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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del I fascicolo 1997


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

Introduzione
Prognosi e valutazione clinica della scoliosi
Disturbi vertebrali negli sportivi ed in età evolutiva
Evoluzione e destino dell'ernia discale e scelte terapeutiche a confronto
La postura ed i movimenti del rachide lombare
Fasce e corsetti: indicazioni e limiti
Miscellanea terapeutica
Indice



Introduzione

Una novità per i nostri fascicoli si trova nel nuovo articolo editoriale, ad opera di Carlo Trevisan, ortopedico presso la Clinica II dell'Università di Milano e membro della Segreteria Scientifica del GSS, dal significativo titolo In breve dalla letteratura. Troverete all'inizio di questo primo contributo una discussione in merito alle scelte operate; mi preme solo qui sottolineare come questo lavoro, nelle nostre intenzioni, sarà sempre monotematico e riguarderà, nel corso dell'anno, aspetti delle patologie vertebrali scelti in base alle tematiche più sviluppate in quel periodo dalle riviste del settore.

Inoltre, possiamo preannunciarvi un'ulteriore novità, che prossimamente sarà fatta oggetto di una apposita comunicazione ai Soci: molti di voi avranno la possibilità di partecipare ad una ricerca scientifica, che potrà diventare un punto di riferimento a livello internazionale sulla lombalgia in età giovanile.



Prognosi e valutazione clinica della scoliosi

La Duval-Beaupère è stata sicuramente una delle maggiori studiose sulla prognosi della scoliosi idiopatica. Usiamo il verbo al passato solo perchè è oramai in pensione da un paio di anni. Questo lavoro costituisce in un certo senso una summa finale del lavoro di una vita ed offre degli spunti concreti di estrema validità per tutti quanti sono impegnati nel trattamento della scoliosi idiopatica, anche se ovviamente il target principale è costituito dai medici, che hanno il dovere della prognosi. Sappiamo infatti come il problema più gravoso nel trattamento di questi pazienti sia scoprire se ci si trovi di fronte ad una forma evolutiva o meno. Le autrici ci offrono qui anche alcuni strumenti pratici accanto all'universalmente noto grafico (si noti come in un passaggio la Duval-Beaupère sottolinei che vada considerata anche la possibilità di errore della valutazione radiografica quando si pongono i punti sul grafico, ottenendo così non una retta, bensì un ambito di variabilità all'interno della quale sicuramente la retta si collocherà). Questi strumenti si trovano sia nel penultimo paragrafo del lavoro, con il concetto di "scommessa di evolutività", che nelle Tabelle, dove vengono elencati una serie di fattori che potremmo definire di rischio di peggioramento.

E' stato classicamente considerato un segno importante per prevedere l'evolutività della scoliosi, è oggi ampiamente ridimensionato, ma rimane nella sua semplicità e facilità di identificazione un elemento radiologico importante per chi si occupa di scoliosi: il segno di Risser viene rivisto da Caton con un lavoro breve ma efficace. Va comunque notato che dati successivi in letteratura a quelli dell'articolo di Urbaniak citato in introduzione al lavoro hanno dimostrato che dopo Risser 5 c'è ancora un aumento staturale di 1-2 centimetri che avviene nel corso di 18-24 mesi, tutti a carico del tronco, e presumibilmente ascrivibili ad un incremento in altezza del corpo vertebrale. Ci sembra importante sottolinearlo perchè, curando la scoliosi, è importante sapere quando interrompere un trattamento: certo non prima della fine della crescita, corporea in generale, del tronco in particolare.

Non è facile che un clinico si doti di calcolatrice ed applichi formule più o meno complicate per prevedere l'evolutività della scoliosi o, come nel caso del lavoro di Korovessis, per calcolare i gradi di Cobb in base ai risultati ottenuti con lo "Scoliometro". Certo è però che ridurre il numero di radiografie cui viene sottoposto il paziente scoliotico e migliorare il più possibile la sensibilità del nostro esame clinico sono obiettivi importanti. Questo studio conferma una impostazione oramai consolidata in letteratura, che vede nella valutazione dell'inclinazione del tronco con lo Scoliometro (valore spesso riferito in letteratura come "Bunnell", dal nome del suo scopritore) una misura più attendibile ed efficace di quella del gibbo. Oggi infatti quest'ultimo compare sempre più raramente a favore del primo. Un uso quotidiano ci ha insegnato come sia sicuramente più facile la misurazione con lo Scoliometro, sia per individuare il punto di massima inclinazione, sia per non dover usare contemporaneamente più misurazioni (spesso da un lato e dall'altro della colonna, nonchè la distanza dalla linea delle spinose) e più apparecchiature (livella e metro, quando non si usino apparecchi appositamente sviluppati). Oggi privilegiamo quindi, soprattutto nelle curve minori, questo strumento clinico, che offre una misura non completamente sovrapponibile a quella del gibbo in quanto, a parità di prominenza toracica, se il gibbo è più vicino alle spinose, o se si tratta di un gibbo meno arrotondato, il valore dell'inclinazione cresce (e questo non va male, in quanto entrambe le condizioni sono più gravi). Viceversa, troviamo che nei gibbi molto marcati la classica misurazione offra forse qualcosa di più rispetto al Bunnell. Uno strumento quindi che consigliamo, anche se creerà qualche difficoltà, soprattutto agli inizi, a chi è abituato a lavorare in un'altra maniera.

Questa triade di lavori sulla valutazione clinica del paziente scoliotico si conclude con un lavoro di McLean sulla ... lombalgia ! In realtà viene qui valutato un parametro che fa parte dell'esame clinico classico della scoliosi (lo strapiombo) e viene dimostrato come il filo a piombo sia più affidabile e coerente nelle sue misurazioni rispetto ad altri due metodi, dei quali uno computerizzato. In questo caso, quindi, non ha senso abbandonare questo strumento per altri nuovi, molto più costosi sia in termini economici che di tempo di valutazione, che oltretutto sono meno affidabili. Un'ultima annotazione: nella Tabella 2 viene riportato un dato per il coefficiente di ripetibilità inter-osservatori di 10 mm e per quello intra-osservatore tra i 5 e gli 8 millimetri. Cosa significano questi valori ? Molto semplicemente che, per tutti noi, se verifichiamo una variazione dello strapiombo in un paziente inferiore ai 5 millimetri tra due visite successive, siamo sicuramente rimasti entro l'ambito di errore della misura e quindi non possiamo affermare di aver notato una variazione reale (esattamente come la soglia di 5/8 gradi Cobb classicamente riportati per le radiografie).



Disturbi vertebrali negli sportivi ed in età evolutiva

Estremamente interessante appare il lavoro di Muschik sull'evolutività della spondilolistesi in atleti praticanti sport agonistico ad alto livello (oltre 20 ore alla settimana di allenamento). Ad una media di 5 anni di distanza dalla prima osservazione (range 2-18 anni) i risultati non sembrano documentare un peggioramento dello scivolamento superiore a quello della storia naturale della malattia, nonostante il notevole carico cui le colonne dei ragazzi sono state sottoposte. Tenuto presente che si parla in questo caso di spondilolistesi lievi (all'inizio dell'osservazione lo scivolamento medio era del 10%) le conclusioni degli autori sulla possibilità di effettuare sport anche ad alto livello quando non ci siano specifici fattori di rischio e sia possibile una attenta sorveglianza medica, ci sembrano condivisibili.

Sulla stessa linea di ricerca si pone il lavoro di Kujala, che indaga l'incidenza della lombalgia in atleti che pratichino attività intensive ed a grosso carico sulla schiena in età adolescenziale. I dati sostengono l'ipotesi che la lombalgia possa essere provocata da queste situazioni di rischio, come pure suggeriscono la possibilità che possano intervenire lesioni degenerative precoci. In linea con le conclusioni degli autori, pensiamo che sia giusto indurre i ragazzi ad effettuare attività fisica e che questo possa avere un ruolo preventivo, come del resto è documentato anche per gli adulti, ma che un lavoro incongruo durante la spinta puberale, quando vi possono essere dei veri e propri "loci minoris resistentiae" sulla colonna del bambino, sia francamente pericoloso.

Quest'altra triade di articoli, questa volta sui problemi vertebrali algici dell'adolescenza si conclude con un contributo di Burton che è destinato a costituire un punto di riferimento per chi si occupa di questi problemi. Si tratta infatti di un lavoro prospettico, vale a dire uno di quei lavori che soli possono veramente delineare la storia naturale di una patologia. Uno dei concetti essenziali viene sottolineato in discussione, quando si afferma che il mal di schiena è probabilmente un fatto tipico della vita umana, che intorno ai 15 anni raggiunge la dimensione propria dell'età adulta. Peraltro da questo studio si evince anche che un tipico adagio degli anni passati "il mal di schiena dell'età evolutiva è quasi sempre secondario" non è più, o forse non è mai stato vero. E' vero invece che raramente l'adolescente richiede (e richiedeva) assistenza per una lombalgia, quindi in realtà è il punto di osservazione del medico che ha probabilmente giustificato la frase della tradizione. Quindi: se il giovane paziente si fa visitare si deve pensare ad una possibile patologia secondaria ma anche, come viene sottolineato, a possibili problematiche psicosociali.



Evoluzione e destino dell'ernia discale e scelte terapeutiche a confronto

Passiamo ora ad un altro argomento interessante di questa serie di articoli: il destino dell'ernia discale. La valutazione RMN a distanza (Komori) dimostra che: l'ernia discale si può riassorbire, soprattutto se è di grandi dimensioni; può permanere anche se i sintomi si sono completamente risolti e comunque, in generale, i dolori quasi sempre si risolvono prima della scomparsa dell'ernia (sono possibili due ipotesi: i sintomi non erano dovuti esclusivamente all'ernia; oppure, l'ernia ha trovato una sua collocazione che non è più irritativa). In assoluto, comunque ne deriva una valida considerazione per astenersi da una chirurgia troppo tempestiva.

Ito in pratica conferma questi dati da un punto di vista istologico, documentando un riassorbimento del materiale erniato in caso di sequestro (quindi di completo distacco dalla "fonte" per così dire dell'ernia) secondo una ben precisa sequenza di eventi che vede dapprima un "assestamento", con la fine dei sintomi, di possibile origine meccanica, o vascolare, o infiammatoria, o altro ancora (in realtà il dibattito è estremamente aperto su questo punto) prima della definitiva azione macrofagica di digestione del "corpo estraneo" endogeno.

Il lavoro di Moore documenta infine la tipologia istologica del materiale erniato (nucleo e non anulus), con un lavoro che trova nell'abbondante e completa discussione dei lavori disponibili in letteratura uno dei suoi pregi maggiori. Interessante il fatto che si assista in loco ad una neovascolarizzazione dell'ernia, che può giustificare il successivo riassorbimento.

Degna conclusione di questa sezione si ha con il lavoro di Postacchini, chirurgo ortopedico italiano dell'Università di Modena ed attualmente vice-presidente dell'International Society for the Study of the Lumbar Spine, la più importante società di questo settore. In questa revisione bibliografica pubblicata su Spine, viene proposta una rilettura critica della letteratura a confronto sul trattamento chirurgico e conservativo dell'ernia discale. In realtà si nota come l'innegabile interesse principale dell'autore sia verso la chirurgia, ma altrettanto chiaramente traspare il ruolo fondamentale che necessariamente deve essere attribuito al trattamento conservativo. A noi preme sottolineare che, se è vero che è importante far precedere due mesi di "tentativi" non cruenti all'intervento, è anche importante che questi vengano posti in atto da personale competente e specificamente addestrato, perchè sicuramente alcune tecniche di gran voga, se non fanno danno, non si può dire che facciano poi neanche qualcosa di realmente utile. In un passaggio infatti viene affermato che, per quanto se ne sa oggi, trattare in modo conservativo è come non trattare: a parte che non è completamente vero, e la Monografia di quest'anno, disponibile per i Soci dopo l'estate, lo dimostra, va sottolineato che questa frase può nascere anche per colpa nostra, perchè siamo noi e non i chirurghi che dobbiamo dimostrare con i numeri e le pubblicazioni l'efficacia dei nostri mezzi terapeutici. Peraltro, come un amico chirurgo ortopedico mi sottolineava, essendo la terapia cruenta un atto profondamente invasivo, è ancora più doveroso avere delle certezze assolute in questo campo, ed anche qui in realtà non ci sono. Infine: nei lavori precedenti a questo veniva affermato come proprio le ernie più "brutte", vale a dire quelle sequestrate e quelle più grosse sono quelle che si riassorbono. Allora forse non è così vero che il trattamento conservativo si debba limitare alle ernie più piccole.

Su tematiche analoghe troviamo un lavoro senza reali valenze scientifiche, ma piuttosto di apporto di esperienze pratiche, da parte di Biot, fisiatra del Centre des Massues di Lione. Viene proposto il trattamento con corsetti per il paziente lombalgico cronico (meno del 3% dei pazienti lombalgici nella casistica di questo Centro superspecialistico, che già quindi vede qui confluire dei casi di particolare impegno). Allo stato attuale questo trattamento può essere proposto alla stregua di altri, come l'agopuntura, o la laserdiscectomia, che non hanno ancora dimostrato scientificamente la loro efficacia: con la coscienza dell'invasività più o meno marcata rispetto ad altri tipi di trattamenti. In pratica: un tentativo proponibile in pochi e rari casi di particolare impegno.



La postura ed i movimenti del rachide lombare

Inufusa ci propone una bella e completa revisione della letteratura sulle variazioni anatomiche del canale spinale e del forame intervertebrale nel corso dei movimenti di flesso-estensione del rachide. E' questo solo apparentemente un argomento ozioso super-specialistico: in realtà da qui possono conseguire importanti considerazioni operative e fisiopatologiche. Per esempio, l'apertura degli spazi in flessione spiega perchè sia questa la posizione preferita, se non obbligata, durante la deambulazione del paziente con stenosi del canale per evitare il fenomeno della claudicatio intermittens, manifestazione clinica patognomonica di questa patologia. Da qui consegue un potenziale effetto compressivo (se non diretto sulle strutture neurologiche, almeno vasculo-mediato) sia a livello radicolare che della cauda del movimento opposto, l'estensione vertebrale. Peraltro, questo non è obbligatorio in caso di movimento dinamico, mentre può essere più importante per una postura statica. Infine, un'annotazione speciale merita la "stenosi spinale dinamica" sviluppatasi in seguito ad una instabilità vertebrale: questa patologia concettualmente può esistere, il problema è avere gli strumenti diagnostici per poterne dimostrare con certezza la presenza in un certo paziente.

Sempre in tema di lordosi, Magnusson presenta un lavoro estremamente interessante e dagli ampi risvolti pratici sull'efficacia dell'iperestensione vertebrale nel provocare un aumento di altezza del paziente, giustificata in termini di reidratazione discale. Questo studio in pratica offre un risvolto in vivo ai classici dati di Adams che proponeva per il movimento di estensione una facilitazione nella captazione di acqua dall'ambiente esterno al disco, rispetto a quello di flessione che ha un effetto opposto. Da tutto ciò consegue che è possibile durante il giorno porre in atto delle misure che abbiano per la schiena l'effetto di una tranquilla notte di riposo (vale a dire: reidratazione dei dischi ed incremento in altezza del tronco). L'importanza di questo aspetto aumenta poi in base alle nozioni che dimostrano come l'idratazione discale sia un momento essenziale per permettere il nutrimento di questa struttura cui non arriva direttamente per via ematica ma solo in maniera mediata tramite i tessuti circostanti. Questo lavoro infine da un lato porta dati positivi rispetto alla possibile efficacia delle tecniche di McKenzie, dall'altro propone una alternativa esplicativa sull'efficacia dell'iperestensione che a noi sembra (e sembrava anche in passato) estremamente plausibile: non uno spostamento del nucleo ma piuttosto un miglioramento della fisiologia sua e dei tessuti circostanti.

Maggiormente scontato il lavoro di Levine, ma solo sino ad un certo punto, quando si pensa che tra i movimenti del bacino e le variazioni posturali globali del rachide lombare si trova interposta anche una articolazione come quella sacro-iliaca di cui spesso si parla (ed a volte anche a sproposito) in caso di mal di schiena. In questo studio viene dimostrata con validi mezzi strumentali una stretta corrispondenza tra le variazioni angolari di bacino e rachide lombare, che ci sembra interessante ed utile per il nostro lavoro rieducativo, anche perchè non lo smentisce.

Si conclude infine l'argomento lordosi con un contributo di Daggfeldt che ci fornisce una spiegazione sull'utilità biomeccanica di certe posture ergonomiche in lieve lordosi che va oltre gli ormai stranoti grafici delle pressioni intradiscali di Nachemson, o i più recenti, meno noti ma comunque numerosi lavori elettromiografici o sulle pressioni intramuscolari.



Fasce e corsetti: indicazioni e limiti

L'ampio e completo lavoro di Smith, corredato dal commento di Pope, ci sembra molto interessante nella sua estensiva revisione bibliografica sull'argomento fasce lombari. E' sicuramente utile disporre di tutte le indicazioni più aggiornate sia sulle modalità di azione che sulle indicazioni di queste ortesi di ampio e diffuso utilizzo, spesso però su basi scarsamente documentate. Interessante poi il fatto che, nonostante il tema trattato, venga ribadita nelle conclusioni dell'articolo soprattutto l'importanza di insegnare come sollevare un peso nonchè di allenare questa funzione in quei lavoratori che ne hanno la necessità per esigenze professionali.

I muscoli perdono di forza muscolare quando si utilizza cronicamente un corsetto per lombalgia ? Secondo Eisinger, ma anche secondo la nostra esperienza, sì. Di fatto, l'efficacia di questi strumenti terapeutici non è ancora stata dimostrata in modo inequivocabile. Se a questo si aggiunge la buona probabilità che a medio-lungo termine possano determinare una riduzione delle prestazioni muscolari (e noi aggiungiamo anche delle potenzialità neuro-muscolari di affrontare degli sforzi) la conclusione è una sola: vanno utilizzati raramente, a ragion veduta, ed il più possibile per brevi periodi. Rispetto a questo lavoro, da un punto di vista metodologico e per correttezza, va peraltro sottolineato che manca il controllo in una popolazione di lombalgici non trattati con corsetti e soprattutto che è uno studio trasversale e non prospettico. Ci si deve quindi chiedere: viene prima la debolezza muscolare (che magari è in qualche modo correlata alla lombalgia o all'adozione dell'ortesi) o l'uso del corsetto ?

Infine, sempre su questo argomento, un lavoro utile soprattutto per pazienti particolarmente a rischio. Rafacz dimostra infatti un incremento della pressione diastolica (peraltro limitato a soli 5 mm Hg) in pazienti che utilizzano cronicamente una fascia lombare. Questa variazione, statisticamente significativa, è sicuramente scarsamente importante da un punto di vista clinico se si considerano i soggetti lombalgici comuni, mentre diviene particolarmente pregnante in caso di pazienti cardiopatici o ipertesi, soprattutto alla luce di un uso quotidiano dell'ortesi.



Miscellanea terapeutica

Concludiamo con quattro studi di interesse prevalentemente operativo, dei quali il primo di Cedraschi con una valenza anche teorica. In questo lavoro viene infatti indagato un aspetto, il rapporto terapeuta-paziente, a volte magnificato, altre volte demonizzato da varie figure professionali sulla base di considerazioni contrastanti. Su questo infatti si giocano problematiche che vanno dall'effetto placebo, alla dipendenza dal terapista (contrapposta all'indipendenza del paziente), alla cosiddetta continuità terapeutica (problema questo tipico delle istituzioni riabilitative). Proprio per tutti questi motivi, presentiamo questo contributo che sottolinea come gli aspetti relazionali e comunicativi siano di fatto parte integrante della terapia. Peraltro, viene qui anche chiaramente sottolineato come il paziente stia meglio se capisce a cosa venga sottoposto e perchè: quindi non basta fare, si deve anche spiegare.

Robinson ci conduce per mano in una lunga ma estremamente interessante e completa revisione sulla TENS, una forma di elettroterapia di ampia ed universale applicazione. Il lavoro è molto ben fatto e rivede con ampia dovizia di particolari i lavori più importanti pubblicati in letteratura in questi anni, alcuni dei quali peraltro già noti ai nostri Soci perchè tradotti negli anni passati. Tutta la prima parte del lavoro chiarisce con ampia dovizia di particolari tecnici la molteplicità di forme di corrente elettrica che rientrano sotto l'univoca terminologia di TENS e sottolinea come in realtà sia importante anche entrare nel dettaglio sulla tipologia di stimolazione più adatta per ogni singola patologia. La seconda parte di questo bel lavoro verrà presentata nel prossimo fascicolo.

Exacoustos offre un contributo breve ma interessante sull'utilità dei piatti oscillanti di varie dimensioni e conformazione nel trattamento del paziente rachialgico (ma sappiamo quanto siano utili anche negli scoliotici). Sicuramente efficace la distinzione concettuale tra reobase (dipendente dall'altezza del disco) e cronassia (legata alla sezione della sfera). Peraltro, viene con queste sottolineature semplicemente ribadita la necessità da un lato della progressione nell'incremento delle difficoltà degli esercizi, dall'altro di saper giocare sulle possibilità dell'attrezzo per poterla ottenere. Parallelamente, anche la scelta delle caratteristiche tecniche dell'apparecchiatura dipenderà profondamente dal tipo di fibre muscolari che si intendono sollecitare: ricordiamo infatti sempre che il muscolo ha una (almeno) duplice valenza operativa e che si potenziano solo o principalmente le fibre sottoposte ad allenamento.

Infine, si conclude il lavoro di Watkins iniziato con il terzo fascicolo del 1996, di grande valore pratico con numerose illustrazioni di esercizi che riteniamo possano essere utili ed interessanti per i nostri Soci.

Buona lettura e buon anno di lavoro, speriamo anche grazie al contributo del nostro Gruppo di Studio.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del I fascicolo 1997

  1. La prognosi delle scoliosi idiopatiche minori scoperte in età evolutiva - Estratto da: Duval-Beaupère G, Marty C. Le Prognostic des Scolioses Idiopathiques Mineures Reconnues en Cours de Croissance. Congresso Internazionale "La riabilitazione oltre il 2.000", Roma 24-25 ottobre 1996.

  2. Il segno di Risser: la sua validità - Estratto da: Caton J, Falaise C. Le signe de Risser: sa validité. Résonances Européennes du Rachis 1996; 13: 28-9.

  3. Previsione dell'angolo di Cobb usando lo "Scoliometro" di Bunnell - Estratto da: Korovessis PG, Stamatakis MV. Prediction of Scoliotic Cobb Angle With the Use of the Scoliometer. Spine 1996; 21(14): 1661-6.

  4. Confronto fra metodi per misurare lo strapiombo. Il semplice filo a piombo è il migliore - Estratto da: McLean IP, Gillan MGC, Ross JC, Aspeden RM, Porter RW. A Comparison of Methods for Measuring Trunk List. A Simple Plumbline Is the Best. Spine 1996; 21(14): 1667-70.

  5. Sport agonistico e peggioramento della spondilolistesi - Estratto da: Muschik M, Hähnel H, Robinson PN, Perka C, Perka C, Muschik C. Competitive Sports and the Progression of Spondylolisthesis. Journal of Pediatric Orthopaedic 1996; 16: 364-9.

  6. La lombalgia in atleti in età adolescenziale - Estratto da: Kujala UM, Taimela S, Erkintalo M, Salminen JJ, Kaprio J. Low-back pain in adolescent athletes. Medicine and Science in Sports and Exercise 1996; 28(2): 165-70.

  7. Storia naturale della lombalgia negli adolescenti - Estratto da: Burton AK, Clarke RD, McClune TD, Tilltson KM. The Natural History of Low Back Pain in Adolescent. Spine 1996; 21(20): 2323-8.

  8. Storia naturale dell'ernia del disco associata a radicolopatia - Estratto da:Komori H, Shinomiya K, Nakai O, Yamaura I, Takeda S, Furuya K. The Natural History of Herniated Nucleus Pulposus With Radiculopathy. Spine 1996; 21(2): 225-9.

  9. Evidenza istologica del riassorbimento dell'ernia discale sequestrata - Estratto da: Ito T, Yamada M, Ikuta F, Fukuda T, Hoshi S, Kawaji Y, Uchiyama S, Homma T, Takahshi HE. Histologic Evidence of Absorption of Sequestration-Type Herniated Disc. Spine 1996; 21(2): 230-4.

  10. Origine e destino dell'ernia discale intervertebrale lombare - Estratto da: Moore RJ, Vernon-Roberts B, Fraser RD, Osti OL, Schembri M. The Origin and Fate of Herniated Lumbar Intervertebral Disc Tissue. Spine 1996; 21(18): 2149-55.

  11. Risultati della chirurgia rispetto al trattamento conservativo per l'ernia del disco lombare - Estratto da: Postacchini F. Spine Update. Results of Surgery Compared With Conservative Management for Lumbar Disc Herniations. Spine 1996; 21(11): 1383-7.

  12. Il trattamento ortopedico conservativo delle lombalgie croniche comuni invalidanti - Estratto da: Biot B. Le traitement orthopédique conservateur des lombalgies chroniques communes invalidantes. Résonances Européennes du Rachis 1996; 10: 17-8.

  13. Variazioni anatomiche del canale spinale del forame intervertebrale durante la flesso-estensione - Estratto da: Inufusa A, An HS, Lim TH, Hasegawa T, Haughton VM, Nowicki BH. Anatomic Changes of the Spinal Canal and Intervertebral Foramen Associated With Flexion-Extension Movement. Spine 1996; 21(21): 2412-20.

  14. Variazioni in altezza della colonna in seguito all'iperestensione - Estratto da: Magnusson ML, Aleksiev AR, Spratt KF, Lakes RS, Pope MH. Hyperextension and Spine Height Changes. Spine 1996; 21(22); 2670-5.

  15. Gli effetti dei movimenti pelvici sulla lordosi in ortostasi - Estratto da: Levine D, Whittle MW. The Effect of Pelvic Movement on Lumbar Lordosis in the Standing Position. JOSPT 1996; 24(3): 130-5.

  16. La posizione in lordosi offre sollievo alla colonna vertebrale quando si solleva un peso? - Estratto da: Daggfeldt K. La mise en lordose de la colonne vertébrale soulage-t-elle le dos lors du lever d'un fardeau? Annales de Kinésithérapie 1996; 23(3): 113-5.

  17. Gli effetti delle fasce lombari e della forza muscolare addominale sulla capacità di sollevamento - Estratto da: Smith EB, Rasmussen AA, Lechner DE, Gossman MR, Quintana JB, Grubbs BL. The Effects of Lumbosacral Support Belts and Abdominal Muscle Strength on Functional Lifting Ability in Healthy Women. Spine 1996; 21(3): 256-66.

  18. Gli effetti dei corsetti sulla forza della muscolatura del tronco - Estratto da: Eisinger DB, Kumar R, Woodrow R. Effect of lumbar orthotics on trunk muscle strength. American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation 1996; 77 (3): 194-7.

  19. Una fascia addominale aumenta la pressione diastolica - Estratto da: Rafacz W, McGill SM. Wearing an Abdominal Belt Increases Diastolic Blood Pressure. JOEM 1996; 38(9): 925-7.

  20. Il ruolo della congruenza tra il paziente ed il terapeuta nei pazienti affetti da lombalgia cronica - Estratto da: Cedraschi C, Robert J, Perrin E, Fischer W, Goerg D, Vischer TL. The Role of Congruence between Patient and Therapist in Chronic Low Back Pain Patients. JMPT 1996; 19(4): 244-9.

  21. Stimolazione nervosa elettrica transcutanea per il controllo del dolore nelle malattie muscoloscheletriche - Estratto da: Robinson AJ. Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation for the Control of Pain in Musculoskeletal Diosorders. JOSPT 1996; 24(4): 208-26.

  22. Dal piatto oscillante di Freeman al piatto di educazione propriocettiva (PEP) - Estratto da: Exacoustos A. Du Plateau de Freeman aux P.E.P.. Kinésithérapie Scientifique 1996; 357: 15-7.

  23. Un programma di esercizi per sportivi con mal di schiena (IIa parte) - Estratto da: Watkins RG. Spinal Exercise Program. In: The Spine In Sports. (Williams L, Lin P, Elrod B, Kahanovitz N eds), pp. 283-301, Mosby, St Louis.


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