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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali
Editoriale del I fascicolo 1996
Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.
Nachemson Cinesiterapia respiratoria Mobilizzazione del rachide cervicale Efficacia delle manipolazioni nella lombalgia acuta Trattamenti e prevenzione della lombalgia Indice
Nachemson
Apriamo questo nuovo anno di lavoro con due articoli che costituiranno per i nostri Soci un punto di riferimento per il futuro, entrambi ad opera dell'ormai a tutti ben noto Alf Nachemson. La prognosi è la frontiera con la quale dobbiamo confrontarci nel momento in cui impostiamo una terapia in un paziente affetto da scoliosi. Il lavoro ci offre una formula matematica che, se applicata, permette di predire la possibilità di aggravamento in soggetti di età tra i 10 e i 15 anni con curva primaria tra i 25° ed i 35° Cobb. La metodologia con cui effettuare la valutazione è riportata in dettaglio nell'articolo. In pratica si tratta di fare una somma dei seguenti valori: -3,61 (valore fisso); +2,33 (solo se il Risser è pari a 0 od a 1); + 2,35 (solo se la vertebra apicale è pari a T8, T9, T10 e T11); -0,95 (solo se lo strapiombo è uguale o superiore a 10 millimetri). Effettuata la somma, con una calcolatrice se ne deve calcolare l'esponente. A questo punto il risultato ottenuto deve essere diviso per il risultato stesso incrementato di 1. Il risultato finale moltiplicato per cento dà le probabilità che la curva peggiori di almeno 6° entro la fine della crescita. Gli autori aggiungono che, considerando un valore soglia del 67% di possibilità di peggioramento, la loro formula è in grado di classificare correttamente l'82% dei pazienti. I falsi positivi, vale a dire quelli per cui si prevede un peggioramento che non avverrà, sono il 15%; i falsi negativi, vale a dire quelli per cui si prevede, sbagliando, che non peggioreranno, sono il 9%. In pratica, uno strumento molto utile. Questo lavoro offre poi un altro spunto essenziale, quando si afferma che il paziente strapiombato ha meno probabilità di peggiorare rispetto a chi non lo è. Il dato stupisce lo stesso Nachemson, che propone come possibile spiegazione il fatto che chi ha uno strapiombo importante (oltre i 10 mm.) molto probabilmente è in grado di "accorgersi" che c'è qualcosa che non funziona nel suo sistema dell'equilibrio e mette in atto maggiormente meccanismi per recuperare una miglior posizione, che alla fine sono benefici. Come dire: chi ha lo strapiombo fa, proprio per questo, cronicamente della rieducazione propriocettiva finalizzata a recuperare il suo equilibrio! Questo parere di Nachemson, sia pure non assolutizzabile, è di estremo interesse sia per il medico che per il tecnico che si occupano di riabilitazione della scoliosi ed andrebbe forse più approfondito sperimentalmente.
Uno dei problemi più sentiti oggi nel trattamento della scoliosi è quello del confronto tra due scuole: la scuola dei cultori della terapia ortopedica e quella degli "oltranzisti" della chirurgia (vedi articolo G.S.S. pubblicato sul fascicolo 1/1991, con le ragioni di Hall a favore e con quelle di Nachemson contrarie a una chirurgia precoce della scoliosi). Esiste infatti parte del mondo medico che ha ormai orientato la terapia della scoliosi verso "l'osservazione senza trattamento", nell'attesa di un eventuale peggioramento, pronti a portare il paziente sul tavolo operatorio non appena la scoliosi supera dei limiti che con il tempo si sono sempre più abbassati, sino a scendere al di sotto dei 40°. Per questo orientamento di pensiero sono desueti i corsetti, assolutamente da sconsigliare la cinesiterapia e/o ginnastica e/o attività fisica in generale (escluso forse dello sport, ma comunque senza precise indicazioni). Viceversa, ad essa è contrapposta, una scuola che è anche la nostra, che vede quasi sempre nella chirurgia il fallimento della vera terapia della scoliosi. Una scuola che privilegia la prevenzione, che considera la diagnosi precoce e i corsetti (amovibili e non) strumenti fondamentali per arrestare anche le scoliosi con forte potenziale evolutivo, che ritiene complementari ma importanti per il paziente, oltrechè per la sua scoliosi, la cinesiterapia e l'attività fisica generale (educazione fisica e sport). Queste scuole sono in Italia entrambe ben rappresentate, mentre all'estero prevale la scuola chirurgica negli USA ed in Inghilterra (per ragioni storiche), la scuola ortopedica in Francia. Come troppo spesso accade in medicina, queste impostazioni si sono scontrate più sulla forza della "autorità" dei capo-scuola che su reali basi scientifiche. Abbiamo tutti avuto modo di constatare anche a Milano dalla relazione magistrale di Alf Nachemson, come oramai la medicina oggi si debba muovere su altri livelli, come sia necessario ottenere un linguaggio comune per una reale possibilità di confronto che solo i numeri, le statistiche di ricerche ben condotte ci possono garantire. Questo è il fine dello studio che documenta l'efficacia del trattamento con corsetto sottoascellare in curve toraciche o toracolombari (apici tra T8 ed L1) di 25-35 gradi. La ricerca, effettuata sotto il controllo di A. Nachemson e della Scoliosis Research Society, è stata realizzata in 16 centri diretti da scoliosologi qualificati in campo mondiale, tra i quali citiamo: Bradford DS (San Francisco), Burwell RG (Nottingham), Edgard MA (Stanmore), Lidström (Göteborg), Lonstein JE (Atlanta), Nash CL (Cleveland), Poitras B (Montreal), Willner SV (Malmö), Winter RB (Minneapolis). E' un lavoro assolutamente fondamentale per i cultori della terapia ortopedica, perchè rappresenta la prima dimostrazione prospettica, quindi di grande serietà scientifica, dell'efficacia della terapia ortesica.
Cinesiterapia respiratoria
Il lavoro di Chêneau è interessante più per le ripercussioni cinesiterapiche che per quelle ortopediche. Viene infatti ribadito da questo "grande vecchio" del trattamento ortopedico (inventore dell'omonimo corsetto) l'efficacia della cinesiterapia respiratoria sia in termini di rieducazione al corretto respiro, sia per facilitare l'azione di spinta sui gibbi dei corsetti. Viceversa, non ci piace il nuovo corsetto di Chêneau, che porta alle estreme conseguenze un'ipotesi puramente biomeccanica (dove si spinge si corregge) introducendo fino a 30 camere di espansione ed altrettanti punti di spinta. Un corsetto che si può costruire solo con il computer. Un corsetto costoso. Un corsetto che, se è vero che agisce come "rieducatore passivo", come "guida propriocettiva ed esterocettiva", come indirizzo verso una migliore posizione, allora non avrebbe bisogno di essere così complicato.
Il lavoro di Vaysse sul trattamento conservativo della scoliosi si basa su validi concetti cinesiterapici ed ortopedici classici. Esagerata ci sembra invece l'attenzione ad ipotesi puramente biomeccaniche che portano poi a conclusioni non condivisibili, come la proposta di correzione in estensione del rachide (Milwaukee) per il trattamento delle scoliosi più gravi, dove viceversa è più importante una azione diretta di spinta sulle curve, sia a scopo correttivo che, anche, estetico.
Lo studio di Mounier discute alcune misurazioni finalizzate all'analisi della capacità toracica usualmente non effettuate sul paziente scoliotico e raramente sostituite con misure spirometriche. Il dato respiratorio viene infatti spesso negletto, mentre nelle scoliosi gravi non andrebbe mai trascurato. Il metodo qui riproposto può essere facilmente utilizzato. Il limite maggiore dello studio si trova nella mancanza di una analisi statistica che avrebbe potuto essere effettuata (sia pure con qualche limite) grazie alla numerosità del campione.
Mobilizzazione del rachide cervicale
Il breve lavoro di Nilsson ci dipinge l'entità del problema cui dedichiamo il lavoro di Schoensee, uno studio descrittivo interessante perchè dimostra come sia possibile anche per dei tecnici produrre, usando criteri scientifici, lavori che offrono dei risultati preliminari utili per procedere con ulteriori studi. Il lavoro tratta della mobilizzazione del rachide cervicale alto come trattamento per le cefalee di origine cervicale. Ne viene dimostrata l'utilità e viene discussa ampiamente tutta la letteratura relativa ad un problema sentito nella pratica clinica.
Efficacia delle manipolazioni nella lombalgia acuta
Il lavoro di Shekelle è uno dei migliori di questo fascicolo per il suo alto spessore scientifico. Si tratta di una meta-analisi, una metodica statistica relativamente nuova: esiste da oltre 20 anni, ma la sua applicazione pesante in clinica è di questi ultimi tempi, anche grazie al Gruppo Cochrane, operante pure in Italia, che si è incaricato di portare ai massimi sviluppi questa disciplina che consente l'analisi delle analisi. In pratica, vengono scelti da tutta la letteratura disponibile sino al momento della stesura dell'articolo tutti i lavori scientificamente più validi, che per consenso internazionale sono i cosiddetti studi controllati randomizzati (RCT), ossia quelli in cui viene applicato ad un gruppo un trattamento, esiste un gruppo di controllo e la attribuzione ad uno dei due gruppi avviene in maniera casuale. Da ogni lavoro si estraggono i dati ottenuti; questi vengono poi "pesati" e sommati a quelli ottenuti con gli altri studi rispetto ai risultati ritenuti clinicamente significativi. Con questa metodica è così possibile trarre una conclusione che va ben al di là di quella di una semplice revisione della letteratura da parte di un esperto, che cita i lavori e trae delle conclusioni spesso più sulla base delle sue esperienze e conoscenze che su quella dei dati complessivi: le meta-analisi vengono per questo chiamate revisioni sistematiche. Il risultato di questo studio depone per l'efficacia delle manipolazioni in una lombalgia acuta. Queste sono state effettuate secondo varie impostazioni e data la scarsità di lavori non è stato possibile distinguere tra le diverse scuole.
Il lavoro immediatamente dopo, trattando lo stesso argomento ci consente un utile confronto tra una revisione classica ed una meta-analitica o sistematica. Come si vede questo studio di Twomey si basa sulle idee dell'autore che porta a prova dei suoi pareri dei dati che egli sceglie dalla letteratura, quindi in ultima analisi dipende dall' "autorevolezza" dello scrivente (in questo caso notevole, essendo stato scelto dal comitato di redazione di "Spine" per proporre un "update", cioè un aggiornamento su un argomento ritenuto di ampio interesse clinico), mentre il lavoro di Shekelle ha criteri più oggettivi. D'altra parte una revisione non sistematica è sicuramente più completa, più "integrata" in tutte le sue parti, e può e dovrebbe basarsi anche sui risultati delle meta-analisi. Entrando poi nel merito dell'articolo, questo depone per una efficacia delle manipolazioni, soprattutto in fase acuta. Secondo questo autore, poi (ma anche secondo noi) l'esercizio è fondamentale. Un altro lavoro che vale la pena leggere.
Trattamenti e prevenzione della lombalgia
Lo studio di Malmivaara, comparso su una Rivista medica di estremo prestigio come The New England Journal of Medicine (considerata tra le più valide in assoluto da un punto di vista scientifico), ha trovato eco persino nella stampa nazionale (p.c.: Corriere Salute) dati i suoi risultati che stupiscono il grande pubblico più di quanto possa succedere per i nostri Soci. Si conferma infatti che sia il riposo a letto che degli esercizi specifici, non personalizzati e troppo intensi, non sono un trattamento per la lombalgia acuta. Viceversa, (ma questo non viene affermato nell'articolo: è il nostro pensiero) questi ultimi potrebbero anche esserlo, ma dovrebbero essere effettuati con ben altre modalità rispetto a quelle qui indicate. E' comunque un articolo destinato a far discutere (vedi anche le lettere apparse sulla rivista originale che presentiamo in appendice) e che pensiamo possa essere particolarmente importante e gradito per i nostri Soci.
Di buona fattura il lavoro di Johannsen. Viene proposto uno studio clinico per coorti dove vengono confrontati due trattamenti per la lombalgia. L'elemento più interessante è che per la prima volta, per quanto ne sappiamo noi, ma anche l'autore, viene proposto in letteratura anglosassone un allenamento della coordinazione per il trattamento della lombalgia, un tipo di lavoro cioè di estremo interesse ed ampia utilizzazione nelle palestre ma non testato con metodiche scientifiche. Il risultato ottenuto è stato sovrapponibile a quello di un allenamento della forza, avendo dimostrato entrambi la loro efficacia. E' qui utile e significativa la lettura della discussione.
Molto interessante, nella conclusione dell'articolo di Saunders cominciato nell'ultimo fascicolo inviato nel '95 ai Soci, la prima pagina, dove viene presentata una realtà poco diffusa negli USA, quasi completamente assente da noi: la possibilità di introdurre in ambiente lavorativo spazi appropriati per effettuare esercizi a scopo preventivo, a volte durante le pause per il pranzo (opportunamente prolungate), a volte (udite, udite) addirittura in orario di lavoro. Esperienze interessanti sicuramente all'avanguardia. Per il resto, questa seconda parte del lavoro ha buone valenze pratiche ed esemplificative.
Il lavoro di Le Fort è interessante per la metodica studiata più che per i risultati in assoluto. E' infatti uno dei pochissimi studi che approcciano un lavoro idrocinesiterapico per la lombalgia cercando di descriverne l'efficacia. Abbiamo presentato in dettaglio la parte dei materiali e metodi relativi al tipo di lavoro effettuato sia per l'interesse pratico specifico che per chiarire bene che non si tratta nè di nuoto nè di metodiche di rilassamento, ma di una vera e propria attività aerobica in acqua. Ci chiediamo comunque se davvero in questo caso l'acqua possa avere un ruolo protettivo, come ipotizzato dall'autore, e non piuttosto un ruolo di "ostacolo" ai movimenti da un lato e di "rivoluzionatore" delle afferenze sensoriali sia estero che propriocettive dall'altro, venendo in questo senso a configurarsi come elemento allenante componenti neurologiche del controllo del movimento assai più che del solo aspetto aerobico.
Il lavoro di Liebenson è perfettamente in linea con le conclusioni del nostro congresso di Milano su un moderno approccio al trattamento della lombalgia, come presentato soprattutto da Nachemson. Vengono qui presentati in dettaglio i lavori scientifici e le impostazioni metodologiche per un approccio alle 3 fasi cliniche (acuta, sub-acuta, cronica) nel paziente affetto da lombalgia. Un trattamento che oramai deve essere il più possibile attivo, conservativo, riabilitativo. L'accentuazione sulla chiropratica, che appare già in questa Ia parte del lavoro (e sarà ancora maggiore nella IIa che presenteremo nel prossimo fascicolo) deriva dalla specifica professionalità dell'autore che, secondo una consolidata (ma seria) tradizione negli USA, è proprio un chiropratico. Personalmente preferiamo anche in fase acuta (e a maggior ragione in caso di cronicità) un approccio se possibile cinesiterapico, con esercizi specifici estremamente attenti, ben adattati e seguiti, evitando comunque il riposo. Inutili, quasi sempre, anche i farmaci.
Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini
- Previsione dell'evolutività in ragazze con scoliosi idiopatica adolescenziale di media gravità - Estratto da: Peterson LE, Nachemson AL. Prediction of Progression of the Curve in Girls Who Have Adolescent Idiopathic Scoliosis of Moderate Severity. The Journal of Bone and Joint Surgery 1995; 77-A(6): 823-7.
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