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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del II fascicolo 1999


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Sibilla, Postacchini e Boccardi

Far crescere meglio, più che correggere
Estetica per la valutazione, la prognosi e la terapia: l'altro (?) lato della scoliosi
Scoliosi e neurofibromatosi
Mini-dossier sulla stenosi spinale lombare
I misteri dell'instabilità vertebrale, gli esercizi di stabilizzazione e quelli di miglioramento del controllo neuro-motorio del rachide
Miscellanea: dall'inutilità della palpazione, alle classificazioni, alla religiosità al posto della scientificità, sino ai consigli per l'allenamento ed il mantenimento della forma fisica
"Pagine Verdi" tutte sugli esercizi: l'eterno problema dello psoas, la scoliosi cervico-toracica e rinforzo/stretching
Indice



Far crescere meglio, più che correggere

Non è molto che chi si occupa di scoliosi ha imparato a muoversi nelle tre dimensioni tipiche di questa deformità: viceversa, da sempre è nota la quarta dimensione, quella del fattore tempo, di cui però a volte non sono conosciute sino in fondo le implicazioni. Lo splendido editoriale di Hensinger ci aiuta a comprenderne tutta l'importanza, non solo per il campo delle deformità vertebrali, bensì per tutta la pediatria ortopedica e, di conseguenza, anche per le implicazioni che ne derivano in riabilitazione. Il lavoro va centellinato e gustato sino alla conclusione dell'autore con una famosa frase dal film "Star Wars" (addirittura!); a noi solo sottolineare l'importanza di sfruttare sino in fondo le forze prodotte dalla crescita per guidarle in senso positivo, tramite un lavoro di correzione non in opposizione, ma in assecondamento e progressivo accompagnamento, quasi come la mossa di un atleta più debole che atterra l'avversario nel judo: è importante ricordare infatti che le forze di crescita sono di gran lunga superiori a tutte quelle che noi possiamo mettere in campo a scopo correttivo.



Estetica per la valutazione, la prognosi e la terapia: l'altro (?) lato della scoliosi

LeBlanc presenta la prosecuzione di un lavoro che avevamo già discusso in passato, circa l'importanza di considerare anche i parametri relativi ai somatotipi nella valutazione prognostica di un paziente scoliotico. Oltre a rimandare al puntuale PdV di Lonstein va notato che questo elemento non è stato sinora molto soppesato nella valutazione del paziente, anche se l'esperienza clinica ha insegnato a tutti noi a considerare più pericolosi certi pazienti anche in base alle loro caratteristiche somatiche: peraltro le elevate percentuali di falsi positivi (34%) e negativi (16%) riscontrate dagli autori con le loro valutazioni dimostrano ancora una volta, se mai ce n'era bisogno, che in questa patologia non è possibile trarre conclusioni prognostiche basandosi solo su un elemento. Infine, per quanto riguarda il merito della maggior pericolosità di certi somatotipi, questo lavoro ed il precedente non autorizzano a concludere se si tratta di un elemento eziopatogenetico, oppure se esso sia associato in qualche modo alle ben note componenti genetiche della scoliosi, oppure ancora se ci sia un qualche aspetto biomeccanico.

Ancora sui problemi estetici, il lavoro di Raso è estremamente interessante per la metodologia applicata, che finisce per dimostrare come troppo spesso la nostra deformazione professionale (caso del chirurgo ortopedico) non ci faccia vedere ciò che è veramente importante per una persona "normale", cioè non coinvolta nel problema scoliosi né personalmente né professionalmente. In questo caso il PdV del nostro Presidente, Paolo Sibilla, sintetizza mirabilmente, anche con l'aiuto di Risser, quanto l'aspetto estetico sia importante per i nostri pazienti. A noi rimane solo da aggiungere che il testo merita di essere letto anche nelle sue tabelle per comprendere a quali parametri estetici venga generalmente data più importanza: purtroppo, essendo applicati punteggi relativi entro la popolazione indagata, questo lavoro non si presta ad offrire punti di riferimento utili per effettuare la valutazione clinica di routine.

Iwahara utilizza la topografia Moiré, un metodo che ha furoreggiato in passato ma di cui negli ultimi anni si sono quasi perse le tracce, per quantificare l'aspetto estetico. Al di là delle possibilità offerte a chi dispone di questo strumento, si noti che gli stessi dati possono essere tranquillamente calcolati da tutti anche su una banale fotografia. Peraltro nello studio non vengono forniti dati circa la ripetibilità intra-esaminatore, che secondo noi può essere cruciale e che suggeriamo caldamente di controllare a chi volesse cimentarsi in questo metodo di valutazione: gli autori hanno comunque trovato e verificato una formula per controllare l'aspetto estetico che è semplice oltre che molto interessante e logica, basandosi su quegli elementi che normalmente si valutano (gibbo, triangolo della taglia ed altezza delle spalle), dopo averli opportunamente normalizzati.

Un commento finale a questa sezione del fascicolo: sicuramente quantificare l'aspetto estetico è uno dei punti cruciali per il trattamento del paziente scoliotico. Non possiamo continuare imperterriti a curare la patologia (valutando la radiografia), trascurando gli effetti che essa ha sul corpo dell'adolescente, effetti che quasi sempre (se non siamo riusciti noi ad indurre storture di pensiero nei nostri pazienti fossilizzando la loro attenzione sui soli gradi Cobb) sono i più importanti per il ragazzo ed i suoi genitori. E' una frontiera della ricerca: trovare un modo ripetibile e preciso per controllare questi aspetto, che vada al di là di tutti i + e – di cui costelliamo le nostre schede cliniche.



Scoliosi e neurofibromatosi

La neurofibromatosi è una patologia poco nota alla maggior parte dei riabilitatori, ma non può restarlo per chi si occupa di scoliosi. Oggettivamente spiace vedere un ragazzino di 17 anni, con una gravissima scoliosi, già visitato in numerosi Centri, alcuni dei quali anche molto rinomati, cui non è stata fatta una valutazione oggi imprescindibile come la Risonanza Magnetica di tutto il canale spinale per diagnosticare eventuali neurinomi, potenzialmente molto gravi se presenti entro il canale spinale, solo perché tutti quanti lo hanno visto non hanno dato importanza all'unica macchia caffè-latte visibile sul dorso e quindi non sono andati a ricercare quelle sugli arti e soprattutto sotto le ascelle che avrebbero permesso di far diagnosi. Ebbene, la revisione bella e completa di Kim serve anche a questo. "Ogni scoliosi è idiopatica sino a prova contraria": vero, però le prove contrarie vanno ricercate sistematicamente alla prima visita e l'occhio va allenato in modo che non si perda la capacità del dubbio che sola può portare alla diagnosi. Questo articolo, insieme ad altri già pubblicati in passato e che pubblicheremo in futuro, sulle scoliosi secondarie che quasi sempre non hanno una soluzione riabilitativa, ma solo chirurgica, servono a tutti quanti si occupano di scoliosi, perché se il sospetto non viene al medico, può venire al tecnico attento, sia esso ortopedico o terapista o chinesiologo, che ha in cura il paziente.



Mini-dossier sulla stenosi spinale lombare

Con il contributo di Fritz si apre un'intera sezione del fascicolo che si occupa di una patologia specifica, riconosciuta sempre più negli ultimi anni come causa determinante di una serie di disturbi di origine lombare e che merita di essere meglio conosciuta da chi non si occupa strettamente di chirurgia. Il lavoro riabilitativo è infatti qui molto difficile e spesso aleatorio, basato tuttora più su ipotesi di lavoro che su realtà cliniche. Questo contributo si deve proprio ad un riabilitatore ed è stato pubblicato come Review della letteratura su Archives of Physical Medicine and Rehabilitation. Ad esso si accompagna il PdV del Prof. Franco Postacchini, che ci onora nuovamente di un suo parere, e lo fa con la solita ampia competenza (d'altra parte è Past President dell'International Society for the Study of the Lumbar Spine) e non senza qualche critica all'autore del testo pubblicato. Le sue puntualizzazioni permettono però di ancor meglio comprendere i pregi ed i difetti di questo lavoro, che viene appunto da un riabilitatore che in questo settore specifico potrà solo a fatica raggiungere le vette di conoscenza anatomo-patologica tipiche di chi opera quasi quotidianamente questa condizione, anche se lo sforzo è doveroso e fondamentale se, come entrambi gli autori sottolineano efficacemente, vorremo trovare una soluzione anche non chirurgica per i casi meno gravi. Proprio sul trattamento conservativo l'articolo riporta alcuni risultati in letteratura, ma ulteriori approfondimenti sono assolutamente necessari.

Il lavoro di Guigui ci offre un altro contributo finalizzato soprattutto alla miglior comprensione della patologia stenosi spinale, con in Tabella 1 un sistema di punteggio (di Beaujon) per la valutazione del deficit motorio che può essere utile per valutare l'efficacia del trattamento in caso di stenosi spinale sintomatica. Pensiamo che questa scala possa essere una prima proposta valida su cui ulteriormente lavorare, ma che si possa già prestare ad un uso clinico anche riabilitativo.

Viceversa il lavoro di Hurri ci riporta pesantemente al versante riabilitativo, cercando di rispondere ad un quesito fondamentale: a lunga distanza è meglio operare o non operare ? Come gli autori fanno onestamente notare in discussione, non è questo il progetto di studio corretto per trarre una conclusione definitiva, in quanto non è randomizzato e quindi vi potrebbe essere stata una polarizzazione che ha condotto i pazienti più gravi verso l'intervento e/o quelli più motivati ad un auto-guarigione verso il non intervento. D'altra parte il fatto che i risultati non siano migliori in caso di intervento deve da un lato indurre a riflessioni e dall'altro obbliga moralmente i chirurghi a verificare sperimentalmente che valga la pena veramente intervenire: certamente non è vero il contrario, in quanto il trattamento più pesante e costoso e che deve dimostrare di essere efficace prima di essere applicato è quello chirurgico e non quello conservativo. Un'ultima annotazione sempre dalla discussione: di certo le tecniche cruente sono migliori oggi, ma altrettanto certamente (aggiungiamo noi) sono più costose.



I misteri dell'instabilità vertebrale, gli esercizi di stabilizzazione e quelli di miglioramento del controllo neuro-motorio del rachide

Da una patologia specifica causa di mal di schiena ad un'altra di estremo interesse: l'instabilità vertebrale. E' ancora Fritz che ci introduce con una revisione molto valida, sulla quale è importante sottolineare quanto presentato inizialmente dall'autore: la diagnosi stessa di insatiblità è molto difficile, in quanto i criteri che permettono di stabilirla sono molto incerti. D'altra parte, da cultori della riabilitazione, ci appare completamente condivisibile l'approfondimento dei sottosistemi di controllo, che portano a giustificare la presenza di una instabilità che va al di là di quella classica, di tipo osteo-legamentoso, dovuta al sottosistema di controllo passivo del movimento. Personalmente da qualche anno proponiamo, in pratica sulla base di considerazioni analoghe a quelle dell'autore, sia pure mai formalizzate e dettagliate così finemente, l'esistenza di una instabilità "legamentosa" e di un'altra "neuro-muscolare": la prima trova la diagnosi classica radiografica, la seconda viene verificata sulla base di una serie di dati clinico-anamnestici che dimostrano una difficoltà del rachide ad affrontare qualunque tipo di movimento, con viceversa una completa asintomaticità in tutte le condizioni di riposo. La prima instabilità (se non è troppo grave) si può giovare di una supplenza neuro-muscolare che, se non trovata, obbliga alla chirurgia; la seconda richiede invece quasi sempre solo un trattamento conservativo, pur assistendosi spesso ad approcci chirurgici francamente non giustificabili. In conclusione, leggete il lavoro che è veramente valido ed educativo.

Come intervenire in caso di instabilità? Stabilizzando, ovviamente. Tutti i tre lavori successivi si occupano di questo problema in termini di esercizi riabilitativi, sia pure solo il primo interessandosi direttamente di instabilità (anche se è tutto da vedere se le spondilolistesi - ed ancor di più le spondilolisi - siano sempre veramente delle condizioni di instabilità: come possono infatti esserlo se non ci sono movimenti patologici alle radiografie dinamiche e se il paziente riferisce di stare bene in movimento e male da fermo, come avviene nella maggior parte dei casi ?). Superando però questo fondamentale quesito sulla popolazione studiata, il contributo di O'Sullivan è molto interessante: esso si basa sulle ipotesi di una scuola di recente nascita che propone un ruolo fondamentale stabilizzante del rachide da parte del multifido, dell'obliquo interno e del trasverso dell'addome. Questa ipotesi si basa su una serie di considerazioni teoriche e di verifiche sperimentali che in parte vengono riviste nell'introduzione e nella discussione. Personalmente continuiamo a ritenere che nel cervello umano siano scritte le funzioni e non i muscoli (così ben tratteggiati invece nella mente di alcuni riabilitatori): ecco quindi che forse negli esercizi effettuati dagli autori non sono importanti i primi (di rinforzo), ma i secondi (di controllo posturale e neuro-motorio). Come infatti sottolineato da Fritz nell'articolo precedente il sottosistema attivo dipende strettamente dal sottosistema neuro-motorio e non è altro che un effettore. Quindi, anche nel caso di questi ottimi risultati clinici, possiamo concludere come sempre sull'efficacia di quanto fatto e non delle teorie sottese, che potrebbero essere solo una delle spiegazioni possibili.

Estremamente istruttivo e molto pratico, sia pure senza offrire direttamente degli eserciziari, il lavoro di Stevans. Vengono infatti offerti qui una serie di strumenti, spiegati in teoria ma anche nelle prassi applicative, molto utili per programmare una riabilitazione neuromotoria del rachide lombare. L'autore sottolinea ottimamente in conclusione che "vi sono prove che, oltre all'esercizio fisico, bisogna tendere al controllo del movimento" e che "ricorrendo a queste strategie accertate per l'apprendimento motorio possiamo accellerare" questo processo di acquisizione di capacità. Fortemente consigliato.

Infine utile sia per il contenuto che per una questione di metodo il lavoro di Luoto, corredato dall'ottimo PdV di Snijders. L'aspetto di contenuto è un'ulteriore conferma dell'importanza della componente neuromotoria della riabilitazione vertebrale, che qui trova anche una dimostrazione in termini di riduzione delle prestazioni nei pazienti che non hanno avuto risultato con una riabilitazione intensiva. La questione di metodo è invece legata al modo di procedere che gli autori dimostrano: hanno ipotizzato che il controllo neuro-motorio possa essere importante per i lombalgici, allora hanno prodotto un test di verifica e quindi hanno applicato il test per controllare l'efficacia di un trattamento riabilitativo che puntava anche all'allenamento di questa funzione. Questo è il metodo da seguire per chiunque proponga una tecnica o una metodica riabilitativa: laddove non esistono test per dimostrare quanto si afferma di ottenere, ci si deve adoperare per produrne di validi ed accettabili dalla comunità scientifica, li si deve valutare in termini di attendibilità e quindi si devono verificare i risultati ottenuti con questi test. Attendiamo al varco i cultori delle più svariate scuole riabilitative, ma ancor di più i loro ideatori, siano essi transalpini o anglosassoni o italiani.



Miscellanea: dall'inutilità della palpazione, alle classificazioni, alla religiosità al posto della scientificità, sino ai consigli per l'allenamento ed il mantenimento della forma fisica

E' ora che la smettiamo di dare importanza alla palpazione nella valutazione del paziente rachialgico, almeno altrettanto quanto è ora che la smettiamo di fare diagnosi che hanno solo un valore soggettivo, dove per soggettivo si intende il medico che fa la diagnosi e non il paziente che la subisce. Certamente questa nostra affermazione perentoria farà fare un salto sulla sedia a più di un tranquillo lettore di questi nostri appunti. Ma la violenza (per lo meno quella verbale) ha spesso un valore socraticamente ermeneutico che si intende sollecitare in questo caso. Notate che il lavoro di Troyanovich che ci offre lo spunto è stato scritto da un chiropratico, selezionato da un Editorial Board di chiropratici e pubblicato su una Rivista indicizzata per chiropratici dal significativo titolo di "Giornale di Terapia Manipolativa e Fisiologica". D'altra parte il magistrale (come se fosse una novità!) PdV di Boccardi non lascia scampo. Allora nella attenta lettura, fortemente consigliata, di queste pagine, pensiamo che possa essere utile sollecitare ulteriormente a riflettere sui nostri usi e costumi medico/fiosterapeutico/riabilitativi contrapposti ai dati della letteratura, nella consapevolezza che la "tragedia della scienza si trova in quante splendide ipotesi sono state rovinate da pochi spregevoli fatti". Sinché non si troveranno spregevoli fatti che testimonieranno che la palpazione serve, o che le diagnosi effettuate sono ripetibili tra medici diversi, di scuole e specialità differenti, nessuno di noi sarà autorizzato a spacciare per certezze quelle presunzioni che potrà (e peraltro dovrà) trarre a scopi clinici e terapeutici quotidiani. Quindi palpiamo pure, facciamoci pure delle idee diagnostiche, ma conserviamo la coscienza che questo vale per noi e solo per noi, quindi non ingeneriamo confusione nel paziente, non rendiamogli difficile la guarigione comunicandogli delle certezze solo nostre che il primo collega che lo vedrà in seguito, o il primo terapista che lo tratterà su nostra prescrizione sarà pronto a confutare sulla base di teorie fallaci almeno altrettanto (e raramente di più) delle nostre. Questo non vuol dire che l'aforisma "primo: far diagnosi" sia scorretto, vuol solo dire che la visita medica, assolutamente necessaria prima di qualunque trattamento, deve mirare in primo luogo ad escludere le patologie gravi, in secondo luogo a verificare se esistono alcune patologie come quelle sopra tratteggiate (canale stretto, instabilità vertebrale) che controindicano l'applicazione di alcune tecniche riabilitative ed impongono dei limiti ben precisi, e quindi, se tutto questo non è, non si deve appiccicare al paziente quelle "etichette" stigmatizzate da Nachmeson, che noi chiamiamo diagnosi pur non essendolo, che fanno bene solo al medico e non al paziente

Continua il lavoro di Riddle per cui rimandiamo alle considerazioni proposte nell'ultimo fascicolo, ricordando che il valore educativo ed informativo di questo contributo è notevole.

Un altro articolo importante di questo nostro volume è ad opera di Rothstein. In questo lavoro si fa riferimento a due articoli pubblicati dalla stessa rivista Physical Therapy (nel 1994 e 1999). Per apprezzare l'editoriale non è però necessario disporre degli articoli, che peraltro trattano di problemi articolari e quindi non relativi al rachide. Il tema è però quello solito, della necessità per alcuni di credere fermamente in autori che si connotano come il verbo di una religione, con il bisogno quindi di difendere una fede e non la realtà clinica quotidiana. Questo caso è estremamente interessante, anche perché riguarda una scuola (quella di Cyriax) su cui noi italiani siamo abbastanza neutrali (suggerirei però di leggere il tutto rendendolo più piccante sostituendo il nome di questo autore con quello di altri a noi più noti); nel 1994 Physical Therapy pubblicò un lavoro che confutava alcune "splendide ipotesi" di Cyriax con "pochi spregevoli fatti" (ancora l'eterna "tragedia della scienza"): i discepoli insorsero e ne seguì una polemica verbale e scritta; nel 1999 Physical Therapy pubblica una confutazione del lavoro del 1994, che però si basa su una rivisitazione e riammodernamento delle teorie di Cyriax da parte degli autori. In pratica, al primo lavoro (scientifico), corrisponde una risposta (scientifica) che di fatto provoca un miglioramento della teoria iniziale, in quanto ne corregge alcuni elementi evidentemente scorretti e che giustificavano il primo lavoro. Chi ha ragione ?: entrambi i ricercatori, ma certamente non i discepoli. Così si deve procedere se si vuole restare nell'ambito della scienza; ovviamente è diverso se il problema è di tipo religioso.

L'articolo ad opera di Pollock propone in realtà le raccomandazioni ufficiali dell'American College of Sports Medicine, forse la più prestigiosa Società del settore; che rivede cosa si deve fare per sviluppare e mantenere la forma fisica nei suoi due aspetti, cardiorespiratoria e muscolare (sia forza che elasticità). Vengono offerti tutti i consigli pratici completamente quantificati, insieme alle relative basi scientifiche. Nella nostra versione non presentiamo, se non estremamente riassunti, i dati circa la forma cardio-vascolare, meno importanti per la riabilitazione vertebrale. Sicuramente un altro lavoro da non perdere per tutti coloro che si occupano di attività fisica a scopo sia ricreativo che riabilitativo.



"Pagine Verdi" tutte sugli esercizi: l'eterno problema dello psoas, la scoliosi cervico-toracica e rinforzo/stretching

L'ileo-psoas da anni costituisce un tormentone per chi si occupa di attività fisica, sia essa a scopo ricreativo o riabilitativo. Nella forsennata demonizzazione dell'iperlordosi che per anni ha caratterizzato la riabilitazione vertebrale, questo problema è stato ancor più esaltato. Ecco un lavoro di Juker che rivede in dettaglio una gran quantità di esercizi di comune applicazione quotidiana nei loro effetti sulla muscolatura addominale e naturalmente sullo psoas. Consigliamo a tutti gli interessati, al di là della lettura del testo, che riassume efficacemente i risultati, di seguire con certosina pazienza i dati delle due tabelle con accanto la Figura 1, che illustra gli esercizi testati, e di considerare con attenzione le figure 3, 4 e 5: le sorprese, certamente utili, non mancheranno !

Truchi ci introduce ad un argomento ostico e poco noto: la riabilitazione della scoliosi cervico-toracica. Questa forma di deformità non è molto frequente e sono quindi pochi quanti sanno come approcciarla. Con dovizia di particolari anche pratici, secondo una impostazione classica e corretta, il fisioterapista ci guida per mano nell'approfondimento di questo trattamento.

Infine si conclude il contributo di Liebenson sulle tecniche di stiramento auto-applicate o con il contributo esterno tramite resistenza manuale. Molto pratico e corredato da un'ottima e completa iconografia.

Prima di augurarvi buona ripresa del lavoro a settembre, un'ultima raccomandazione per le quadrimestrali fatiche del nostro Carlo Trevisan, che riassume ottimamente, raggruppati per capitoli, alcuni dei temi più interessanti trattati in letteratura nell'ultimo anno e che non hanno trovato spazio tra i nostri riassunti principali. La lettura è fortemente consigliata !

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del II fascicolo 1999

  1. La sfida della crescita: la quarta dimensione della cura pediatrica
  2. Estratto da: Hensinger RN. Editorial. The Challange of Growth: The Fourth Dimension of Pediatric Care. Journal of Pediatric Orthopaedics 1998: 18(2); 141-4 (Referenze Bibliografiche n. 36).

     

  3. Discriminazione morfologica fra i soggetti sani ed i pazienti portatori di scoliosi idiopatica dell'adolescente evolutiva e non evolutiva
  4. Estratto da: LeBlanc R, Labelle H, Forest F, Poitras B. Morphologic Discrimination Among Healthy Subjects and Patients With Progressive and Nonprogressive Adolescent Idiopathic Scoliosis. Spine 1998: 23(10); 1109-16 (Referenze Bibliografiche n. 28).

     

  5. Deformazione del tronco nella scoliosi idiopatica degli adolescenti
  6. Estratto da: Raso VJ, Lou E, Hill DL, Mahood JK, Moreau MJ, Durdle NG. Trunk Distortion in Adolescent Idiopatic Scoliosis. Journal of Pediatric Orthopaedics 1998: 18(2); 222-6 (Referenze Bibliografiche n. 4).

     

  7. Quantificazione dell'aspetto estetico nei pazienti adolescenti affetti da scoliosi idiopatica
  8. Estratto da: Iwahara T, Imai M, Atsuta Y. Quantification of cosmesis for patients affected by adolescent idiopathic scoliosis. European Spine Journal 1998: 7(1): 12-5 (Referenze Bibliografiche n. 11).

     

  9. La cura della scoliosi in presenza di neurofibromatosi
  10. Estratto da: Kim HW, Weinstein SL. Spine Update. The Management of Scoliosis in Neurofibromatosis. Spine 1997: 22(23); 2770-6 (Referenze Bibliografiche n. 25).

     

  11. Stenosi spinale lombare: una panoramica delle concezioni attuali nell'ambito della valutazione, della gestione e della misurazione dei risultati
  12. Estratto da: Fritz JM, Delitto A, Welch WC, Erhard RE. Lumbar Spinal Stenosis: A Review of Current Concepts in Evaluation, Management, and Outcome Measurements. Arch Phys Med Rehabil 1998: 79;700-8 (Referenze Bibliografiche n. 124).

     

  13. Deficit motorio nella stenosi spinale lombare: uno studio retrospettivo su una serie di 50 pazienti
  14. Estratto da: Guigui P, Benoist M, Delecourt C, Delhoume J, Deburge A. Motor Deficit in Lumbar Spinal Spenosis: A Retrospective Study of a Series of 50 Patients. Journal of Spinal Disorders 1998: 11(4);283-8 (Referenze Bibliografiche n. 42).

     

  15. Stenosi spinale lombare: verifica del risultato a lungo termine 12 anni dopo il trattamento chirurgico e conservativo
  16. Estratto da: Hurri H, Slätis P, Soini J, Tallroth K, Alaranta H, Laine T, Heliövaara M. Lumbar Spinal Stenosis: Assessment of Long-Term Outcome 12 Years After Operative and Conservative Treatment. Journal of Spinal Disorders 1998: 11(2); 110-5 (Referenze Bibliografiche n. 25).

     

  17. Instabilità vertebrale segmentale lombare
  18. Estratto da: Fritz JM, Erhard RE, Hagen BF. Segmental Instability of the Lumbar Spine. Physical Therapy 1998: 78(8); 889-96 (Referenze Bibliografiche n. 82).

     

  19. Valutazione di esercizi specifici di stabilizzazione nel trattamento della lombalgia cronica con diagnosi radiologica di spondilolisi o spondilolistesi
  20. Estratto da: O'Sullivan PB, Twomey LT, Allison GT. Evaluation of Specific Stabilizing Exercise in the Treatment of Chronic Low Back Pain With Radiologic Diagnosis of Spondylolysis or Spondylolisthesis. Spine 1997: 22(24); 2959-67 (Referenze Bibliografiche n. 65).

     

  21. Strategie per l'acquisizione di abilità motorie ai fini della riabilitazione del tratto lombare
  22. Estratto da: Stevans J, Green K. Motor Skill Acquisition Strategies for Rehabilitation of Low Back Pain. JOSPT 1998: 28(3); 165-7 (Referenze Bibliografiche n. 23).

     

  23. Controllo posturale in appoggio su un piede e su due piedi con fattori di disturbo esterni nei pazienti con lombalgia cronica e nei soggetti di controllo sani
  24. Estratto da: Luoto S, Aalto H, Taimela S, Hurri H, Pyykkö I, Alaranta H. One-Footed and Externally Disturbed Two-Footed Postural Control in Patients With Chronic Low Back Pain and Healthy Control Subjects. A Controlled Study With Follow-Up. Spine 1998: 23(19); 2081-90 (Referenze Bibliografiche n. 26).

     

  25. La palpazione del movimento: è tempo di accettare l'evidenza
  26. Estratto da: Troyanovich SJ, Harrison DD, Harrison DE. Motion Palpation: It's Time to Accept the Evidence. Journal of Manipulative and Physiological Therapeutics 1998: 21(8); 568-71 (Referenze Bibliografiche n. 34).

     

  27. Classificazione e lombalgia: un compendio della letteratura ed un'analisi critica dei sistemi selezionati (IIa parte)
  28. Estratto da: Riddle DL. Classification and Low Back Pain: A review of the Literature and Critical Analyis af Selected Systems. Physical Therapy 1998: 78(7); 708-37 (Referenze Bibliografiche n. 93).

     

  29. Discepoli, semidei e dati
  30. Estratto da: Rothstein JM. Disciples, Demigods, and Data. Physical Therapy 1998: 78(10); 1044-5.

     

  31. La quantità e la qualità consigliata di esercizi per sviluppare e mantenere la forma cardiorespiratoria e muscolare e la flessibilità negli adulti sani
  32. Estratto da: Pollock ML, Gaesser GA, Butcher JD, Deprés JP, Dishman RK, Franklin BA, Garber CE. The Recommended Quantity and Quality of Exercise for Developing and Maintaining Cardiorespiratory and Muscular Fitness, and Flexibility in Healthy Adults. Medicine & Science in Sports & Exercise 1998: 30(6); 975-91 (Referenze Bibliografiche n. 262).

     

    TECNICA:

  33. Attività mioelettrica intramuscolare quantitativa della sezione lombare dello psoas e della parete addominale durante una vasta gamma di prove
  34. Estratto da: Juker D, McGill S, Kropf P, Steffen T. Quantitative intramuscular myoelectric activity of lumbar portions of psoas and the abdominal wall during a wide variety of tasks. Medicine & Science in Sports & Exercise 1998: 30(2); 301-10.

     

  35. Riabilitazione dalla scoliosi cervico-toracica
  36. Estratto da: Truchi P. Réeducation del la scoliose cervico-thoracique (SCT). XXVI Congrés du G.K.T.S., Nancy, 1998

     

  37. Tecniche di resistenza manuale e autostiramento per migliorare la flessibilità e la mobilità (IIa parte)
Estratto da: Liebenson C. Manual Resistence Techniques and Self-Stretches for Improving Flexibility/Mobility. In Rehabilitation of The Spine. A Practitioners's Manual. (Liebenson C, ed), pp 253-92, Williams & Wilkins, Baltimore, USA, 1996

Estratto da: Golladay GJ, Kirschenbaum IH, Matthews LS, Biermann JS. Current Concepts Review. Internet Resources for Orthopaedic Surgeons. The Journal of Bone and Joint Surgery 1998: 80-A(10);1525-32.


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