approccio più scientificamente corretto al singolo paziente, e non offrire strumenti coercitivi per un taglio delle spese. Tant'è. In ogni caso, come Gruppo di Studio, in tempi non sospetti abbiamo dimostrato una sensibilità verso il problema, con la pubblicazione delle Linee Guida sulla lombalgia sin dal 1996. D'altra parte, nella netta coscienza che la medicina è e resta un'arte nel suo approccio necessariamente e totalmente individualizzato verso il singolo paziente, è inevitabile il rendersi conto che solo la scienza ed il metodo scientifico possono consentirci di disporre di strumenti conoscitivi utili. Oggi chi non accetta il metodo scientifico viene messo al bando sia dalla comunità scientifica stessa che dagli enti pagatori (vicenda Di Bella insegna). L'unica strada percorribile per chi vorrà vedere riconosciuta dallo Stato una dignità di esistenza in termini economici e di convenzione (per i trattamenti privati invece tutto quanto non è dannoso resterà ovviamente permesso, nel nome della giusta libertà di scelta del medico e del paziente) è quello della medicina basata sulle prove, o meglio del fornire prove che documentino l'efficacia (ma oramai anche la maggior efficienza) della propria proposta. Come usare gli strumenti della medicina basata sulle prove (tipicamente: meta-analisi e Linee Guida)? Primo: una volta identificato quanto è provato dalla letteratura (poco opinabile) e quanto è parere o dell'autore o della commissione (punti questi opinabili), si deve preferire a parità di opzione terapeutica quanto ha dimostrato di essere più efficace - buoni risultati - e, a parità di efficacia, quanto ha dimostrato di essere più efficiente - minor dispendio di risorse. Secondo: prendere questi dati come punti di riferimento e non come imposizioni terapeutiche; per definizione, infatti, i risultati della letteratura vanno bene per il 95% dei pazienti, ma la singola persona che si sta trattando in quel momento può sempre essere nel 5% ! Il problema ovviamente nasce se tutti o quasi i nostri pazienti sono nel 5% dei casi: allora c'è qualcosa che non va. Terzo: ricordarsi che una terapia per la quale non esistono ancora studi che ne abbiano dimostrato l'efficacia non è necessariamente non efficace. Questo aspetto viene meglio approfondito al paragrafo successivo.

Efficacia ed effetto psicologico dei trattamenti per la scoliosi: esercizi, ortesi, chirurgia

Uno dei sempre meno rari e validi lavori italiani sulla riabilitazione delle patologie vertebrali ad opera in questo caso di Ferraro, dell'università di Padova, ci introduce a pag. 221 alle verifiche di efficacia nel campo della scoliosi, che costituiscono uno dei leit-motiv di questo fascicolo. Iniziando con il plauso a questi ricercatori che entrano finalmente nel merito, offrendo alla letteratura internazionale anche il contributo della nostra scuola e cultura italiana, si deve continuare con un ulteriore plauso perché è questo uno dei lavori in letteratura che documentano dell'efficacia (o meno) della cinesiterapia per la scoliosi. Nello spirito della Evidence Based Medicine (EBM), infatti, ad oggi esistono poche prove di efficacia, tutte derivate da studi o retrospettivi controllati (Mollon, Weiss) o prospettici ma non randomizzati e comunque a breve termine (questo lavoro di Ferraro ed un altro ancora di Weiss). L'unico “torto” (virgolettato perché in realtà torto non è) è quello di essere stati pubblicati su riviste non indicizzate da Index Medicus: l'essere una rivista indicizzata oggi è fondamentale, perché da un lato questo costituisce maggior garanzia di serietà scientifica (anche se ovviamente non è vero che quanto non pubblicato in una rivista Index Medicus non sia scientificamente serio), dall'altro si dispone di una reperibilità nelle banche dati bibliografiche molto più facile. Viceversa, in letteratura internazionale indicizzata fa da sempre fede un unico lavoro, prospettico, di un solo anno, con un gruppo di controllo retrospettivo, pubblicato nel 1979 (!!) su Physical Therapy da parte di Stone, che già nel titolo recita "A preliminary Study", sulla base del quale negli Stati Uniti si nega ogni efficacia del trattamento cinesiterapico. A parte che tutti sappiamo che cinesiterapia può voler dire qualunque tipo di esercizi, e nella fattispecie il protocollo di Stone sembrava mutuato dalla classica tecnica di Williams di lavoro in flessione, senza alcuna attenzione a quegli elementi neuromotori che caratterizzano tutti gli approcci più moderni dopo la svolta determinata dalla Scuola Lionese di Stagnara e Mollon. Sarebbe quindi pienamente nello spirito dell'EBM dedurre che sulla base di un solo lavoro, oltretutto metodologicamente poco convincente, non si possono trarre conclusioni. Peraltro, sempre sulla base della EBM, le forze delle prove dei lavori ad oggi disponibili in letteratura non indicizzata sono ovviamente non elevate, ma altrettanto certamente abbastanza precise; a maggior ragione se si tiene conto che queste prove riguardano un trattamento diverso da quello applicato da Stone, che travalica un supino meccanicismo per giungere ad una interpretazione psicomotoria più elevata della cinesiterapia. Auspicabili sono ovviamente “studi controllati randomizzati” (RCT) di più ampio respiro, uniche prove completamente accettabili dall'EBM: se però non si facesse tutto ciò che non ha dimostrato incontrovertibilmente la sua efficacia con RCT, allora sino al 1992 (data del primo, ed unico ad oggi, RCT di Nachemson sull'argomento) non avremmo dovuto prescrivere per il trattamento della scoliosi nemmeno i corsetti, con i ben comprensibili conseguenti danni per i nostri pazienti. Cosa fare con la cinesiterapia per le scoliosi che non richiedono ancora l'uso del corsetto? Di certo non ci sono prove incontrovertibili a favore, ma altrettanto certamente sono più forti quelle a favore che quelle contro. Pertanto, la cinesiterapia ad oggi è un trattamento che va considerato efficace per frenare (non arrestare) l'evolutività della scoliosi idiopatica minore, sia pure nell'attesa del conforto definitivo di prove della massima forza scientifica.

Il lavoro di Howard a pag. 224 pone a confronto retrospettivamente 170 pazienti ortesizzati trattati con tre corsetti differenti. Il PdV di Sibilla a pag. 228 è magistrale e da solo esaurisce ogni commento. In questa sede a noi solo rilevare che, di nuovo, le ortesi basse dimostrano più efficacia. Questo lavoro va secondo noi a sposarsi in pieno con quello successivo di Noonan a pag. 236, dove vengono rivisti i danni psicologici conseguenti al trattamento ortesico, posti a confronto con quelli del trattamento chirurgico. I segni, come si vede, e come già era noto da anni, ci sono e spesso risultano indelebili. Abbiamo già scritto diverse volte e qui ribadiamo: se anche l'efficacia fosse soltanto pari, dati gli indubbi e ben documentati danni psicologici del corsetto di Milwaukee, i corsetti bassi sono da preferire. La riduzione dell'handicap sociale dovuta alle benefiche conseguenze psicologiche è immediata; i vantaggi biomeccanici, che evitano la cifosi lombare e la lordosi dorsale (nei casi peggiori dei più antichi corsetti in cifosi lombare) e riducono il dorso piatto (nei casi migliori di Milwaukee più rispettosi della fisiologia del rachide), sono meno evidenti nel breve periodo ma altrettanto appariscenti sul lungo, usando corsetti che da un lato consentono più facilmente di rispettare l'assetto sagittale della colonna, dall'altro permettono di fare quella essenziale cinesiterapia in cifosi dorsale che il Milwaukee letteralmente impedisce.

Il lavoro di Chêneau a pag. 229 presenta da un lato le idee cardine di questo “grande vecchio” delle ortesi per il rachide, ideatore e promotore di uno dei corsetti oggi prodotti che risultano migliori, più efficaci e più adattabili alle singole esigenze dei pazienti. Peraltro vi sono anche le involuzioni, che hanno cercato di fare di un corsetto semplice, basato su pochi principi cardine, e per questo universalmente applicabile, un qualcosa di più evoluto ma proprio per questo, secondo noi, anche un po' involuto nell'esagerato numero di camere di decompressione e di zone di spinta, nella perdita di una morfologia e di un assetto fisiologico del tronco che già di per sé consente di ottenere alcuni risultati fondamentali. Sicuramente la lettura è utile, però non tutto è condivisibile.

Infine, questa sezione si chiude con la meta-analisi di Stansikelis a pag. 233, che rivede le tecniche chirurgiche applicabili per la correzione della scoliosi e la loro efficacia da diversi punti di vista. Pur non essendo uno dei temi trattati dai nostri fascicoli, proprio il fatto di essere una meta-analisi, quindi una revisione completa della letteratura, ci ha spinto a dare spazio, soprattutto a scopo culturale per i nostri Soci, a questo lavoro, i cui risultati meritano una certa attenzione. In definitiva, sembra che quanto promesso dai nuovi metodi cruenti (molto più costosi e spesso più invasivi e con maggiori effetti collaterali) non venga mantenuto in termini di efficacia. Probabilmente c'è bisogno di molta più ricerca nel settore (e pazienza da parte dei pazienti), ma non possiamo fare a meno di chiederci perché i chirurghi non mostrino tale virtù (la pazienza) nell'attesa di risultati più definitivi dalla letteratura, nei confronti della cinesiterapia, quando esistono diversi risultati preliminari confortanti e così pochi - uno solo in verità – contrario. Perché da un lato si scagliano contro il trattamento cinesiterapico della scoliosi idiopatica e dall'altro sono così pronti a difendere i loro nuovi interventi, più costosi, sia in termini economici che sanitari, e tutto sommato così poco giustificabili alla luce di lavori come questo ed altri. Certamente il mal comune non è e non potrà mai essere neanche mezzo gaudio (soprattutto per i pazienti) e l'impegno per la ricerca deve esserci sino in fondo: quello che non si accetta e non si giustifica da nessun punto di vista sono certi anatemi.

Storia naturale delle patologie vertebrali: scoliosi, lombalgia in età evolutiva e nell'adulto

Il primo contributo sulla storia naturale delle patologie vertebrali ci viene a pag. 217 da parte di Soucacos, che presenta un ampio studio prospettico su più di 80.000 scolari in Grecia. Il lavoro è un punto di riferimento importante per riconoscere l'efficacia dei trattamenti proposti per le scoliosi, in quanto offre una lettura delle probabilità di evolutività, con una revisione finale della letteratura certamente utile per tutti anche nella vita clinica quotidiana. Ne risultano così confermati alcuni dati, come quello della quasi certezza di evolutività oltre i 30° di curvatura, mentre altri vengono rivisti, come quelli circa il peggioramento delle curve in base alla loro localizzazione. In realtà, ogni singolo grafico e dato va meditato attentamente, anche perché la letteratura, come risulta chiaro, non è assolutamente univoca. Una riflessione mi sembra doverosa: l'alta percentuale di miglioramenti spontanei (27,4%) e di risoluzioni spontanee complete (9,5%) deve farci meditare. Dobbiamo chiederci quanti dei risultati positivi che otteniamo con i trattamenti siano conseguenza della terapia o dei miglioramenti spontanei. Un motivo in più per considerare del tutto inaccettabili le prove di efficacia documentate con semplici casistiche senza gruppo di controllo.

La lombalgia è un disturbo comune anche nei giovani, e sembra diventarlo sempre di più con il passare degli anni. L'elegante studio di Leboeuf-Yde a pag. 239, corredato dall'efficace PdV di Videman a pag. 241, che sfrutta il Registro dei Gemelli Danesi per studiare l'incidenza e la prevalenza dei dolori lombari nelle varie età della vita, è solo un'ulteriore conferma. Non dobbiamo continuare a sottostimare questo evento, e lo studio dei fattori di rischio e del corretto approccio terapeutico sarà una delle frontiere della ricerca nei prossimi anni, cui anche il nostro Gruppo dedicherà sicuramente molta attenzione.

Il lavoro di Smedley a pag. 242 ha una duplice utilità, l'una insita nei propri risultati, documenta inoppugnabilmente la storia naturale della lombalgia in un gruppo ad elevato rischio come quello degli infermieri, l'altra offre l'occasione per una riflessione che spesso, chi è costantemente impegnato nel trattamento quotidiano dei pazienti, rischia di non fare adeguatamente. La storia naturale del dolore lombare è quello dell'auto-risoluzione, tipicamente in tempi relativamente brevi. Questa storia naturale deve essere costantemente considerata per relativizzare l'importanza dei trattamenti che quotidianamente facciamo: otteniamo dei buoni risultati perché siamo bravi e perché le tecniche che usiamo sono quelle giuste per il paziente giusto o più semplicemente ad ottenere un buon risultato è l'evoluzione spontanea della patologia ? Questa riflessione dovrebbe portarci da un lato ad un approccio lievemente meno assolutistico all'efficacia di quanto facciamo, dall'altro ad un'attenzione più critica al “mercato” dei Corsi di Riabilitazione vertebrale, che offrono tutto ed il contrario di tutto, spesso con le stesse prove di efficacia (nessuna!). Soltanto i criteri della EBM, degli studi controllati (un gruppo trattato, uno no) possono permetterci di capire se i trattamenti che ci vengono insegnati o che proponiamo sono veramente più efficaci della storia naturale del mal di schiena. Chi ci propone dei Corsi, che magari ci fa pagare profumatamente, senza essersi posto il problema di verificare l'efficacia di quanto ci propone (per fortuna in questi ultimi anni sono sempre di meno, ma il passato è molto duro a morire) non merita ascolto perché, se non è in mala fede,  non ha uno spessore scientifico (come persona o come scuola) sufficiente per insegnare alcunchè. Mi rendo conto che sono parole forti e se riceverò missive per aprire un dibattito anche su queste pagine ne sarò contento: è comunque ora che anche nel nostro campo spariscano i mille Di Bella, che non hanno nemmeno il candore del caro buon vecchio medico di Modena, mentre hanno quasi sempre una forte prosopopea, spesso condita di una buona dose di gallismo, che solo nella nostra esterofilia tipicamente italiana non vediamo e quindi accettiamo.

Eziologia della lombalgia: la gravidanza, l'effetto delle vibrazioni, la propriocezione, le caratteristiche funzionali

Ostgaard è uno degli autori che ha più a fondo studiato la lombalgia in gravidanza ed i suoi lavori offrono sempre spunti molto interessanti. Non fa eccezione il contributo a pag. 244 che rivede a 6 anni di distanza i risultati di una impostazione terapeutica basata sull'educazione e l'esercizio, che dimostra la sua efficacia per le pazienti in questa fase della loro vita.

Il lavoro di Pope a pag. 247, vincitore di un premio, riassume efficacemente anni di ricerche che hanno dimostrato l'importanza delle vibrazioni nel determinismo della lombalgia. E' esperienza nota a tutti quanti parlino con i loro pazienti che l'automobile è una delle cause più importanti di dolore, mentre lo stesso non si può dire per altri mezzi di locomozione (p.e. il treno): questo dipende dalla frequenza di vibrazione del motore, e di questo ed altro parla l'articolo in questione.

I due articoli successivi sono a cavallo tra la ricerca sull'eziologia ed il trattamento. A pag. 249 Gill indaga la propriocezione a livello del rachide. Da sempre sosteniamo di non capire come mai si sia da anni sottolineata l'importanza di una riabilitazione propriocettiva dopo un infortunio della caviglia (articolazione complessa in cui i sensori subiscono sia il danno che l'immobilizzazione terapeutica forzata) e non per il rachide, che funzionalmente è molto più complesso e condiziona il suo funzionamento in maniera determinante in base agli input propriocettivi, per lui essenziali. Questo lavoro è un utile contributo per chiarirci ulteriormente le idee.

A pag. 273 Masset studia invece alcune caratteristiche funzionali in un lavoro prospettico su lavoratori che non avevano mai avuto in precedenza lombalgia e verifica le differenze tra quanti la presentano nell'anno successivo e quanti restano asintomatici. Il lavoro è quindi molto interessante e merita attenzione, perché ne deriva un alto rischio sia per chi è scarsamente performante, sia per chi lo è troppo. Nel secondo caso conterebbe secondo gli autori una difficoltà di controllo neuromotorio rispetto alle richieste del lavoro che favorirebbe l'insorgenza di disturbi. Ipotesi molto interessante che nuovamente condurrebbe l'attenzione più verso lo squilibrio tra le performance neuromotorie più che verso un unico dato esaustivo del problema.

Studi controllati su: flettere il rachide di prima mattina, efficacia della mobilizzazione con Back School, della rieducazione funzionale ambulatoriale ed in regime di ricovero

Quattro studi controllati sull'efficacia di alcuni approcci terapeutici per la lombalgia, dei quali ben tre sono randomizzati (ossia la popolazione è stata attribuita al gruppo trattato con selezione casuale: è questa la massima garanzia di scientificità secondo la EBM). A pag. 276 Snook ci offre quella che potrebbe apparire come una curiosità, pur arrivando a dimostrare in modo inconfutabile una verità a tutti nota da molto tempo e traendone delle conclusioni pratiche di grande interesse. Egli dimostra infatti che la flessione anteriore del tronco al mattino è pericolosa per indurre un episodio di dolore: la struttura dello studio poi che incrocia i due gruppi e che sottopone a trattamento dopo un certo periodo anche il gruppo di controllo, offre una conferma ancora maggiore. La conclusione che al mattino si dovrebbero evitare ancor di più che in altri momenti della giornata le posture e gli sforzi in flessione anteriore ha tutti gli ovvi risvolti pratici nella nostra attività clinica quotidiana.

Il lavoro di Indahl a pag. 279 ha già il magistrale PdV di Boccardi a pag. 281, cui ci si può rivolgere per riflessioni ulteriori. Certamente la conclusione di verifica di efficacia a distanza viene offerta a quanti anche recentemente pongono in discussione la Back School. Di notevole interesse sia il ridotto numero di sedute dedicate al singolo paziente, sia il richiamo a distanza: una metodologia che si consiglia di leggere attentamente anche perché potrebbe essere efficace con un impatto economico migliore. Un'ultima riflessione: la Back School non sono gli esercizi, come non ci stancheremo mai di ripetere essere una erronea interpretazione applicata in alcuni Centri di Riabilitazione, ma un giusto mix tra educazione e recupero funzionale.

Seguono due studi sulla riabilitazione funzionale. Questa metodica, nata negli Stati Uniti per il trattamento intra-ospedaliero del paziente affetto da lombalgie croniche, ha dimostrato sinora un'ottima efficacia, pure nella sua successiva variante "Work Hardening". Bendix è uno degli autori che l'ha importata per primo in Europa e che ha effettuato due studi controllati randomizzati sulle cui popolazioni rivede a distanza di cinque anni l'efficacia a pag. 282. Ne viene una ulteriore conferma, che sottolinea ancora, se ce ne fosse bisogno, l'importanza di questo tipo di approccio oramai considerato in letteratura come il “gold standard” terapeutico per il paziente cronico. Tutto ciò prosegue idealmente con il lavoro di Keel a pag. 286, di sicuro interesse perché, in quanto a metodologia, potrebbe essere stato tranquillamente svolto in Italia e non in Svizzera. Un classico ricovero in regime ospedaliero riabilitativo, come potrebbe essere fatto anche nei nostri migliori Istituti di Riabilitazione, viene confrontato proprio con la metodica della riabilitazione funzionale. I risultati dimostrano in modo inoppugnabile che, se il dolore si modifica efficacemente a fine ricovero in entrambi i casi, i risultati sul lungo periodo sono di gran lunga migliori nel caso della metodica presentata. Si giustifica allora continuare nei nostri Istituti a proporre un trattamento incentrato sul dolore di fronte a questi risultati ?

Pagine verdi: la stabilizzazione

In quest'ultimo numero le Pagine verdi sono costituite tutte da un unico contributo a pag. 251 di Hyman, che ci introduce con estrema efficacia nel concetto della riabilitazione alla stabilizzazione vertebrale. E' questo un argomento estremamente sfuggente in letteratura, fatto oggetto recentemente di particolare attenzione e ricerca, in quanto è necessario identificare con maggior precisione quando diagnosticare l'instabilità vera, da deficit osteo-legamentoso (ed anche qui, pur essendoci strumenti più consolidati, il dibattito è aperto), e quando definire l'instabilità funzionale da deficit della funzione neuro-muscolare di controllo del rachide durante i movimenti propri e degli arti. Questo lavoro è da un lato condivisibile nell'impostazione teorica iniziale, dall'altro in gran parte accettabile nei concetti di allenamento graduale e progressivo di questa funzione. Assolutamente da non perdere proprio per le notevolissime valenze pratiche.

La classificazione della lombalgia ed un breve pensiero di fine millennio sulla nostra professione

A pag. 289 si conclude il contributo di Riddle sulla classificazione della lombalgia con la parte sicuramente più interessante. Vengono qui riviste in dettaglio le quattro più note classificazioni esistenti in questo campo e se ne individuano pregi e limiti con notevole chiarezza. Ne risulta chiaro ancora una volta che siamo ben lontani dall'avere una classificazione di questa patologia in qualche modo condivisibile. D'altra parte, per chi come noi di questo si occupa, deve essere uno dei primi obiettivi della ricerca e del consenso tra gli operatori, in quanto non sarà mai possibile capire meglio quali terapie siano veramente efficaci e per quali paziente se non saremo in grado prima di classificare i singoli pazienti correttamente.

Ci è parso bello chiudere questo fascicolo che ci introduce a fine Millennio con una riflessione di Swenson a pag. 301. Egli, da presidente della Associazione Americana dei Fisiatri, presenta ai suoi colleghi la lettura magistrale al Congresso Annuale, riflettendo sui valori essenziali della pratica della Medicina Riabilitativa. Si tratta di un tema che riguarda quindi non solo i fisiatri, ma tutti coloro che operano in questo campo terapeutico. Come sempre in questi casi esiste una impostazione strettamente personale dell'autore ed un'interpretazione altrettanto personale da parte dei singoli lettori. Non riteniamo utile ulteriori commenti se non un sommesso ricordo che, se è vero che per essere buoni medici si deve essere degli uomini veri, per essere dei validi riabilitatori si deve anche essere delle persone sensibili ed attente che sviluppano al massimo la propria capacità di interagire con l'essere umano malato, al fine di riuscire ad indicargli efficacemente la strada per il proprio recupero.

Di solito a questo punto verrebbe l'arrivederci al nuovo anno. In questo caso però il saluto è rinviato al regalo di fine millennio offerto ai Soci con un supplemento di traduzioni che allegheremo prossimamente alla Monografia 1999. Buona lettura !

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del III fascicolo 1999

  1. La medicina basata su prove
    Estratto da: Sackett DL. Editorial. Evidence-Based Medicine. Spine 1998: 23(10); 1085-6 (Referenze Bibliografiche n. 3)

  2. Valutazione dell'evoluzione della curva nella scoliosi idiopatica
    Estratto da: Soucacos PN, Zacharis K, Gelalis J, Soultains K, Kalos N, Beris A, Xenakis T, Johnson EO. Assessment of curve progression in idiopathic scoliosis. Eur Spine J 1998:7; 270-77 (Referenze Bibliografiche n. 23).

  3. Effetti della terapia con esercizi sulla scoliosi idiopatica lieve
    Estratto da: Ferraro C, Masiero S, Venturin A, Pigatto M, Migliorino N. Effect of exercise therapy on mild idiopathic scoliosis. Preliminary results. Europa Medicophysica 1998: 34(1); 25-31 (Referenze Bibliografiche n. 27).

  4. Uno studio comparativo dei corsetti TLSO, Charleston e Milwaukee per la scoliosi idiopatica
    Estratto da: Howard A, Wright JG, Hedden D. A Comparative Study of TLSO, Charleston, and Milwaukee Braces for Idiopathic Scoliosis. Spine 1998: 23(22); 2404-11 (Referenze Bibliografiche n.27).

  5. L'evoluzione dell'ortesi dall'origine ai giorni nostri
    Estratto da: Chéneau J. Evolution de l'othèse de l'origine à nos jours. Résonances Européennes du Rachis 1998: 8(20); 860-7 (Referenze Bibliografiche n.4).

  6. Correzione chirurgica nelle scoliosi: una meta-analisi
    Estratto da: Stansikelis PJ, Pugh LI, Allen BL Jr. Surgical Corrections in Scoliosis: A Meta-analysis. Journal of Pediatric Orthopaedics Part B 1998: 7; 111-6 (Referenze Bibliografiche n. 56).

  7. Caratteristiche psicosociali sviluppate nel lungo periodo dai pazienti in cura per scoliosi idiopatica
    Estratto da: Noonan KJ, Dolan LA, Jacobson WC, Weinstein SL. Long-Term Psychosocial Characteristics of Patients Treated for Idiopatic Scoliosis. Journal of Pediatric Orthopaedics 1997: 17:712-17 (Referenze Bibliografiche n. 31).

  8. A che età la lombalgia diventa un problema comune? Uno studio su 29.424 soggetti d'età compresa fra 12 e 41 anni
    Estratto da: C Leboeuf-Yde, KO Kyvik. At What Age Does Low Back Pain Become a Common Problem? A Study of 29,424 Individuals Aged 12-41 Years.
    Spine 1998: 23(2); 228-34 Referenze Bibliografiche n. 20).

  9. Storia naturale della lombalgia. Uno studio longitudinale
    Estratto da: Smedley J, Inskip H, Cooper C, Coggon D. Natural History of Low Back Pain. A Longitudinal Study in Nurses. Spine 1998: 23(22); 2422-26 (Referenze Bibliografiche n. 17).

  10. Il mal di schiena in rapporto alla gravidanza. Un controllo durato 6 anni
    Estratto da: Östgaard HC, Zetherström G, Roos-Hansson E. Back-Pain in Relation to Pregnancy. A 6-Year Follow-Up. Spine 1997: 22(24); 2945-50 (Referenze Bibliografiche n. 20).

  11. La lombalgia e le vibrazioni al corpo intero
    Estratto da: Pope MH, Magnusson M, Wilder DG. Low Back Pain and Whole Body Vibration. Clinical Orthopaedics and Related Research 1998: 354; 241-48 (Referenze Bibliografiche n. 59).

  12. La misurazione della propriocezione individuale in soggetti con e senza mal di schiena
    Estratto da: Gill KP, Callaghan MJ. The Measurement of Lumbar Proprioception in Individuals With and Without Low Back Pain. Spine 1998: 23(3); 371-77 (Referenze Bibliografiche n. 36).

  13. Relazione fra caratteristiche funzionali del tronco e comparsa della lombalgia. Fattori di rischio associati
    Estratto da: Masset DF, Piette AG, Malchaire JN. Relation Bertween Functional Characteristics of the Trunk and the Occurrence of Low Back Pain. Spine 1998: 23(3); 359-65 (Referenze Bibliografiche n. 35).

  14. La riduzione della lombalgia cronica non specifica attraverso il controllo della flessione lombare di prima mattina. Una sperimentazione randomizzata controllata
    Estratto da: Snook SH, Webster BS, McGorry RW, Fogleman MT, McCann KB. The Reduction of Chronic Nonspecific Low Back Pain Through the Control of Early Morning Lumbar Flexion. A Randomized Controlled Trial. Spine 1998: 23(23); 2601-7 (Referenze Bibliografiche n. 47).

  15. Uno studio di controllo a cinque anni di una sperimentazione clinica controllata che utilizza la mobilizzazione leggera ed un approccio informativo alla lombalgia
    Estratto da: Indahl A, Haldorsen EH, Holm S, Reikerås O, Ursin H. Five-Year Follow-Up Study of a Controlled Clinical Trial Using Light Mobilization and an Informative Approach to Low Back Pain. Spine 1998: 23(23); 2625-30 (Referenze Bibliografiche n. 35).

  16. Uno studio randomizzato prospettico, con un controllo a cinque anni, sulla rieducazione funzionale nei pazienti affetti da lombalgia cronica
    Estratto da: Bendix AF, Bendix T, Hæstrup C, Bush E. A prospective, randomized 5-year follow-up study of functional restoration in chronic low back pain patientes. Eur Spine J 1998: 7; 111-9 (Referenze Bibliografiche n. 31).

  17. Efficacia della riabilitazione in regime di ricovero per la lombalgia subcronica e cronica mediante un programma terapeutico integrato di sviluppo (studio multicentrico svizzero)
    Estratto da: Keel PJ, Witting R, Deutschmann R, Diethelm U, Knüsel O, Löschmann C, Matathia R, Rudolf T, Spring H. Effectiveness of in-patient rehabilitation for sub-chronic and chronic low back pain by an integrative group treatment program (swiss multicentre study). Scand Rehab Med 1998: 30; 211-9 (Referenze Bibliografiche n. 46)

  18. Classificazione e lombalgia: un compendio della letteratura ed un'analisi critica dei sistemi selezionati (IIIa parte)
    Estratto da: Riddle DL. Classification and Low Back Pain: A review of the Literature and Critical Analyis af Selected Systems. Physical Therapy 1998: 78(7); 708-37 (Referenze Bibliografiche n. 93).

  19. Costruire su ciò che più conta: i nostri valori essenziali
    Estratto da: Swenson JR. Buildin on What Matters Most: Our Core Values. Arch Phys Med Rehabil 1998: 79; 2-4.

  20. Tecnica: Programma d'esercizi per la stabilizzazione del rachide
    Estratto da: Hyman J, Liebenson C. Spinal Stabilization Ecercise Program. In Rehabilitation of The Spine. A Practitioners's Manual. (Liebenson C, ed), pp. 293-317, Williams & Wilkins, Baltimore, USA, 1996 (Referenze Bibliografiche n. 7).


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