bordo Gruppo di Studio della Scoliosi e delle patologie vertebrali. bordo Vuoi ricevere GRATIS
le GSS News?
Leggi qui!.
Vuoi diventare Socio
del Gruppo di Studio?
Ecco come fare

Home Page

Novità

Mappa

GSS Online

Scrivici

Sezione del sito: Home Page > Pubblicazioni > Fascicoli

Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del II fascicolo 1997


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

Introduzione
Le posture del rachide cervicale
Articolazione temporo-mandibolare e rachide cervicale
Aspetti riabilitativi del colpo di frusta
Altri aspetti del trattamento conservativo
La vertigine di origine cervicale
Fare dell'attività fisica generica fa bene al collo?
Un po' di biomeccanica e molti esercizi per il collo
Differenza di lunghezza degli arti inferiori
Deformità vertebrali: Scheuermann e scoliosi 3-D
Indice



Introduzione

Questo secondo fascicolo del 1997 è quasi monografico come impostazione, essendo pressochè interamente dedicato alle problematiche del rachide cervicale. Questa scelta è stata effettuata a causa del notevole numero (francamente inusuale rispetto alle caratteristiche solite della letteratura internazionale) di articoli riguardanti direttamente o indirettamente il trattamento riabilitativo delle problematiche di questo distretto della colonna. Ci è parso importante sfruttare questa occasione anche perchè spesso i soci ci hanno rivolto la richiesta di approfondire i temi relativi a questo distretto del rachide il cui trattamento è da un lato difficile in quanto nettamente diverso da quello della colonna lombare dall'altro importante in termini di numero di pazienti affetti da disturbi.



Le posture del rachide cervicale

Black presenta un lavoro teorico estremamente interessante e con notevoli risvolti pratici (sia pure in gran parte già supposti, ma mai quantificati) sulle interrerlazioni tra le posture adottate dal rachide cervicale e lombare in diverse posizioni sedute da cui risulta che il collo risulta pesantemente influenzato nella sua posizione da quella dei distretti sottostanti. Precisato che consigliamo una attenta lettura sia della Tabella con i valori riscontrati durante le diverse posture sedute (per la sua indubbia utilità anche clinica) che della parte iniziale della discussione dove vengono confrontate le posture studiate, riteniamo che un lungo commento non sia in questo caso necessario, in quanto il "Point of view" che conclude il contributo offre la chiave di lettura più utile ed interessante per questo lavoro. Ci preme sottolineare l'ultima frase di questa chiosa a proposito del concetto stesso di "postura corretta": da un certo punto di vista essa esiste e può e deve essere consigliata come situazione preferenziale, anche perchè la presenza di un punto di riferimento preciso può contribuire ad adattare il comportamento motorio del paziente verso una direzione biomeccanicamente più soddisfacente; da un altro punto di vista essa non esiste ed è soltanto un concetto fuorviante, in quanto il comportamento motorio corretto è, appunto, motorio, sottintende cioè il movimento, che è invece un punto essenziale imprescindibile da insegnare: muoversi, non adottare una postura fissa, per quanto corretta essa sia, è la chiave di volta infatti della prevenzione.

Lo studio di Wilford è altrettanto interessante, anche se in un certo senso è solo interlocutorio, come l'autore stesso riferisce, rispetto ad una risposta definitiva su un problema sicuramente di comune riscontro clinico: l'influenza delle lenti multifocali nel provocare una protrusione del capo, identificata come fattore di rischio specifico di cervicalgia. Sicuramente saranno necessarie conferme più precise di quella ottenuta in questo lavoro, ma già oggi queste ortesi per la vista dimostrano una loro "pericolosità" che impone ai rieducatori una attenzione particolare. Un'ultima annotazione: non molto dissimile al metodo di valutazione di Rocabado, qui utilizzato, è l'impiego di un filo a piombo con misura delle frecce, cui i nostri soci sono sicuramente più familiari e che può offrire risultati altrettanto validi. Rimane sempre una buona prassi, da un punto di vista metodologico, provare su se stessi di quanto si sbaglia prendendo delle misurazioni cliniche quantitative, rilevandole più volte sistematicamente su un congruo numero di pazienti: ci sentiamo di suggerirla ad ogni socio.



Articolazione temporo-mandibolare e rachide cervicale

Dalla postura ad un altro problema ampiamente dibattuto e di gran moda oggi in riabilitazione: le correlazioni tra disturbi della articolazioni temporo-mandibolari e cervicalgie. L'articolo di de Wijer offre un'altra parola certa scientificamente corretta dopo le conclusioni di una recente "Consensus conference" tenuta a Milano nella primavera scorsa ad opera delle Società Scientifiche più coinvolte del settore e promossa tra gli altri anche dal G.S.S.. Così recita la conclusione (che merita di essere affissa a grandi lettere nei nostri studi professionali per doverosa conoscenza da parte dei pazienti): "...". Tornando a questo lavoro, esso merita di essere letto con attenzione, pur essendo piuttosto ermetico come linguaggio ed impostazione. Dopo questo studio è così possibile affermare che bruxismo, scrosci articolari alle temporo-mandibolari e sintomi auricolari o peri-auricolari permettono con una ragionevole certezza di attribuire i disturbi all'articolazione TM, mentre i dolori alle spalle sono di quasi esclusiva pertinenza cervicale; per quanto riguarda un rapporto di causalità tra i disturbi cervicali e quelli temporo-mandibolari, anche gli autori la escludono allo stato attuale, pur sostenendo la necessità di valutare anche quest'ultima articolazione; si può infine affermare che, mentre è facile per i test per l'articolazione TM escludere componenti cervicali, i test per il rachide non sono altrettanto efficienti nell'escludere una componente temporomandibolare che deve quindi essere specificamente ricercata.



Aspetti riabilitativi del colpo di frusta

Veniamo ora a due lavori che indagano direttamente le problematiche relative ai colpi di frusta cervicali. Di particolare interesse anche pratico il lavoro di Heikkilä, in cui viene presentato un test di valutazione della propriocezione a livello cervicale consistente nel posizionare correttamente la testa ad occhi chiusi durante movimenti lungo i piani sagittale ed orizzontale: questo si è rivelato alterato in pazienti traumatizzati ed è migliorato significativamente dopo un trattamento riabilitativo. Riteniamo che questo lavoro sia importante sia perchè dimostra un danno che può essere tipicamente migliorato con la riabilitazione e che certamente non si giova più di tanto di trattamenti come quelli classici di immobilizzazione (anche se vedremo più avanti che questo commento merita un corollario), sia perchè si dispone di uno strumento di misura relativamente semplice sull'efficacia del trattamento riabilitativo che può essere utilizzato da ogni riabilitatore sui suoi pazienti, sia infine perchè dimostra in ogni caso l'importanza di una corretta riabilitazione in quanti presentano esiti di traumi distorsivi cervicali.

Dituri presenta un interessante contributo sulla riabilitazione del colpo di frusta. Nella traduzione di questo lavoro abbiamo volutamente sostituito il termine "chiropratico" con quello secondo noi più corrispondente nella realtà italiana, per lo meno in questo caso, di "riabilitativo". Si tratta infatti, nel pieno di un pragmatico approccio americano al trattamento, di una visione che è certamente più vicina, in ambito italiano, a quella della riabilitazione e quindi al mondo della medicina classica, piuttosto che a quella della chiropratica come in Italia viene intesa (e quindi al mondo della medicina alternativa). Vengono qui discussi concetti di riparazione della cicatrice guidata dal movimento che, sia pure molto validi e noti dai tempi di Cyriax, non hanno ancora ad oggi ricevuto completa divulgazione ed attuazione. Per altro non mancano elementi contradditori o addirittura difficilmente condivisibili, come l'utilizzo delle manipolazioni già in fase sub-acuta, retaggio questo dell'ambiente chiropratico originale, sia pure entro un corretto approccio di potenziamento muscolare in isometrica; oppure come l'invito all'assenza sistematica dal lavoro o come, aspetto questo sicuramente da rifuggere concettualmente, l'invito ad un trattamento continuo (a vita) del paziente. Detto questo, in ogni caso la lettura ci pare importante ed istruttiva anche perchè la sistematicità dell'approccio ha un buon valore didattico. Un'ultima annotazione: gli esercizi "fasici" citati in conclusione sono i soliti esercizi di coordinazione che, chissà perchè, tutti tendono a dimenticare, pure essendo l'ultimo, ma pur sempre indispensabile, anello del ciclo riabilitativo.



Altri aspetti del trattamento conservativo

Pur essendo non ricco in termini di numero di soggetti testati, appare comunque molto significativo per contenuti il lavoro di Sandler, in cui vengono confrontati alcuni collari cervicali nelle loro potenzialità di limitazione dell'articolarità cervicale. Va peraltro sottolineato, come avevamo già avuto modo di vedere anche negli anni passati, che oggi in letteratura viene ampiamente criticato l'uso estensivo, quasi "preventivo" del collare in tutti i soggetti che abbiano avuto un colpo di frusta: viene viceversa consigliata la mobilizzazione precoce per evitare i danni da immobilità che sarebbero ancora peggiori rispetto a quelli conseguenti all'incidente. Secondo noi allo stadio attuale è ancora presto per abbracciare questa visione con una sufficiente certezza, anche se proprio questo lavoro, che testimonia delle possibilità ampie di movimento concesse dai collari, dimostra che l'immobilità cercata con queste ortesi è solo una chimera. Allora una proposta attuabile può essere quella di una cauta automobilizzazione entro i confini concessi dal collare, sia per impedire l'irrigidimento del rachide che per evitare l'ipotrofia da non uso della muscolatura che, infine, per guidare, come si ricordava nel lavoro precedente, la formazione della cicatrice lungo le corrette linee di forza.

Uno dei lavori più importanti di questo fascicolo ` una meta-analisi di Hurwitz sull'efficacia della manipolazione e della mobilizzazione del rachide cervicale. Questo tipo di articoli, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, offrono attraverso particolari metodiche statistiche una combinazione dei dati sino a quel momento pubblicati che ne permette una lettura complessiva attendibile (vera e propria sommatoria tra i risultati) che, pur non essendo da prendere come dato assoluto (esistono anche metanalisi i cui risultati sono tra loro in contrasto data l'inclusione o l'esclusione di pochi studi chiave), sono certamente di forte e preciso orientamento per i lettori. In particolare, questa revisione, essendo relativamente pochi i lavori validi disponibili, offre molto spazio interpretativo agli autori, che già in partenza dimostrano di essere favorevoli ad un approccio manipolativo. Ci piace molto la Tabella 3 di questo lavoro, perchè sottolinea come la manipolazione sia un approccio che non va preso alla leggera e come si debba prestare estrema attenzione anche al possibile peggioramento dei sintomi. Peraltro qui gli autori vogliono segnalare come anche gli antinfiammatori (FANS) e la chirurgia non siano assolutamente scevri da complicanze anche molto gravi (però a queste viene sempre fatta precedere una valutazione medica, che purtroppo manca molto spesso in caso di manipolazioni). Il lettore troverà poi molto interessante anche la Tabella 1, con la presentazione completa della letteratura attendibile sull'argomento trattato.

Lo studio di Saal è secondo noi di estremo interesse pratico e teorico perchè tende a configurare l'ernia discale come quella lombare tra le patologie che possono trarre notevole giovamento da un trattamento conservativo senza necessariamente ricorrere a quello chirurgico. La storia naturale dell'ernia discale a questo livello, ma anche le modalità con cui effettuare le corrette scelte terapeutiche sono poco note, sia per la relativa minor frequenza di questa patologia, sia per la scelta chirurgica effettuata quasi costantemente nel timore di una evoluzione verso una compressione midollare potenzialmente estremamente grave. Questo studio ha quindi il pregio di dimostrare che l'ernia discale cervicale con radicolopatia non è sicuramente evolutiva dal punto di vista del danno neurologico (e questo apre maggior spazi di manovra terapeutici) e che un trattamento non chirurgico può avere dei buoni risultati a distanza.



La vertigine di origine cervicale

Un ottimo lavoro di Karlberg, completo anche nella descrizione della patomeccanica e dei meccanismi fisiopatologici sottesi a questa condizione non sempre ben compresa o inquadrata, ci introduce alle problematiche delle vertigini di origine cervicale ed al loro trattamento. In particolare, in questo caso un trattamento esclusivo dei disturbi cervicali ha portato ad una risoluzione delle vertigini in proporzioni significative, dimostrando una volta di più come una sindrome vertiginosa possa avere una origine esclusivamente od in maniera preponderante a livello cervicale. Ci sembra utile sottolineare anche la modalità di terapia utilizzata, protratta sul lungo periodo (da 5 a 20 settimane) con un numero ridotto di sedute (da 5 a 23) evidentemente sulla base di una singola seduta settimanale e ricorrendo quindi all'effettuazione di esercizi domiciliari; questo protocollo ci sembra estremamente utile e ragionevole ma richiede da un lato che i riabilitatori mettano un po' meno le mani addosso al paziente, dall'altro che essi acquisiscano una maggiore potenzialità ed abilità di insegnamento di esercizi autoapplicati che possano permettere al paziente ad autotrattarsi a domicilio. Questo purtroppo raramente avviene in Italia dove si assiste ad una vera e propria sclerotizzazione nei ristretti margini di una seduta giornaliera di cinesiterapia e di cicli che (chissà perchè) erano una volta di 6 o 12 sedute e si sono con disinvolutra contratti a 5 o 10 sedute con la comparsa anche nei Servizi di Riabilitazione della settimana corta.



Fare dell'attività fisica generica fa bene al collo?

Negli anni passati avevamo già avuto modo di vedere come l'attività fisica generale effettuata a scopo preventivo avesse un'efficacia nella prevenzione dei disturbi del rachide lombare. Con il lavoro di Niemi giunge una prima, non definitiva prova che questo vale anche per i problemi cervicali. In particolare, risultano importanti le attività del tempo libero con caratteristiche dinamiche e coinvolgenti gli arti superiori, quasi a dimostrazione da un lato della necessità di offrire un miglioramento delle potenzialità di controllo ma anche, data la minore utilità delle attività del tempo libero che richiedono un mantenimento in condizioni di staticità del collo, anche dell'impiego del fisiologico meccanismo di pompa muscolare. In ogni caso, la conclusione supporta l'importanza di una corretta igiene del corpo che richiede di effettuare dell'attività fisica con regolarità.



Un po' di biomeccanica e molti esercizi per il collo

Futre presenta un breve, sintetico ma efficace lavoro che offre un ripasso didattico della biomeccanica del rachide cervicale con una particolare attenzione all'evoluzione (involuzione ?) delle strutture durante l'invecchiamento. Da leggere.

Sweeney ci accompagna con un lavoro di impostazione classica di notevole valenza pratica e ricco anche iconograficamente, ma non solo, alla scoperta di una serie di tecniche di stabilizzazione del rachide cervico toracico. In particolare, ci sembrano ottime le considerazioni patomeccaniche posturali iniziali, mentre appare meno valido il continuare a considerare i muscoli semplicemente come tiranti passivi, quando sono invece elementi attivi fondamentali nel controllo guidato dal Sistema Nervoso Centrale. Inoltre, è utile ricordare come la contrattura della muscolatura cervicale possa dipendere anche da una sua insufficienza nella capacità di mantenimento della funzione più critica per questo distretto rachideo: quella di stabilità. Va infatti sottolineata una differenza fisiologica innegabile ma spesso un po' trascurata tra rachide lombare (ove è meno difficile il mantenimento della stabilità strutturale) e rachide cervicale, in cui la maggiore mobilità legata alle necessità di orientamento dello sguardo, va a discapito di un controllo della stabilità. Purtroppo per i pazienti e per i nostri risultati terapeutici, questo molto spesso da un lato viene dimenticato in fase di riabilitazione (non utilizzando tecniche di rinforzo in isometrica ed eccentrica) dall'altro viene trascurato in corso di trattamento ortopedico con un uso di collari non supportati adeguatamente da esercizi assolutamente fondamentali.



Differenza di lunghezza degli arti inferiori

La differenza di lunghezza degli arti inferiori è un problema di comune riscontro nella pratica clinica di quanti si occupano di scoliosi e di problemi del rachide lombare. Il primo lavoro che presentiamo dedicato a questo aspetto, ha la validità di una ricerca scientifica e, come tale, offre una risposta ad un problema specifico, mentre il secondo ha il valore di una revisione pratica dell'argomento ed offre tutta una serie di risposte che non necessariamente sono completamente attendibili, sia pure garantendo una visione d'insieme molto più completa dell'argomento.

Lo studio di Lampe pone a confronto la misurazione clinica della lunghezza degli arti inferiori con metro a nastro e con spessori successivi a quella radiografica, considerata (secondo noi, in realtà, per tradizione ma senza una vera certezza scientifica di fondo) il "golden standard" di riferimento. L'elemento più interessante che scaturisce da questo lavoro è quello di non fidarsi ciecamente di una sola misura clinica, ma di porre a confronto più elementi per poter definire la presenza di una asimmetria: da qui a stabilire poi la necessità di correzione ci sono ancora dei passi notevoli.

Il contributo di Hutcheson è di interesse pratico estremamente rilevante anche perchè l'autore, nonostante non si tratti di un lavoro di ricerca pura, dimostra una sua onestà intellettuale (soprattutto quando impone un continuo riferimento non ad un ideale simmetrico teorico, ma alla reale condizione clinica del paziente, per scegliere o meno se imporre una correzione dell'ipometria, e quando sottolinea la necessità di essere obiettivi nel corso dell'esame clinico) che permette di prestare la massima attenzione alle considerazioni sviluppate. Si impongono comunque una serie di considerazioni: la semeiotica chiropratica proposta è per molti aspetti valida e la revisione delle possibili fonti di ipometria è per la gran parte attendibile anche per la medicina ufficiale e tranquillamente utilizzabile, ma quando è utile approfondire sino a questo punto l'esame ? All'inizio del lavoro l'autore afferma: "differenze inferiori ai 25 mm. non richiedono una analisi così accurata" ed in seguito ricorda come nella sua esperienza l'ipometria anatomica è presente nel 8-10% dei casi, quella funzionale nel 75-80% dei casi: se la percentuale è così elevata, allora o siamo tutti anormali o molto più probabilmente la definizione adottata di normalità è scorretta e fa riferimento ad un modello teorico che nella realtà non esiste. In conclusione, secondo noi è necessario chiedersi prima se è utile approfondire sino a questo punto le indagini per ricercare una correzione e non (come l'autore fa alla fine dell'articolo) dopo aver fatto le indagini se è necessario correggere l'ipometria, anche e soprattutto per evitare di perdere tempo disperdendo le energie da altre possibili necessità del paziente.



Deformità vertebrali: Scheuermann e scoliosi 3-D

Ottimo e didatticamente valido il contributo di Ducongè sul morbo di Scheuermann, anche se alcune precisazioni si impongono. In fase libera riteniamo infatti che sia assolutamente indispensabile passare anche attraverso momenti di mobilizzazione del rachide, soprattutto tenendo conto che non ci troviamo di fronte ad una semplice ipercifosi ma ad una patologica rigidità da osteocondrosi. Manca inoltre tra le considerazioni dell'autore su questo momento terapeutico un'altro aspetto secondo noi imprescindibile, che è quello del rinforzo della funzione statica della muscolatura estensoria, altro presidio determinante se l'obiettivo è quello di dare una migliore capacità di sostegno in postura lievemente più deflessa. Per quanto riguarda la fase ortesica, secondo l'impostazione oramai data da anni in Italia dalla scuola di Sibilla che deriva peraltro da quella Lionese cui l'autore si riferisce, ci sembra che non necessariamente sia indispensabile ricorrere ad un gesso pregresso all'ortesi, soprattutto se si abbassano i limiti della prescrizione dell'intervento ortopedico e quindi si affrontano in maniera più decisa patologie anche meno gravi. Infine, forse perchè siamo di scuola più recente, pensiamo che, tutte le volte che è possibile non fare soffrire un ragazzo con una mentoniera che proclama al mondo la sua menomazione, si faccia un'opera da un lato caritatevole nei confronti della sua psicologia, fragile per definizione in età evolutiva, dall'altro utile per il miglior risultato finale, data la maggior aderenza garantita al programma terapeutico se si prevede un'ortesi bassa: quindi, se possibile, saremmo per evitare un Milwaukee anche in questi casi.

Questo fascicolo si conlude con un lavoro di Graf di notevole impegno concettuale ma da meditare con attenta lettura. L'autore esamina la terza dimensione della scoliosi e quanti non sono familiari con questi aspetti potrebbero trovare utile approfondirli con questo contributo. Infatti, limitarsi a pensare alla colonna scoliotica come a quell'immagine bidimensionale che la radiografia ci fa vedere, può condurre anche ad errori terapeutici o a misconoscimenti di aggravamenti in corso. La terza dimensione ha infatti oramai da anni fatto l'ingresso in questo campo particolare del trattamento sia in campo ortesico che chirurgico e cinesiterapico. Graf è in particolare colui che ci ha portato elementi a sostegno dell'ipotesi dell'evoluzione in cifosi della scoliosi lombare e questo aspetto, insieme agli studi portati avanti da Perdriolle sull'evoluzione in lordosi della scoliosi toracica e toraco-lombare, ha indotto definitivamente a cercare di salvaguardare il piano sagittale con un adeguato mantenimento delle fisiologiche curvature che la deformità scoliotica tende a sopprimere.

Buona lettura.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del II fascicolo 1997

  1. L'influenza di diverse posizioni sedute sulla postura del rachide cervicale e lombare - Estratto da: Black KM, McClure P, Polansky M. The Influence of Different Sitting Positions on Cervical and Lumbar Posture. Spine 1996: 21(3); 65-70.

  2. L'interazione tra l'utilizzazione di lenti multifocali e la posizione della testa e del dolore - Estratto da: Willford CH, Kisner C, Glenn TM. The Interaction of Wearing Multifocal Lenses With Head Posture and Pain. JOSPT 1996: 23(3); 194-9.

  3. Patologie dell'articolazione temporomandibolare e del rachide cervicale. Segni e sintomi riferiti soggettivamente - Estratto da: de Wijer A, de Leeuw JRJ, Steenks MH, Bosnam F. Temporomandibular and Cervical Spine Disorders. Self-Reported Signs and Symptoms. Spine 1996; 21(14): 1638-46.

  4. Sensibilità cinestesica cervicocefalica in pazienti con colpo di frusta - Estratto da: Heikkilä H, Åström PG. Cervicocephalic Kinesthetic Sensibility in Patients With Whiplash Injury. Scand J Rehab Med 1996: 28(3); 133-8.

  5. Linee guida al trattamento conservativo del colpo di frusta - Estratto da: Dituri FL. Contemporary chiropractic management of the whiplash case. Chiropractic Technique 1996; 8(1):14-9.

  6. Efficacia delle ortesi cervicali: confronto in vivo sulla stabilità meccanica offerta da modelli ampiamente utilizzati - Estratto da: Sandler A, Dvorak J, Humke T, Grob D. The Effectiveness of Various Cervical Orthoses. An In Vivo Comparison of the Mechanical Stability Provided by Several Widely Used Models. Spine 1996; 21(14): 1624-9.

  7. Manipolazione e mobilizzazione del rachide cervicale. Una revisione sistematica della letteratura - Estratto da: Hurwitz EL, Aker PD, Adams AH, Meeker WC, Shekelle PG. Manipulation and Mobilization of the Cervical Spine. A Systematic Review of the Literature. Spine 1996; 21(15); 1746-60.

  8. Trattamento conservativo dell'ernia discale cervicale con radicolopatia - Estratto da: JS Saal, JA Saal, EF Yurth. Nonoperative Management of Herniated Cervical Intervertebral Disc With Radiculopathy. Spine 1996; 21(16): 1877-83.

  9. Miglioramento posturale e sintomatico dopo fisioterapia in pazienti con vertigine di presunta origine cervicale - Estratto da: Karlberg M, Magnusson M, Malmstrom EM, Melander A, Moritz U. Postural and Symptomatic Improvement After Physiotherapy in Patients With Dizziness of Suspected Cervical Origin. Arch Phys Med Rehabil 1996; 77: 874-82.

  10. Sintomi al collo ed alle spalle e attività del tempo libero negli studenti delle scuole superiori - Estratto da: Niemi S, Levoska S, Kemilä J, Rekola K, Keinänen-Kiukaanniemi S. Neck and Shoulder Symptoms and Leisure Time Activities in High School Students. JOSPT 1996; 24(1): 25-9.

  11. Biomeccanica del rachide cervicale e invecchiamento - Estratto da: Faure A. Biomécanique du rachis cervical et vieillissement. Annales de Kinésitherapie 1996; 23(2): 287-9.

  12. Tecniche di stabilizzazione muscolare cervico-toracica (Ia Parte) - Estratto da: Sweeney TB, Prentice CP. Cervicothoracic Muscular Stabilization Techniques. In Spine Care Diagnosis and Conservative Treatment. (Withe AH, Schofferman JA eds), pp. 413-36, Mosby, St. Louis.

  13. Misurazione dell'asimmetria di lunghezza degli arti inferiori. Confronto tra metodi clinici e radiografia in postura ortostatica su 190 bambini - Estratto da: Lampe HIH, Swierstra BA, Diepstraten FM. Measurement of limb length inequality. Comparison of clinical methods with orthoradiography in 190 children. Acta Orthop Scand 1996; 67(3):242-4.

  14. Trattamento del morbo di Scheuermann o distrofia rachidea della crescita - Estratto da: Ducongé P. Maladie de Scheuermann ou Dystrophie Rachidienne de Croissance. Résonances Européennes du Rachis 1996; 13: 41-8.

  15. Trattamento del morbo di Scheuermann o distrofia rachidea della crescita - Estratto da: Ducongé P. Maladie de Scheuermann ou Dystrophie Rachidienne de Croissance. Résonances Européennes du Rachis 1996; 13: 41-8.

  16. Analisi tridimensionale della scoliosi (Ia Parte) - Estratto da: Graf H, Mouilleseau B. Analyse Tridimensionnelle de la Scoliose. Résonances Européennes du Rachis 1996: 13; 3-19. - x Alberto: i titoli del Fascicolo 3/97 non sono ancora definitivi.


Gruppo di Studio della Scoliosi
Casella Postale n. 89 - 27029 Vigevano (Pv), Italia
E-mail:
gss@gss.it


Copyright © Gruppo di Studio della Scoliosi, 2006.