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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del II fascicolo 2004


Stefano Negrini
Segretario Scientifico Nazionale del Gruppo di Studio Scoliosi e patologie vertebrali (GSS)
Direttore Scientifico di ISICO (Istituto Scientifico Italiano COlonna vertebrale), Milano

La scoliosi: dall'eziologia alle misurazioni cliniche e della qualità della vita
Deformità degli adulti: qualità di vita e profilo sagittale
Il collo: valutazione, terapia manuale e manipolazioni
Un po' di chirurgia: protesi discali, artrodesi, reinterventi e soprattutto la riabilitazione post-chirurgica
Alla base del nostro lavoro con gli esercizi: metanalisi sulla fisiologia dell'allenamento muscolare
Medicina basata sulle evidenze: la Cochrane Collaboration ed alcuni editoriali per riflettere
Le pagine verdi: esercizi a catena cinetica chiusa e recupero funzionale
Indice

Continua lo sforzo per portare tutta la "produzione" del GSS in casa dei Soci entro l'anno solare. Ci sembra un obiettivo importante per i nostri Soci, che puntiamo ad ottenere entro il 2005, ravvicinando i tempi tra i fascicoli gradualmente. Nel frattempo abbiamo pianificato la seconda Giornata di Aggiornamento per il 2004: ritorniamo sull'osteoporosi. Pensiamo che con il progressivo invecchiamento della popolazione la prevenzione dell'osteoporosi stia diventando sempre più un tema di attualità, e non solo per l'anziano: un'altra grande parte della società, le donne in fase post menopausa, sono direttamente interessate al problema. Pensiamo che per prevenire concretamente l'osteoporosi bisogna intervenire con un'attività motoria specifica quando la riduzione della massa ossea inizia a manifestarsi più sensibilmente, come nella donna dopo la menopausa, e ancora più importante, occorre capitalizzare la maggiore densità ossea possibile con un'adeguata attività fisica in età adolescente. Oggi sappiamo che l'approccio con esercizi è uno dei più importanti, da un lato per ritardare la perdita di massa ossea, dall'altro per coadiuvare in modo sostanziale gli obiettivi farmacologici di contenimento della perdita di massa ossea e dall'altro ancora per conseguire una significativa riduzione delle probabilità di frattura attraverso una adeguata motricità. Ecco quindi l'importanza per tutti i nostri Soci di non perdersi la preziosa occasione di partecipare alla Giornata di Aggiornamento per poter conoscere gli ultimi dati della ricerca a sostegno di interventi mirati nelle proprie strutture riabilitative, sportive e di fitness. Tutto questo, insieme al Congresso che GSS ed ISICO organizzeranno nel marzo 2005, sono le novità, che si innestano sulla florida pianta data dai fascicoli (e penso che apprezzerete molto i "Flash", notizie fresche di giornata e molto stuzzicanti che troverete a partire da questo numero) e dall'ormai prestigioso sito Internet. E veniamo ora ai contenuti scientifici.

La scoliosi: dall'eziologia alle misurazioni cliniche e della qualità della vita

La deformità scoliotica si rivela in tutta la sua importanza quando si va a valutare quanto avviene alle singole vertebre che, sottoposte alle forze patologiche, si piegano, ruotano e cambiano forma in modo sostanziale. Lo studio di Parent a pag. 147 , bello e veramente completo, ne descrive tutta l'importanza: cuneizzazione, deformazione sul piano orizzontale, alterazione dei peduncoli e delle faccette. Il tutto più importante a livello dorsale che non lombare ed al livello apicale che non delle limitanti. Proprio questo ci chiarisce una volta di più come la nostra comprensione della scoliosi, legata ai gradi Cobb e quindi alle inclinazioni delle vertebre di transizione, che saranno sì molto piegate, ma poco deformate, sia di poco aiuto per capire veramente cosa succede nella scoliosi. Questi riscontri morfologici sembrano avvalorare l'ipotesi patogenetica di un relativo accorciamento del midollo spinale come possibile causa della scoliosi, ipotesi questa che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere giusta in alcuni casi, anche se la cosa più probabile è che la scoliosi idiopatica sia solo una via finale comune di tante possibili eziologie con patogenesi dell'evolutività determinata dalla biomeccanica della deformità.

Il mistero della scoliosi si infittisce. Ogni volta che, come nello studio di Goto a pag. 150, ci si addentra nella biomeccanica e nelle forze che, se anche forse non sono eziologiche sono certamente patogenetiche, si sprofonda nelle teorie e nella complessità spesso troppo opinabile. E' quanto succede qui, come anche il Punto di Vista di Lazzari a pag. 154 bene chiarisce. Di certo, collegando questo lavoro al precedente, le forze tremende che la deformità da un lato mette in campo e la crescita dall'altro, sono in grado di determinare tali disastri che è assurdo pensare con 2-3 ore alla settimana di forze sviluppate dagli esercizi, di poterle contrastare, sempre che gli esercizi non abbiano un ruolo "educativo" a livello neuromotorio, ossia nel migliorare le proprie spontanee difese, che poi agiscono per il 100% del tempo. Ma questo può valere per le scoliosi ai primi stadi della loro evoluzione, quando certe forze nefaste non si sono manifestate, ed è ancora possibile, secondo Nachemson, recuperare una stabilità del rachide solo inizialmente compromessa. Ma quando la scoliosi manifesta un forte potenziale evolutivo, diventa assurdo illudersi di arrestarla senza l'uso di una ortesi. Avete mai pensato con 3 ipotetiche ore alla settimana di continuo esercizio "correttivo" (pensando che non ci siano pause di riposo) per quanto tempo agiamo sul rachide? Per il 1,6% del tempo. E con questo qualcuno pensa di correggere o arrestare la scoliosi che ha oltrepassato determinate soglie di aggravamento!

Bello e onesto lo studio di D'Osualdo a pag. 155. Esso condensa da un lato le attuali conoscenze in tema di misurazioni di superficie del rachide, dall'altro pone correttamente il problema clinico (e proprio dal contesto clinico infatti scaturisce), dall'altro ancora riporta e condensa la preziosa, sistematica e metodologicamente corretta esperienza del gruppo di Udine. In questo campo in Italia poco abbiamo da invidiare agli altri paesi, e questo lavoro lo dimostra ancora una volta. Interessante e da sottolineare l'affermazione che il valore clinico di sistemi convalidati di superficie non sia poi così lontano da quello delle radiografie (spesso secondo noi superiore, quando si pensi che nella radiografia c'è anche la componente posturale, assente per esempio nella valutazione del gibbo).

Lo scoliometro non ha bisogno oramai di ulteriori prove. Rapido da usare, efficace, ripetibile intra e soprattutto inter-esaminatori, costituisce un presidio essenziale per il clinico. Ci lascia invece perplessi il tentativo, ripetutamente proposto in letteratura, di voler a tutti i costi calcolare i gradi Cobb usando lo scoliometro (questa volta ci prova Sapkas a pag. 158). Guardando i grafici si evince facilmente l'errore intorno a 0,35, che tecnicamente gli autori riportano con un R quadro. Lo scoliometro misura la rappresentazione clinica della rotazione, che già sappiamo non essere direttamente correlata ai gradi Cobb. Insomma, si tratta di una correlazione "di seconda mano": perchè insistere tanto? Solo perchè non riusciamo a fare a meno dei "malefici" gradi Cobb e prendere ogni misura per quello che è! Rimane secondo noi il fatto essenziale che lo strumento di superficie e le radiografie vanno inserite in un modello multivariato di cui fanno parte tutti gli altri aspetti quantitativi, semi-quantitativi e qualitativi, che solo il mega-computer cerebrale è in grado di interagire con l'esperienza clinica ed una corretta filosofia terapeutica per dare la migliore risposta al singolo paziente.

Il concetto di qualità della vita come elemento prioritario di outcome, ossia di risultato, si è oramai ben affermato in letteratura. Da qui è nata la ricerca di strumenti di misura in grado di cogliere questo concetto di per sè ovviamente difficilmente comprimibile ed esprimibile in poche risposte ad un questionario. Questi strumenti si dividono in generali e specifici per la patologia. L'SRS-22 è attualmente il migliore disponibile sulla scoliosi ed è stato sviluppato proprio dal gruppo che ci presenta con Asher a pag. 264, articolo ONLINE, i risultati discriminanti. Ne abbiamo appena validato e stiamo per pubblicare la versione italiana che sarà tra poco disponibile a tutti. Interessante anche il Punto di Vista di Keller.

Un secondo strumento, questa volta più ampio e complesso. E quindi di lunga somministrazione, ma con il vantaggio di essere paragonabile anche ad altre condizioni cliniche ortopediche pediatriche, è il Pediatric Outcomes Data Collection Instrument (PODCI) proposto da Lerman a pag. 161. Il limite da cogliere nella interpretazione dei dati di questi due articoli è che i risultati non sono generalizzabili a tutti i pazienti affetti da scoliosi idiopatica, ma solo ai pazienti considerati nello studio, provenienti da quella popolazione e trattati da quei medici. E' infatti chiaro che valutando aspetti come la qualità di vita conta enormemente la qualità (in termini di efficacia ma anche di attenzione psicologica) dei trattamenti proposti. Il Punto di Vista di Keller a pag. 163 chiosa efficacemente entrambi questi ultimi due lavori.


Deformità degli adulti: qualità di vita e profilo sagittale

Sia pure dedicato agli adulti, il lavoro di Schwab a pag. 164 viene a costituire una triade con i precedenti in quanto applica la più nota e meglio validata scala di valutazione della qualità della vita, l'SF-36, ad una popolazione di adulti affetti da scoliosi idiopatica. Entrando nel merito del lavoro, è assolutamente necessario sottolineare che la diagnosi di scoliosi, anche lieve (qui c'è un gruppo con curve tra 10° e 20°), può avere un effetto importante sulla percezione di salute, e quindi sulla qualità di vita, già di per sè, indipendentemente dalla situazione fisica. Viceversa è di grande interesse il fatto che, in caso di perdita della lordosi, i dolori sono più forti e minore la qualità di vita. Tutti sappiamo che è questa l'evoluzione più invalidante e da evitare della scoliosi in età anziana. Di qui scaturisce l'importanza di preoccuparsene in caso di trattamento, sia esso preventivo (età di crescita) o terapeutico in età adulta.

In età anziana tutti purtroppo avremo la tendenza a curvarci in avanti, e proprio di questo si occupano, sia pure con punti di vista molto diversi, i due lavori successivi. Keller a pag. 166 ha sviluppato un modello matematico della colonna osteoporotica che elegantemente dimostra, come del resto la clinica da anni ci dice, che per il cedimento anteriore delle vertebre dorsali in particolare a livello medio-dorsale, è sufficiente la forza di gravità e la postura in cifosi quando ci sia una significativa perdita di resistenza ossea su base osteoporotica. E le considerazioni finali degli autori sulla importanza di effettuare un trattamento di recupero posturale nel nostro caso ovviamente non cadono nel vuoto.

Hammerberg a pag. 170 ha invece studiato l'evoluzione sul piano sagittale del rachide legata al puro invecchiamento e, in modo complementare al lavoro precedente, ha dimostrato la tendenza alla flessione anteriore tramite una serie di parametri radiologici. E' comunque effettivamente sorprendente quanto poco si sappia circa le variazioni con l'età dell'allineamento del rachide: da sottolineare la fatica che devono aver fatto gli autori per trovare ben 50 volontari di età tra i 70 e gli 85 anni che non hanno mai avuto mal di schiena ! Ma è possibile pensare ad una tale popolazione come ad una popolazione "normale" ? Ultima riflessione: in ogni caso la configurazione del rachide anziano è una ricerca di equilibrio e di compenso utile per ottenere le funzioni di mobilità e stabilità in modo efficace pure a fronte della riduzione delle capacità fisiche.

Il collo: valutazione, terapia manuale e manipolazioni

Semplice, rapido da leggere e molto pratico il lavoro di Marc a pag. 173 che si occupa della valutazione del rachide cervicale da parte del terapista. Viene anche qui sottolineato qualcosa che fatica ad entrare nella pratica quotidiana, ma da cui non si può prescindere se si pensa di fare riabilitazione, e quindi recupero delle capacità funzionali e non del solo e semplice dolore: ossia che ci si deve dotare di strumenti per valutare la funzione. Anche in questo caso, come già visto negli anni scorsi, è il Neck Pain and Disability Scale: breve, rapido e validato, quindi utile, e qui disponibile per chi lo volesse usare.

Molto utile per le grosse implicazioni pratiche anche il lavoro di Wainner a pag. 176. Come fare diagnosi con ragionevole certezza di radicolopatia sulla base del solo esame clinico? Le numerose foto esplicative aiutano a capire i test clinici usati dagli autori e non sempre noti. L'unico problema del lavoro, peraltro discusso anche dagli autori, è la mancanza di un gold standard di riferimento che possa essere considerato attendibile. Non lo è infatti l'EMG qui utilizzato. Peraltro il grosso merito di sottolineare una clinica utilizzabile quotidianamente ed immediatamente da tutti non può essere disconosciuto agli autori.

Ci addentriamo ora in una triade di lavori che si occupano di terapia manuale. Molto "coraggioso" ed obiettivo il lavoro di Gross a pag. 181, soprattutto quando si pensa che è stato pubblicato su una rivista come Manual Therapy, che solo di questo di occupa, dove viene in modo analitico elencato tutto quel poco che si sa sulle manipolazioni del rachide cervicale, e quindi la forza delle evidenze relative. In pratica, ne scaturisce che la mobilizzazione e gli esercizi contano spesso di più delle manipolazioni. Interessante anche tutta la parte finale del lavoro dove vengono discusse le conseguenze dei risultati ottenuti, mentre francamente opinabile, ed in realtà molto sovradimensionato, è secondo noi il dato sul numero di sedute proponibili (addirittura 20 per i dolori cronici, la metà circa per gli altri casi): altre scuole hanno dimostrato come ne bastino molte meno, e probabilmente il numero giusto è circa un terzo di quello indicato ...

Il successivo lavoro, sempre di Gross a pag. 188, riconsidera il medesimo materiale e lo espone in modo diverso sotto forma di Linee Guida. Qui l'interesse è soprattutto sul versante pratico con raccomandazioni immediatamente operative. In tutto questo è chiaro come le manipolazioni debbano essere inserite in un quadro più ampio di riabilitazione e, per quanto oggi sostenibile su base di evidenze, non possano invece essere considerate come atto terapeutico singolo su precise basi scientifiche.

Infine Evans a pag. 226, in uno studio randomizzato controllato, non incluso nelle rassegne precedenti perchè effettuato da poco, di fatto conferma e completa i dati precedenti. I risultati migliori sia a breve che a lungo termine, e la maggiore soddisfazione del paziente, si ottengono con una terapia manuale se associata agli esercizi, mentre questi ultimi da soli già di per sè garantiscono il risultato, sia pure con meno soddisfazione. Certamente interessante la persistenza del vantaggio a due anni e l'indicazione di un effetto dose-dipendente.

Un po' di chirurgia: protesi discali, artrodesi, reinterventi e soprattutto la riabilitazione post-chirurgica

E' un bel po' che si parla di protesi discali: e giustamente, perchè l'idea è affascinante e ricalca quanto avviene per le altre articolazioni, dove le artrodesi hanno lasciato gradualmente, ed in alcuni casi oramai totalmente, spazio alle artroprotesi. Il problema però è che nel caso della lombalgia l'articolazione non è una sola: nel caso migliore si tratta di tre articolazioni (ammesso e non concesso che si sia in grado di stabilire con certezza almeno il segmento motorio che dà origine al dolore). La revisione di De Kleuver a pag. 228, molto interessante, piacevole da leggere e ben condotta, è in questo senso chiara, ma quel che più stupisce è come sia possibile che ad oltre 10 anni dalla loro introduzione, dopo migliaia di casi trattati, non ci siano ancora studi controllati (non parliamo di randomizzazione ...).

La revisione non sistematica di Slosar a pag. 232, con Punto di Vista di Wetzel a pag. 237, ha certamente un ruolo educativo per chi ne sa poco di artrodesi lombare e ne vuole capire di più. E' un ottimo riassunto delle migliori evidenze della letteratura su questo tema specifico: vengono infatti diligentemente ed efficacemente elencate tutte le indicazioni chirurgiche e le tecniche oggi disponibili con relativa possibile indicazione. Una lettura comunque didattica. Mancano peraltro ancora definitivamente i criteri validati per la selezione del paziente: questo da un lato rappresenta un rischio di sovraprescrizione, dall'altro porta i più coscienziosi a porsi moltissime domande prima di proporre con ragionevole certezza un intervento terapeutico che è comunque definitivo. Una critica va infine sottolineata rispetto all'end-point primario che scaturisce dall'articolo: il dolore. E' veramente così ?

Essere operati alla schiena non è piacevole, ma essere rioperati è peggio, ed andare incontro a quella che Nachemson ha definito brillantemente la "sindrome della cerniera", i pazienti "apri e chiudi", è una vera iattura. Proprio di questi si occupa brillantemente Osterman a pag. 264, articolo ONLINE, proponendo uno schema che a me risulta francamente impressionante, se ci si sofferma a considerare le persone che stanno dietro a quei semplici numeri, che arrivano sino a 6, dicesi 6 reinterventi. Si evince l'importanza della scelta pre-operatoria (ancora una volta), delle caratteristiche di chi opera, e della precocità del re-intervento (probabile indice di errore iniziale). Qui poi risulta chiara l'utilità dell'artrodesi che, comunque la si veda, di ri-operazione in ri-operazione è decisiva (almeno in un follow-up a 10 anni, quindi relativamente a breve termine) nel fermare la mano del chirurgo. Ma succede perchè i pazienti stanno meglio o solo perchè il chirurgo di più non può fare? A questa tragica domanda lo studio purtroppo non risponde.

Bello e breve, nella sua chiarezza di intenti, lo studio di Yìlmaz a pag. 238, che conferma chiaramente l'utilità della riabilitazione intesa come una intensa attività di recupero muscolare (e non come spesso avviene con una mobilizzazione passiva) rispetto a semplici esercizi domiciliari e ad un gruppo di controllo nel paziente discectomizzato. Interessante nella discussione la revisione degli altri studi condotti sull'argomento, che poi vengono rivisti in modo sistematico nel lavoro che presentiamo subito dopo nel nostro fascicolo.

Lo studio di Ostelo a pag. 240, come tutte le Revisioni Cochrane, ha il grosso pregio di dare almeno alcune certezze (anche se magari solo di non sapere). In questo caso sappiamo che il discectomizzato può riprendere rapidamente a fare di tutto, che non corre grossi rischi a fare riabilitazione, che è meglio se questa è intensiva dopo 4 settimane dall'intervento, ed ancora che purtroppo non ci sono dati per poter dire se la riabilitazione precoce è più efficace di quella tardiva. Tutto ciò può essere di grosso conforto al lavoro quotidiano e soprattutto utile per chi si deve confrontare con questi pazienti. Il messaggio fondamentale è: poca paura, e sotto con il lavoro!

Ecco che ci accorgiamo, con Häkkinen a pag. 244, che la riabilitazione è importante in chi è stato operato alla schiena! Evviva! Il penultimo paragrafo dell'articolo, che ci dice come nulla sia stato fatto per far recuperare la condizione fisica a questi pazienti, è anche quello che ci spiega i risultati che dimostrano inequivocabilmente che è necessario fare qualcosa di fisico, e non solo mentale in chi ha avuto una recente erniectomia. L'esercizio specifico ed individuale (e non la generica prescrizione di aspecifica cinesiterapia) è fondamentale, anche se va inquadrato in programmi multidisciplinari per ottenere il miglior risultato finale.

Raramente pubblichiamo studi di scienza di base, perchè le loro ricadute cliniche solo poche volte sono interessanti per i nostri Soci, anche se spesso hanno notevoli implicazioni speculative. Lo studio di Takahashi a pag. 248 in realtà è interessante perchè dimostra come l'unione tra la classica teoria della compressione radicolare con la più moderna dell'irritazione chimica da parte del nucleo erniato sulla radice, sia probabilmente la più valida spiegazione del meccanismo di produzione della sciatica.

Alla base del nostro lavoro con gli esercizi: metanalisi sulla fisiologia dell'allenamento muscolare

Quando si vuole allenare la forza, che sia a scopi terapeutici o sportivi, qual'è il dosaggio corretto di allenamento? Un quesito essenziale, cui risponde Rhea a pag. 250, con un'attenta metanalisi della letteratura esistente. Ne risulta la fondamentale considerazione sulla necessità di prevedere l'intensità, il volume e la frequenza dell'esercizio prima di iniziare il programma di recupero. Ecco quindi che le sedute quotidiane, ancora di norma proposte nei nostri ospedali, vengono definitivamente a perdere di significato se l'obiettivo è la forza. Due volte alla settimana all'80% della ripetizione massimale quando si è allenati, tre alla settimana al 60% quando non lo si è: leggere per tutti gli altri utili dettagli.

Medicina basata sulle evidenze: la Cochrane Collaboration ed alcuni editoriali per riflettere

Con il lavoro di Bouter a pag. 255 entriamo nella parte finale del nostro fascicolo che ci invita a riflettere sulla nostra professione / professionalità tramite editoriali recentemente pubblicati. Ed ancora una volta parliamo di Evidence Based Medicine (EBM). La Cochrane Collaboration è nell'ambito della EBM una struttura fondamentale e, per noi che ci occupiamo di schiena, il Back Review Group è la struttura di riferimento. Per chi non conosce tutto ciò, o è semplicemente incuriosito delle varie "Revisioni Cochrane" che pubblichiamo costantemente e non sa cosa siano, è importante leggere questo lavoro per avere una introduzione generale a questo mondo delle evidenze e scoprirne pregi e limiti. Da sottolineare l'indipendenza assoluta di questa fonte di informazione, totalmente non contaminata da ogni forma di finanziamento dell'industria, l'assiduità della revisione sistematica e l'assoluto carattere di volontariato.

Bello. Pratico. Pieno di riferimenti utili per avvicinarsi felicemente e facilmente ad una "Pratica Basata sulle Evidenze", che è la traduzione clinica della EBM. Oggi ho un problema con un paziente. Non so come risolverlo su base EBM. Mi leggo questo articolo ed ho tutti gli strumenti per farlo (ovviamente, sempre che abbia quel minimo di tecnologia che è oggi indispensabile per crescere professionalmente). Buona lettura con Cormack a pag. 259 e soprattutto buona navigazione su tutti questi siti preziosi.

In riabilitazione, criticare l'EBM è oramai diventato sport (inter) nazionale, come anche il lavoro di Baxter a pag. 262 dimostra. Sembra che non si possa applicare a noi! Bene, allora vuol dire che non si può applicare la scienza che è alla base della pratica medica e quindi, semplicemente, ne siamo fuori. O ci stiamo solo chiamando fuori (per comodità ?). E' vero, le nostre sfide sono più difficili, ma questo editoriale è lì a dircele ed a indicarci qualche via utile.

Infine Helders a pag. 263, perfettamente complementare ma non ripetitivo rispetto al lavoro precedente, ci indica l'importanza determinante della ricerca se vogliamo progredire nella EBM. ... ma soprattutto nelle nostre prassi cliniche quotidiane. E'inevitabile che nel leggerlo molti di noi si sentiranno in sintonia con l'autore disperso nella giungla degli "stand" congressuali, ma non tutti avranno avuto il suo stesso approccio: questo deve portare a riflettere. Personalmente, poi, sarei per applicare con ancora maggior forza lo stesso radicalismo EBM ai produttori di strumentari e soprattutto ...... agli interventi chirurgici: ne vedremmo delle belle!! (ed a questo punto, se non l'avete ancora fatto, andate a leggervi in proposito l'articolo di De Kleuver a pag. 228).

Le pagine verdi: esercizi a catena cinetica chiusa e recupero funzionale

Già dalla prima pagina del contributo di Wilk a pag. 189 si capisce come non si sia di fronte ad un lavoro banale: definire gli esercizi a catena cinetica chiusa, che apparentemente dovrebbero far parte del vocabolario comune della nostra professione, è il primo obiettivo che ci viene proposto con semplicità nella sua relativa complessità di diverse interpretazioni. Il lavoro prosegue passando dalle basi scientifiche di riferimento ad una applicazione pratica esemplificativa dettagliata che, dopo le linee guida, prevede un caso clinico ed indicazioni per le diverse età della vita: molto pratico e molto interessante.

Liebenson a pag. 214 ci presenta una serie di quattro brevi articoletti dall'elevato contenuto pratico, sia pure ovviamente limitati all'esperienza dell'autore. In effetti il recupero funzionale è l'elemento fondamentale intorno al quale ruota il recupero del paziente: eliminare il dolore senza consentire un recupero totale alla vita attiva non ha francamente alcun significato, e non è vero quanto sostengono taluni che il solo recupero del dolore significa automaticamente tornare alla vita normale. Questo può infatti essere vero per il paziente in fase acuta, che soffra di dolore da meno di un mese, ma tutta la letteratura documenta con forza come questi meccanismi automatici vengano danneggiati in modo sostanziale in chi soffre da più tempo. Quindi, questi lavori possono essere un ausilio per chi già opera in questo senso, fondamentali per chi non lo fa, per avere almeno una base di partenza.

Prima di salutare tutti i Soci ed augurare come al solito buona lettura, vi raccomando calorosamente di leggere i contributi di Boccardi (magistrale a pag. 143) e Trevisan (utilissimo a pag. 265), nonché i nuovi Flash tutti da gustare.

 

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del II fascicolo 2004

  1. L'analisi morfometrica dei reperti anatomici scoliotici
    Estratto da: Parent S, Labelle H, Skalli W, Latimer B, de Guise J. Morphometric Analysis of Anatomic Scoliotic Specimens. Spine 2002:27(21);2305-2311 (Referenze Bibliografiche n. 17).

  2. Un alterato accrescimento osseo come fattore di sviluppo della scoliosi idiopatica
    Estratto da: Goto M, Kawakami N, Azegami H, Matsuyama Y, Takeuchi K, Sasaoka R. Buckling and Bone Modeling As Factors in the Development of Idiopathic Scoliosis. Spine 2003:28(4);364-371 (Referenze Bibliografiche n. 39).

  3. La valutazione del rachide attraverso la superficie. Il ruolo delle misurazioni di superficie nella valutazione e nel trattamento del rachide giovanile
    Estratto da: D'Osualdo F, Schierano S, Cisotti C. The evaluation of the spine through the surface. The role of surface measurements in the evaluation and treatment of spine disease in young patients. Europa Medicophysica 2002:38(3);147-152 (Referenze Bibliografiche n. 19).

  4. Previsione dell'angolo Cobb nella scoliosi idiopatica dell'adolescente
    Estratto da: Sapkas G, Papagelopoulus PJ, Kateros K, Koundis GL, Boscainos PJ, Koukou UI, Katonis P. Prediction of Cobb Angle in Idiopathic Adolescent Scoliosis. Clinical Orthopaedics and Related Research 2003:411;32-39 (Referenze Bibliografiche n. 46).

  5. Il Pediatric Outcomes Data Collection Instrument (PODCI) e la valutazione funzionale di pazienti con scoliosi idiopatica giovanile e con cifosi o scoliosi congenita
    Estratto da: Lerman JA, Sullivan E, Haynes RJ. The Pediatric Outcomes Data Collection Instrument (PODCI) and Functional Assessment in Patients With Adolescent or Juvenile Idiopathic Scoliosis and Congenital Scoliosis or Kyphosis. Spine 2002:27(18);2052-2058 (Referenze Bibliografiche n. 23.

  6. Scoliosi dell'adulto: un'analisi delle condizioni di salute con SF-36
    Estratto da: Schwab F, Dubey A, Pagala M, Gamez L, Farcy JP. Adult Scoliosis: A Health Assessment Analysis by SF-36. Spine 2003:28(6);602-606 (Referenze Bibliografiche n. 20).

  7. La previsione di una deformazione vertebrale osteoporotica
    Estratto da: Keller TS, Harrison DE, Colloca CJ, Harrison DD, Janik TJ. Prediction of Osteoporotic Spinal Deformity. Spine 2003:28(5);455-462 (Referenze Bibliografiche n. 42)

  8. Profilo sagittale degli anziani
    Estratto da: Hammerberg EM, Wood KB. Sagittal Profile of the Elderly. Journal of Spinal Disorders & Techniques 2003;16(1)44-50 (Referenze Bibliografiche n. 11).

  9. Esame del rachide cervicale
    Estratto da: Marc T, Rifkin D, Cudel A. Bilan du rachis. Kinésithérapie Scientifique 2003:433 ;59-60.

  10. Validità e accuratezza diagnostica dell'esame clinico e delle misure autoriferite nella radicolopatia cervicale
    Estratto da: Wainner LRS, Fritz JM, Irrgang JJ, Boninger ML, Delitto A, Allison CS. Reliability and Diagnostic Accuracy of the Clinical Examination and Patient Self-Report Measures for Cervical Radiculopathy. Spine 2003:28(1);52-62 (Referenze Bibliografiche n. 73).

  11. Terapia manuale nei disturbi cervicali di origine meccanica: una revisione sistematica
    Estratto da: Gross AR, Kay T, Hondras M, Goldsmith G, Haines T, Peloso P, Kennedy C, Hoving J. Manual therapy for mechanical neck disorders: a systematic review. Manual Therapy 2002:7(3);131-149 (Referenze Bibliografiche n. 64).

  12. Linee guida cliniche pratiche sull'uso della manipolazione o mobilizzazione nel trattamento di adulti con disturbi cervicali di origine meccanica
    Estratto da: Gross AR, Kay TM, Kennedy C, Gasner D, Hurley L, Yardley K, Hendry L, McLaughlin L. Clinical practice guideline on the use of manipulation or mobilization in the treatment of adults with mechanical neck disorders. Manual Therapy 2002:7(4);193-205 (Referenze Bibliografiche n. 69).

  13. Studio clinico randomizzato sulla manipolazione spinale e due tipi di esercizi per i pazienti con cervicalgia: due anni di follow-up
    Estratto da: Evans R, Bronfort G, Nelson B, Goldsmith CH. Two-Year Follow-up of a Randomized Clinical Trial of Spinal Manipulation and Two Types of Exercise for Patients with Chronic Neck Pain. Spine 2002:27(21);2383-2389 (Referenze Bibliografiche n. 33).

  14. Sostituzione totale del disco per lombalgia cronica: dati antecedenti e revisione sistematica della letteratura
    Estratto da: de Kleuver M, Oner FC, Jacobs WCH. Total disc replacement for chronic low back pain: background and a systematic review of the literature. Eur Spine J 2003:12;108-116 (Referenze Bibliografiche n. 40).

  15. Indicazioni e risultati della chirurgia ricostruttiva nel dolore cronico di origine vertebrale
    Estratto da: Slosar PJ. Indications and Outcomes of Reconstructive Surgery in Chronic Pain of Spinal Origin. Spine 2002:27(22);2555-2562 (Referenze Bibliografiche n. 123).

  16. L'efficacia dell'esercizio di stabilizzazione lombare dinamica dopo una microdiscectomia lombare
    Estratto da: Yìlmaz F, Yìlmaz A, Merdol F, Parlar D, Sahin F, Kuran B. Efficacy of Dynamic Lumbar Stabilization Exercise in Lumbar Microdiscectomy. J Rehabil Med 2003:35;163-167 (Referenze Bibliografiche n. 27).

  17. Riabilitazione dopo il primo intervento chirurgico al disco lombare: una revisione sistematica all'interno del Cochrane Collaboration
    Estratto da: Ostelo RWJG, de Vet HCW, WaddelG, Kerckhoff MR, Leffers P, van Tulder M. Rehabilitation Following First-Time Lumbar Disc Surgery. A Systematic Review Within the Framework of the Cochrane Collaboration. Spine 2003:28(3);209-218 (Referenze Bibliografiche n. 35).

  18. La forza muscolare del tronco nella flessione, estensione e rotazione assiale di pazienti operati di ernia discale e in soggetti normali
    Estratto da: Häkkinen A, Kuukkanen T, Tarvainen U, Ylinen J. Trunk Muscle Strength in Flexion, Extension, and Axial Rotation in Patients Managed With Lumbar Disc Herniation Surgery and in Healthy Control Subjects. Spine 2003:28(10);1068-1073 (Referenze Bibliografiche n. 52).

  19. Il meccanismo patologico della lesione della radice nervosa, causata dall'ernia del disco. Uno studio sperimentale della compressione meccanica e dell'irritazione chimica
    Estratto da: Takahashi N, Yabuki S, Aoki Y, Kikuchi S. Pathomechanisms of Nerve Root Injury Caused-by Disc Herniation. An Experimental Study of Mechanical Compression and Chemical Irritation. Spine 2003:28(5);435-441 (Referenze Bibliografiche n. 148).

  20. Una meta-analisi per determinare la dose-risposta nello sviluppo della forza muscolare
    Estratto da: Rhea MR, Alvar BA, Burkett LN, Ball SD. A Meta-analysis to Determine the Dose Response for Strength Development. Medicine & Science in Sports & Exercise 2003:35(3);456-464 (Referenze Bibliografiche n. 148).

  21. Mal di schiena: revisione del Gruppo Cochrane
    Estratto da: Bouter LM, Pennick V, Bombardier C and the Editorial Board of the Back Review Group. Cochrane Back Review Group. Spine 2003:28(12);1215-1218 (Referenze Bibliografiche n. 16).

  22. La medicina basata sull'evidenza: che cosa è e cosa faccio io?
    Estratto da: Cormack JC. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy 2002:32(10);484-487 (Referenze Bibliografiche n. 6).

  23. La fine della pratica clinica basata sull'evidenza?
    Estratto da: Baxter D. Editorial: The End of Evidence-Based Practice? Phis Ther Rev 2003:8;3-4.

  24. Perché non chiedere evidenze?
    Estratto da: Helders PJM. Editorial: Why not ask for evidence? Advances in Physiotherapy 2004;6:1

 

    Tecnica

  1. Esercizi a catena cinetica chiusa e attività pliometriche
    Estratto da: Wilk KE, Reinold MM. Closed-Kinetic-Chain Exercise and Exercise and Plyometric Activities. In: Therapeutic Exercise. Techniques for Intervention., pp. 179-211, Lippincott Williams & Wilkins, Baltimore, 2001 (Referenze Bibliografiche n. 36)

  2. Integrazione dell'allenamento funzionale nella pratica clinica
    Estratto da: Liebenson C. Functional training: integrating functional training into clinical practice. Journal of Bodywork and Movement Therapies 2003:7(1);20-21 (Referenze Bibliografiche n. 3)

  3. Allenamento funzionale "centrale"
    Estratto da: Liebenson C. Functional "Core" Workout. Journal of Bodywork and Movement Therapies 2003:7(1);22-24

  4. L'allenamento funzionale. La facilitazione sul piano trasverso
    Estratto da: Liebenson C. Functional training: Transverse plane facilitation. Journal of Bodywork and Movement Therapies 2003:7(2);97-100 (Referenze Bibliografiche n. 15)

  5. Allenamento addominale funzionale
    Estratto da: Liebenson C. Functional abdominal training. Journal of Bodywork and Movement Therapies 2003:7(2);101-103

    Online

  1. L'analisi morfometrica dei reperti anatomici scoliotici
    Estratto da: Parent S, Labelle H, Skalli W, Latimer B, de Guise J. Morphometric Analysis of Anatomic Scoliotic Specimens. Spine 2002:27(21);2305-2311 (Referenze Bibliografiche n. 17).

  2. Rischi di operazioni ripetute dopo una discectomia lombare
    Estratto da: Osterman H, Sund R, Seitsalo S, Keskimaki I. Risk of Multiple Reoperations After Lumbar Discectomy. A Population-Based Study. Spine 2003:28(6);621-627 (Referenze Bibliografiche n. 32).

  3. La fisiologia dell'esercizio clinico: prospettive attuali sulla prescrizione dell'esercizio (IIIa parte)
    Estratto da: Brown SP, Hash D, Lyons B. Clinical exercixe physiology: current perspectives on exercise prescription. Physical Therapy Review 2001:6;189-214 (Referenze Bibliografiche n. 131).

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