bordo Gruppo di Studio della Scoliosi e delle patologie vertebrali. bordo Vuoi ricevere GRATIS
le GSS News?
Leggi qui!.
Vuoi diventare Socio
del Gruppo di Studio?
Ecco come fare

Home Page

Novità

Mappa

GSS Online

Scrivici

Sezione del sito: Home Page > Pubblicazioni > Fascicoli

Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del I fascicolo 1999


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Boccardi e Manniche

Scoliosi idiopatica: eziologia e patogenesi tra genetica, muscoli, sistema nervoso centrale, vista ed oculomotricità, biomeccanica
Test per la lombalgia: psicologici ma anche fisici
Classificare i pazienti affetti da lombalgia per capire e curare meglio
Studi clinici di efficacia
L'attività fisica che ognuno di noi effettua dipende esclusivamente da una predisposizione genetica ed è regolata da un centro cerebrale apposito? Di certo già in pubertà apporta benefici alle ossa
Esercizi: farli sulla base di validi fondamenti scientifici e non della "ragionevolezza", che non sempre è corretta; farli precocemente dopo discectomia
La trazione continua non serve
Internet in Ortopedia
Le nostre sezioni dedicate: "Pagine Verdi" ed "In breve dalla letteratura"
Indice



27 riviste da rivedere, per un totale di 186 fascicoli e 1063 articoli, nonché 5 nuovi testi acquistati nell'ultimo anno: questo il lavoro monumentale di revisione che tutti gli anni si affronta per offrire ai Soci il materiale selezionato che trovate nei nostri aggiornamenti quadrimestrali. Il lavoro aumenta di anno in anno e quindi abbiamo voluto verificare come il nostro comitato di lettura ha proceduto per scegliere i 70 articoli che verranno riassunti nel '99 e che, purtroppo, non troveranno posto nel materiale forzatamente contingentato da esigenze di peso per la spedizione postale (anche se già nel '98 i fondi disponibili a fine anno hanno reso possibile fare un ultimo fascicolo più "pesante", al punto che qualcuno si è addirittura lamentato perché non restava chiuso!). La prima selezione, effettuata rivedendo tutti gli abstract dei summenzionati 1063 articoli ci ha portato a sceglierne 530: questi sono stati rivisti divisi per argomento (scoliosi e deformità vertebrali, altre patologie del rachide, tecnica, editoriali) e con fatica se ne sono scartati altri per arrivare a 246. Abbiamo quindi valutato il testo in toto degli articoli ed ogni membro del comitato di lettura ha dato un voto, che ha permesso di dividere tutti i lavori in 5 "categorie di merito": categoria A: 44 lavori, B: 45, C: 27, D: 58, E: 72. Tenendo presente che in realtà già tutti questi lavori erano difficilmente scartabili, le categorie C, D ed E sono state riviste per ripescare gli articoli "irrinunciabili" anche in base agli argomenti che risultavano prevalenti nelle categorie A e B o che risultavano purtroppo assenti in modo non accettabile. L'ultima selezione si è infine basata proprio sugli argomenti, in modo tale da offrire una certa completezza con più articoli tra loro raggruppabili, che sono stati divisi tra i fascicoli così da conservare un certo equilibrio generale all'interno di ogni fascicolo tra temi trattati e tipologia degli articoli. I lavori scartati non lo sono comunque in modo definitivo, in quanto diventano oggetto degli "In breve dalla letteratura" pubblicati in ogni fascicolo e delle Newsletter inviate trimestralmente a quanti sono iscritti via Internet a gss online. Chi ha avuto la pazienza di navigare in mezzo a tutti questi numeri ha ora un quadro esatto delle nostre fatiche di inizio anno che purtroppo fanno spesso sì che ci sia un ritardo nell'invio del primo fascicolo. Passiamo però ora ai contenuti.



Scoliosi idiopatica: eziologia e patogenesi tra genetica, muscoli, sistema nervoso centrale, vista ed oculomotricità, biomeccanica

Il lavoro di Inoue verifica ancora una volta l'importanza della componente genetica nell'origine della scoliosi, ponendo a confronto i gemelli mono- e di-zigoti (ossia derivanti dalla divisione del medesimo oocita fecondato o da due cellule uovo fecondate contemporaneamente) quanto a concordanza di scoliosi. Nei gemelli monozigoti la scoliosi è più frequente e più spesso analoga per caratteristiche cliniche. Buona la metanalisi fatta in sede di discussione, dove viene anche posta in dubbio l'ipotesi che il dorso piatto sia correlato con la scoliosi, ma sulla base di dati francamente meno fondati rispetto a quelli ad oggi presentati (ma varrà la pena cercare ulteriori conferme).

Particolare importanza per la cinesiterapia riveste il lavoro di Mannion. L'autrice dimostra l'esistenza di un maggior numero di fibre muscolari bianche, di tipo fasico, nel soggetto scoliotico rispetto al normale, con una prevalenza del fenomeno dal lato della concavità della curva. Per gli autori questa situazione non ha un ruolo causale, ma è una conseguenza dello sviluppo della deformità. Certamente sono possibili, da questo punto di vista, ipotesi differenti, ma altrettanto certamente risulta confortata l'altra ipotesi, da noi sostenuta da tempo, di procedere ad un rinforzo di tipo tonico (corrispondente alla funzione prevalente che la muscolatura del rachide ha normalmente) nel soggetto scoliotico, oltretutto in modo il più possibile simmetrico visto che la conversione delle fibre avviene anche dal lato della convessità. Si noti poi come gli autori dimostrino che proprio di conversione delle fibre si tratti, analizzando le varie popolazioni di fibre intermedie. Certamente un rinforzo in isometrica ed eccentrica per lo meno contrasta questa evoluzione, se di evoluzione si tratta.

La scoliosi ha origine dal sistema nervoso centrale? Si tratta di una sola patologia o, come la maggior parte degli autori sostiene, di una condizione multifattoriale? A questi quesiti si rivolge lo studio di Cheng, che dimostra una alterazione dei potenziali evocati somato-sensoriali in un gruppo di pazienti affetti da scoliosi idiopatica, che di conseguenza avrebbero una lesione a livello delle vie di conduzione degli stimoli dalla periferia al cervello. Gli autori sostengono l'ipotesi eziopatogenetica per queste alterazioni, come del resto fanno la maggior parte degli autori e noi con loro: rimane ovvio, come per il lavoro di Mannion appena rivisto, che non è possibile solo sulla base di questi studi dimostrare un reale rapporto di causa-effetto, in quanto potrebbe solo trattarsi di conseguenze dell'evoluzione della patologia. Un'altra ipotesi affacciata in questo lavoro e che condividiamo in pieno è che probabilmente la scoliosi è una sindrome frusta di più patologie diverse: qui viene identificata la popolazione con alterazione dei PESS, che però non è comune a tutto il gruppo indagato. In altri soggetti dello stesso gruppo la lesione originale è probabilmente diversa, ma la scoliosi rappresenta la via finale comune di espressione di lesioni anche diverse che non presentano però altri aspetti clinici.

Catanzariti ci porta alcuni nuovi dati interessanti sul ruolo sia della vista in assoluto sia dell'oculomotricità nel paziente affetto da scoliosi idiopatica. Si rileva infatti che gli ipovedenti, diversamente da quanto da anni ha dimostrato Dubousset con i ciechi congeniti (privi di scoliosi) soffrono di più di questa deformità del rachide. Inoltre nei pazienti scoliotici ci sono in maggior quantità disturbi dell'oculomotricità. Anche qui verrebbe quindi ad essere confermato un ruolo della vista nell'ambito del sistema di controllo neuromotorio della postura e del movimento. Il cieco non ha scoliosi perché non compensa? Chi ha disturbi della vista ha più scoliosi perché compensa male? Ipotesi plausibili. In questo lavoro risulta bella, interessante e completa anche la revisione della letteratura, mentre è rigorosa l'impostazione teorica di fondo. Per chi si interessa di scoliosi è quindi una lettura educativa che conferma ancora che nel paziente scoliotico è importante effettuare un lavoro di miglioramento del controllo oculo-motorio e dell'equilibrio.

Chiude questa sezione eziopatogenetica con ampie implicazioni pratiche sulla deformità scoliotica un lavoro di Murray che presenta un modello biomeccanico di comparsa della scoliosi di un discreto interesse. Il modello è stato infatti costruito ipotizzando un allungamento del muro anteriore (ossia una maggiore altezza anteriore delle vertebre, con un processo di progressiva estensione del rachide) rispetto a quello posteriore che provoca la comparsa nel modello di una deformità tridimensionale esattamente analoga a quello della scoliosi idiopatica. E' interessante come l'autore usi qui il termine "via finale comune" per indicare che la biomeccanica gioca sicuramente un ruolo fondamentale nella patogenesi ma probabilmente successivo ad altri elementi eziologici tutti da determinare ma probabilmente non di tipo meccanico. Pur non essendo quindi un lavoro che dimostra che la lordosi provoca la scoliosi, di fatto porta ipotesi analoghe pur muovendosi in un ambito di rachide in toto e non segmentario (ed anche questo è un pregio).



Test per la lombalgia: psicologici ma anche fisici

Prima di acquisire nuove informazioni sul noto rapporto tra psiche e disturbi del rachide, una veloce notizia da cogliere da parte di Walsh sul decennio 2000-2010 dedicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità ad ossa ed articolazioni: in questo periodo quindi dovremmo assistere ad ulteriori sviluppi per noi molto interessanti.

Grevitt sottolinea in un articolo sulla chirurgia, ma di fatto tranquillamente estensibile anche ad altre specialità, come l'impressione iniziale sull'importanza delle componenti psicologiche nei disturbi del paziente sia nella maggior parte dei casi quanto meno inesatta, se non addirittura scorretta. La conclusione ovvia è che sono fondamentali i test psicologici nell'uso di routine in clinica. Questo vale soprattutto laddove si debba fare un intervento squisitamente meccanico, come soprattutto in chirurgia, ma anche tutto sommato in medicina manuale, certamente meno in un ambiente strettamente riabilitativo, dove si deve sempre e comunque lavorare anche sulla psiche del paziente per favorire una riabilitazione che è fondamentalmente un processo di ripresa individuale, prima di tutto motivazionale, favorita dalle tecniche poste in atto per recuperare le possibilità fisiche. Un'ultima annotazione, forse un po' polemica: oramai è più di un decennio che si sostiene, sempre con maggior forza, che uno screening psicologico è fondamentale prima di un intervento al rachide per evitare di commettere errori, ma quanti lo fanno?

Simmonds discute una batteria di test sulla disabilità di rapida somministrazione (20 minuti) i cui risultati sono correlati a quelli dei questionari più noti, pur non essendo sovrapponibili. Secondo noi potrebbero essere concretamente presi in considerazione da tutti quanti vogliono fare un lavoro serio di riabilitazione della disabilità. Un lavoro dai riscontri molto pratici ed immediati per una vera valutazione funzionale del lombalgico.



Classificare i pazienti affetti da lombalgia per capire e curare meglio

Inizia un lavoro fondamentale e monumentale che ci accompagnerà tutto l'anno ad opera di Riddle sulle classificazioni del paziente lombalgico scelte in base all'interesse per i riabilitatori. Troviamo qui l'introduzione al lavoro, con una descrizione dei sistemi di classificazione considerati e di un'altra serie di sistemi di uso meno comune o comunque di minor interesse riabilitativo, con alcune considerazioni teoriche sulla necessità di classificare e con una iniziale chiarificazione di metodologia delle classificazioni. In uno dei passaggi si discute anche l'importanza di arrivare a classificare correttamente per capire adeguatamente i fenomeni e per procedere ad una ricerca meno generale su tutti i pazienti lombalgici e più finalizzata ad alcune categorie di pazienti. Pensate infatti a come alcune pratiche riabilitative si sono dimostrate utili nella clinica quotidiana solo per alcuni pazienti e non per altri: queste potranno rivelarsi tali anche per la ricerca sulla base di studi clinici randomizzati, che non considerino una generalità di pazienti lombalgici, ma classifichino piuttosto secondo categorie che permettono di individuare come una popolazione separata i pazienti su cui il trattamento è efficace.



Studi clinici di efficacia

Loisel dimostra efficacemente e con buone basi scientifiche l'importanza di accompagnare la cinesiterapia con interventi di tipo occupazionale. Risulta infatti che la terapia classica da sola e quella occupazionale da sola sono meno efficaci di un intervento combinato. Questo dimostra ancora una volta che anche il singolo operatore che si occupa di riabilitazione del lombalgico non può evitare di interessarsi del suo posto di lavoro oltre che dell'ergonomia in generale: come mi diceva una terapista anni fa, non è possibile essere solo dei terapisti-Aspirina (anche perché l'Aspirina costa molto di meno e spesso è ben più efficace sul dolore!), limitandosi quindi ad un intervento antalgico: ci si deve preoccupare anche e soprattutto della prevenzione della ricaduta che è l'elemento forse più importante per il paziente. L'importanza poi della prevenzione diviene ancor più chiara se si pensa che il dolore in ogni caso passa da solo (salvo il 2-3% dei nostri pazienti).

Dal Quebec all'Ontario, ma sempre in Canada, per verificare con Sinclair un approccio moderno alla lombalgia. Il primo fondamentale elemento da considerare è che il punto di vista è qui quello di chi paga le prestazioni e non di chi le eroga. Costoro anni fa avevano effettuato degli studi che sembravano aver dimostrato che la riabilitazione funzionale era efficace e quindi pagavano solo questa sulla base delle prove della letteratura (un po' come si cerca di fare in Italia per i farmaci, divisi in tre fasce, e come probabilmente si finirà per fare anche in riabilitazione). Dopo qualche anno ci si è posti ovviamente il problema di vedere come andavano le cose: in base a questo studio risulta che i costi sono molto più alti di prima e che in termini economici il risultato finale non si giustifica. Quindi, si cambia di nuovo modalità terapeutica, anche se qui non viene detto come. Alcuni commenti si impongono: ve la immaginate una struttura di controllo pubblico in Italia che affronta in un imponente studio scientifico di verifica di efficacia terapeutica di un protocollo come è avvenuto in questo caso? Secondo: la riabilitazione funzionale ad oggi è ritenuta essenziale per il paziente con lombalgia cronica, mentre l'estenderlo a quello con lombalgia acuta, come si è fatto in Ontario, non è probabilmente giustificato: il dolore passa da solo e la miglior riabilitazione funzionale è la ripresa precoce del lavoro ed il decondizionamento del paziente dall'ambiente clinico. Terzo: anche questo studio conferma la necessità di classificare correttamente e di trovare in qualche modo la possibilità di identificare precocemente i pazienti che potrebbero diventare cronici per trattarli in modo più adeguato.



L'attività fisica che ognuno di noi effettua dipende esclusivamente da una predisposizione genetica ed è regolata da un centro cerebrale apposito? Di certo già in pubertà apporta benefici alle ossa

I cultori della riabilitazione devono inevitabilmente diventare anche conoscitori dell'attività fisica in quanto usano il movimento, spesso finalizzato ed estremamente preciso, per ottenere un recupero nel paziente. I due contributi che cominciano con Lauderdale approfondiscono proprio alcune problematiche che non dovrebbero sfuggire al riabilitatore. Un dibattito non a tutti noto, infatti, riguarda quali siano i determinanti dell'attività fisica che ognuno di noi effettua: prevale una componente genetica, quindi predeterminata, o una educativa, quindi migliorabile? Non è assolutamente un dibattito sterile, perché come sempre laddove esiste un determinismo innato non c'è possibilità di variazione né con gli interventi educativi né con scelte volontarie dei pazienti. Sembrerebbe un controsenso, eppure è stato anche autorevolmente proposto in letteratura, come si evince dalla discussione di questo lavoro, che proprio quell'attività fisica che noi così spesso proponiamo a scopo preventivo e terapeutico sia regolata esclusivamente dal nostro DNA. In realtà questo studio restituisce parte dell'importanza anche all'ambiente, confermando sia l'ineluttabilità della diatriba che, vivaddio, la possibilità per noi riabilitatori di far qualcosa, ma anche per il paziente stesso di scegliere secondo la propria intelligenza, volontà e cultura.

Interessante è poi l'ipotesi avanzata da Rowland che fa quasi da contraltare a quanto sopra riportato della possibile esistenza di un vero e proprio centro regolatore che determina il bisogno di muoversi o di star fermi. Si tratterebbe di un centro analogo a quello per la sete, per il sonno, per la fame …, un vero e proprio termostato che, in base alle esigenze interne ed esterne all'individuo, reagisce per mantenere l'omeostasi provocando la necessità di muoversi o di riposarsi. L'articolo è molto bello e ben scritto e può certamente costituire una "lettura di piacere" per molti oltre che un'interessante finestra sulla biologia umana.

Il breve contributo di Bass dimostra un dato non a tutti i nostri Soci noto: l'attività fisica è benefica per prevenire l'osteoporosi non solo dopo la menopausa, non solo perché allena la capacità di evitare l'evento traumatico, ma anche perché provoca un chiaro aumento della massa ossea quando effettuata in età giovanile: in questo caso prima della pubertà. Quindi, ancora una volta, facciamo muovere il più possibile i nostri ragazzi (o meglio, le nostre ragazze).



Esercizi: farli sulla base di validi fondamenti scientifici e non della "ragionevolezza", che non sempre è corretta; farli precocemente dopo discectomia

Splendido e da non perdere il lavoro di McGill, anche perché se non tutti lo potranno condividere appieno, di certo affronta senza esagerati preconcetti, anzi con la massima apertura ed una notevole solidità scientifica alcuni punti controversi ed altri addirittura dati per assodati da molti ma probabilmente non a ragione. Si tratta di una revisione della letteratura delle modalità con cui vanno effettuati alcuni esercizi e movimenti per il tratto lombare alla ricerca di un corretto e migliore piano di lavoro. Molto ben impostato nell'introduzione, lo studio cala un poco di livello quando propone una modellistica (per altro originalmente sviluppata dall'autore) che è totalmente teorica e, per quanto valida, altrettanto "ragionevole" e non scientifica delle ipotesi mediche precedentemente criticate. E veniamo ai temi dibattuti: i pesi vanno sollevati piegando le gambe, come tutti consigliamo o flettendo la schiena, come solo alcuni dicono? Qui si afferma su solide basi scientifiche che si può fare in entrambi i modi, purché non si raggiunga la fine dell'articolarità e si mantenga comunque il peso vicino al proprio corpo. Molto interessante poi e condivisibile la presentazione clinica di una instabilità lombare. Ed ancora: inutile flettere le ginocchia nell'esercizio di sit-up (contrazione degli addominali per raggiungere la posizione seduta partendo da supino); non fare la retroversione; va bene migliorare l'articolarità in flesso estensione del rachide, ma quella delle anche è ancor più importante; allenare la muscolatura lombare soprattutto alla resistenza, più che alla forza; fare attività aerobica; cambiare le modalità di effettuazione degli esercizi addominali, perché ogni esercizio stimola muscoli differenti. Da meditare anche i consigli finali.

Le prime tre frasi del lavoro di Kjellby-Wendt, ortopedico a Göteborg in Svezia, sono impressionanti nella loro freddezza numerica e rendono ragione del perché non ci si dovrebbe mai fare operare se non in casi disperati. Meritano di essere lette anche da chi decidesse di perdersi il resto dell'articolo, che secondo noi merita comunque notevole attenzione perché va di nuovo a sfatare alcuni luoghi comuni che vedono nel riposo, nell'attesa prima di procedere alla riabilitazione uno dei capisaldi dopo un intervento al rachide lombare. Lo studio pone a confronto una metodica intensiva di riabilitazione con una più lenta. I risultati sono di una ripresa molto più precoce nei riabilitati intensivamente, pur essendo uguali a distanza a parte il dolore sciatico, anch'esso ridotto rispetto ai controlli. Attenzione però: ai controlli non viene fatto effettuare uno degli esercizi fondamentali dopo chirurgia per ernia discale, vale a dire il sollevamento della gamba tesa per mobilizzare la radice e non consentire la formazione di aderenze (e si sa che questo va fatto il più precocemente possibile); inoltre questo gruppo effettua flessioni ripetute, a differenza dell'altro, ed anche questo potrebbe influire sul risultato. Da leggere anche il PdV di Manniche: si consiglia di non dare una lista di attività proibite, contrariamente ai nostri usi che proprio della proibizione e non dell'incitamento fanno un caposaldo dopo l'intervento. Almeno chi si occupa di riabilitazione dovrebbe cambiare prospettiva e combattere il terrorismo psicologico sin troppo comune.



La trazione continua non serve

Un gruppo di terapisti guidati da Beurskens dimostra una volta di più la non efficacia per le lombalgie della trazione continua. Rimandiamo al magistrale PdV di Boccardi, riservandoci solo alcune, poche e sintetiche considerazioni. Primo: anche i terapisti possono fare ricerca e farla bene, senza preconcetti; secondo: un loro studio preliminare aveva dimostrato che la trazione era efficace ma, nello studio definitivo, questo risultato è stato smentito; terzo: se un giorno dovessimo essere in grado di classificare correttamente la lombalgia questi lavori dovrebbero essere rifatti e potrebbero ribaltarsi i risultati in qualche sottogruppo di pazienti; quarto: come la mettiamo con le altre terapie fisiche, caratterizzate dall'assioma "tanto non fanno male", che inevitabilmente ci fa chiedere come facciano a far bene?



Internet in Ortopedia

Da non perdere per chi possiede già un collegamento ad Internet il lavoro completo ed approfondito di Golladay. Chi invece deve ancora cominciare a collegarsi alla rete trova una sistematica introduzione generale e una serie di suggerimenti che non possono che essere ben graditi. Questo lavoro trova spazio perché Internet è sempre più una delle autostrade dell'aggiornamento, come il Gruppo di Studio ha da qualche anno intuito e come dimostra attraverso il suo sito: con 300 pagine (di cui 70 in esclusiva per i Soci) e più di 600 figure, è un libro dinamico in continua evoluzione, che è stato aggiornato 45 volte solo nel corso dell'ultimo anno. Non è però solo un esempio di quantità, ma soprattutto di qualità: come ha sottolineato il numero di marzo di "Le Scienze" (edizione italiana di Scientific American), il sito del Gruppo di Studio ("Un supersito per la scoliosi") è stato "classificato dalla HON - Health On the Net Foundation al primo posto a livello mondiale per quanto riguarda l'informazione per i medici e i paramedici e la correttezza della documentazione su questo tema specifico". All'interno della banca dati della HON il sito è l'unico italiano classificato Honoured Site relativamente alle patologie: scoliosi, cifosi, lombalgia - mal di schiena, cervicalgia, osteoporosi. Per quanto riguarda la scoliosi è al quarto posto a livello mondiale, unico europeo fra i primi 10. In particolare, nella categoria delle "Support Communities" (associazioni per l'informazione medica e della salute) è classificato al primo posto.



Le nostre sezioni dedicate: "Pagine Verdi" ed "In breve dalla letteratura"

Le "Pagine Verdi" di questo numero sono tutte occupate da un monumentale lavoro di Liebenson che rivede dapprima su solide basi teoriche, quindi con estrema dovizia di particolari e massima concretezza pratica una serie di tecniche di neurofacilitazione propriocettiva e di stiramento auto-applicabile che potranno costituire una bibbia di riferimento per tutti i tecnici che quotidianamente necessitano di questo tipo di esercizi. Molto valido e molto pratico.

Molti dei nostri Soci si occupano di anziani: per tutti loro consiglio di non perdersi il contributo "In breve dalla letteratura" di Trevisan che, con la solita maestria e capacità di sintesi, ci accompagna attraverso una serie di articoli che non hanno trovato posto tra le nostre traduzioni ma che meritano un approfondimento per tutti.

Buona lettura e buon anno di aggiornamenti con il nostro Gruppo di Studio.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del I fascicolo 1999

  1. La scoliosi idiopatica nei gemelli studiata attraverso l'impronta del DNA
  2. Estratto da: Inoue M, Minami S, Kitahara H, Otsuka Y, Nakata Y, Takaso M, Moriya H. Idiopathic scoliosis in twins studied by DNA figerprinting. The Journal of Bone and Jont Surgery 1998: 80-B(2); 212-17.

  3. Alterazioni dei tipi di fibra dei muscoli paraspinali associate alla scoliosi: un problema antico rivisitato alla luce di nuove prove
  4. Estratto da: Mannion AF, Meier M, Grob D, Müntener M. Paraspinal muscle fibre type alternations associated with scoliosis: an old problem revisited with new evidence. European Spine Journal 1998: 7(4);289-93.

  5. Potenziali evocati nella corteccia somatosensoriale del nervo tibiale posteriore negli adolescenti affetti da scoliosi idiopatica
  6. Estratto da: Cheng JCY, Guo X, Sher AHL. Posterio Tibial Nerve Somatosensory Cortical Evoked Potentials in Adolescent Idiopathic Scoliosis. Spine 1998: 23(3); 332-37.

  7. Vista, oculomotricità e scoliosi
  8. Estratto da: Catanzariti JF, Revuelta N, Thevenon A, Bruandet JM, Codet M, Vaysse C, Verret MC, Houillez A, Edmond JM, Hache JC. Vision Oculomotricite et Scoliose. Kinés. Scientifique 1998: 376;6-13.

  9. L'evoluzione della scoliosi idiopatica degli adolescenti
  10. Estratto da: Murray DW, Bulstrode CJ. The development of adolescent idiopathic scoliosis. Eurpean Spine Jornal 1996: 5(4); 251-7.

  11. Il decennio di ossa ed articolazioni
  12. Estratto da: Walsh NE. Editorial. The Bone and Joint Decade. Arch Phys Med Rehabil 1998: 79(7); 729.

  13. La prima impressione conta? Un confronto fra la valutazione soggettiva e la valutazione psicologica dei pazienti con problemi al rachide
  14. Estratto da: Grevitt M, Pande K, O'Dowd J, Webb J. Do first impression count? A comparison of subjective and psychologic assessment of spinal patients. European Spine Journal 1998: 7;218-23.

  15. Caratteristiche psicometriche e utilità clinica di test di prestazione fisica in pazienti lombalgici
  16. Estratto da: Simmonds MJ, Olson SL, Jones S, Hussein T, Lee E, Novy DS. Psychometric Characteristics and Clinical Usefulness of Physical Performance Tests in Patients With Low Back Pain. Spine 1998: 23(22):2412-21.

  17. Classificazione e lombalgia: un compendio della letteratura ed un'analisi critica dei sistemi selezionati (Ia parte)
  18. Estratto da: Riddle DL. Classification and Low Back Pain: A review of the Literature and Critical Analyis af Selected Systems. Physical Therapy 1998: 78(7); 708-37.

  19. Una sperimentazione clinica randomizzata di gestione del mal di schiena su base epidemiologica
  20. Estratto da: Loisel P, Abenhaim L, Durand P, Esdaile JM, Suissa S, Gosselin L, Simard R, Turcotte J, Lemaire J. A Population-Based, Randomized Clinical Trial an Back Pain Management. Spine 1997: 22(24):2911-18.

  21. L'efficacia di un programma d'intervento attivo tempestivo per lavoratori con lesioni ai tessuti molli
  22. Estratto da: Sinclair S, Hogg-Johnson S, Mondloch MV, Shields SA: The Effectiveness of an Early Active Intervention Program for Workers With Soft-Tissue Jnjuries. Spine 1997: 22(24); 2919-31.

  23. Fattori familiari determinanti dell'attività fisica intensa e moderata: uno studio su gemelli
  24. Estratto da: Lauderdale DS e al. Familial determinants of moderate and intense physical activity: a twin study. Medicine & Science in Sports & Exercise 1997: 29(8);1062-68.

  25. Tecniche di resistenza manuale e autostiramento per migliorare la flessibilità e la mobilità (Ia parte)
  26. Estratto da: Liebenson C. Manual Resistence Techniques and Self-Stretches for Improving Flexibility/Mobility. In Rehabilitation of The Spine. A Practitioners's Manual. (Liebenson C, ed), pp 253-92, Williams & Wilkins, Baltimore, USA

  27. Il fondamento biologico dell'attività fisica
  28. Estratto da: Rowland TW. The biological basis of physical activity. Medicine & Science in Sports & Exercise 1998: 30(3);392-99.

  29. L'esercizio fisico eseguito prima della pubertà può conferire benefici nella densità ossea che permangono in età adulta. Studi eseguiti su ginnaste attive prima della pubertà, che poi si sono ritirate
  30. Estratto da: Bass S, Pearce G, Bradney M, Hendrich E, Delmas PD, Harding A, Seeman E. Exercise Before Puberty May Confer Residual Benefits in Bone Density in Adulthood. Studies in Active Prepuberal and Retired Female Gymnasts. Advances in Orthopaedic Surgery 1998: 22(2);86-7.

  31. Esercizi per il tratto lombare: elementi di prova per migliorare il regime di esercizi
  32. Estratto da: McGill SM. Low Back Exercises: Evidence for Improving Exercise Regimes. Physical Therapy 1998: 78(7); 754-65.

  33. Allenamento attivo precoce dopo discectomia lombare
  34. Estratto da: Kjellby-Wendt G, Styf J. Early Active Training After Lumbar Discectomy. A Prospective, Randomized, and Controlled Study. Spine 1998: 23(21); 2345-51.

  35. Efficacia della trazione nel mal di schiena non specifico
  36. Estratto da: Beurskens AJ e al. Efficacy of Traction for Nonspecific Low Back Pain. 12-Week and 6-Month Results of a Randomized Clinical Trial. Spine 1997: 22(23); 2756-62.

  37. Risorse fornite da Internet in ortopedia

Estratto da: Golladay GJ, Kirschenbaum IH, Matthews LS, Biermann JS. Current Concepts Review. Internet Resources for Orthopaedic Surgeons. The Journal of Bone and Joint Surgery 1998: 80-A(10);1525-32.


Gruppo di Studio della Scoliosi
Casella Postale n. 89 - 27029 Vigevano (Pv), Italia
E-mail:gss@gss.it


Copyright © Gruppo di Studio della Scoliosi, 2006.