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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del I fascicolo 2001


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

Il Punto di Vista di Boccardi

Deformità vertebrali giovanili: scoliosi congenita, cifosi iatrogena, screening per scoliosi, danni da radiografie
Spondilolistesi dell'adulto: progredisce, è instabile, come va trattata ?
Stenosi vertebrale foraminale e canalare, con revisioni di efficacia del trattamento conservativo
Compressione radicolare: revisione ed importanza di test diagnostici e predittivi di risultato
Quali attività e/o esercizi proporre o impedire dopo una discectomia
Sindromi radicolari cervicali: quale trattamento conservativo e sua efficacia rispetto alla chirurgia
Miscellanea pratica: dall'elettromiografia alle varie tecniche di terapia manuale e non, con editoriale
Pagine verdi: stabilizzazione lombare, tennis ed arti marziali
Indice

Eccoci nel futuro. Con il 2001 comincia letteralmente una nuova era per il GSS: dopo 21 anni di articoli su carta, si arriva al formato elettronico diffuso via Internet. Da questo fascicolo, infatti, alcuni lavori verranno riservati alla sola edizione on-line, nella parte del Sito del GSS (c'è ancora qualcuno che non conosce l'indirizzo www.gss.it ?) riservata ai Soci. Non si preoccupi chi non ha ancora accesso alla grande rete: nulla gli viene sottratto. Da anni, infatti, una serie di lavori non trovavano posto sui fascicoli e non vi era alcuna possibilità di farli pervenire ai Soci senza incrementare la quota associativa per sostenere le pesanti spese postali, che un ulteriore incremento delle pagine del fascicolo (e quindi del suo peso) avrebbe comportato. Questi articoli venivano semplicemente eliminati. D'ora in poi verranno invece messi sul Sito e i Soci in grado di collegarsi avranno un ulteriore vantaggio, mentre quanti non sono ancora nella possibilità di farlo non perderanno nulla di quanto sinora ricevevano. Infatti, anche gli articoli On-line verranno commentati in questo Editoriale (in corsivo), oltre a rendere disponibile un breve riassunto all'interno del fascicolo a pag. 91.

Deformità vertebrali giovanili: scoliosi congenita, cifosi iatrogena, screening per scoliosi, danni da radiografie

Shahcheraghi a pag. 7 presenta una interessante revisione su un argomento spesso poco noto: la storia naturale delle scoliosi congenite. Questa forma della patologia è notoriamente più complessa e l'evolutività è massima, come anche questo lavoro conferma, nelle forme più asimmetriche. Vengono quindi qui riviste le varie tipologie di curva e di deformità, valutandone il potenziale evolutivo in dettaglio. E' interessante notare come nelle forme meno gravi di patologia congenita l'evolutività ricalchi quella delle scoliosi idiopatiche: molte lenta prima della pubertà, e quindi rapida. Anche questo conferma che il fattore crescita, con l'instabilità neurologica da rapida variazione dei parametri neuromotori di riferimento, è un elemento critico per il rachide.

Oda a pag. 91 discute un lavoro sperimentale sul rachide della pecora (il più simile a quello umano, insieme a quello del cane) sottoposto a intervento di artrodesi con o senza imposizione di una cifosi più marcata. Vengono così rilevate variazioni predisponenti ad una futura possibile degenerazione artrosica, in particolare nel caso di un incremento patologico della cifosi. Questo lavoro presenta il limite di un breve tempo di osservazione, che rende impossibile di fatto prevedere con certezza se queste predisposizioni condurranno realmente ad una maggiore artrosi a lungo termine, peraltro probabile. Invece questi risultati possono giustificare la verifica clinica dell'importanza di una deformità vertebrale a cuneo nell'indurre dolore ed alterazioni della statica vertebrale, spesso riferiti dai pazienti.

Lo studio di Karachalios a pag. 10 è di grande interesse per svariati motivi. Innanzitutto, il metodo: vengono messi a punto tutti i parametri per introdurre in clinica una procedura di screening per la scoliosi. In secondo luogo, un difetto di fondo: purtroppo gli scoliosologi in gran parte (non tutti per fortuna) vivono nella concezione manichea dell'esistenza di una "verità assoluta" che è la radiografia. L'articolo si basa interamente su questo preconcetto e prende come elemento discriminante proprio la radiografia per definire se esiste una scoliosi. Questo approccio è per altro quasi universalmente accettato, ma si basa sull'ignoranza sostanziale dell'esistenza dell'atteggiamento scoliotico, ossia di quella inclinazione laterale del rachide non accompagnata dalla rotazione vertebrale e dalla deformità ossea, che non è patologia e che va messa per prima in diagnosi differenziale con la scoliosi vera. Di qui l'utilizzo della radiografia (!!!) come rappresentazione del segno patognomonico della scoliosi - l'inclinazione laterale -e non dell'esame clinico come unico strumento che consente di rilevare il vero segno patognomonico della scoliosi vera: il gibbo. Andrebbero quindi ribaltate le considerazioni circa sensibilità e specificità della misurazione del gibbo (qui definito FBT): si tratta in realtà della sensibilità e della specificità dell'esame radiografico. La Moire ne risulta ovviamente avvantaggiata, perché è in grado di distinguere meglio dello scoliometro o di qualunque curvimetro un atteggiamento scoliotico, che è quanto viene qui preso a parametro di realtà. Vale la pena leggere il lavoro per tutte le considerazioni sviluppate e per il metodo utilizzato, ma si deve fare attenzione alle conclusioni proposte.

Essenziale ed imperdibile per quanti si occupano di scoliosi è il lavoro di Doody a pag. 14. Si tratta di uno studio retrospettivo monumentale, che ha coinvolto un gran numero di cliniche negli Stati Uniti e che ha dimostrato chiaramente un aumento del cancro al seno nelle pazienti affette da scoliosi sottoposte a radiografie. Ci preme sottolineare alcuni elementi che non devono assolutamente essere persi: ogni paziente era stato sottoposto in media a 24.7 (!!!) esami nel corso dei 40 anni di follow-up; la tabella 1 testimonia come la dose di radiazioni sia enormemente diminuita con il tempo: questo studio riguarda le dosi dal 1960 al 1975, per lo meno per il periodo di età evolutiva delle pazienti; una radiografia è particolarmente pericolosa prima degli 11 anni, quando sembra che il tessuto mammario sia più sensibile al nefando effetto delle radiazioni; le radiografie postero-anteriori, che pochissimi (per non dire praticamente nessuno) fanno, riducono enormemente la dose di radiazioni e di conseguenza il rischio per le nostre pazienti (vedi articolo: Rischi di irradiazione nel trattamento delle scoliosi; Drummond D., Spine, 1983, pag. 741-748 - Traduzione GSS, 15C, 1984). Da tutto questo non può venire che forte e chiaro il monito a cercare di ridurre il più possibile le radiazioni (naturalmente entro il limite delle necessità diagnostiche, che sono in ogni caso preminenti: sempre che non si debba semplicemente diagnosticare una lieve scoliosi, che già il gibbo dimostra essere tale …).

Spondilolistesi dell'adulto: progredisce, è instabile, come va trattata ?

Il lavoro di Floman a pag. 20 porta la nostra attenzione su un argomento relativamente poco studiato in letteratura, la spondilolistesi dell'età adulta, sul quale nel corso del 2000 sono però stati pubblicati questo contributo ed i successivi che presentiamo. La domanda che si è posto l'autore è: quali sono i fattori che giustificano un'evoluzione della patologia in età adulta, evoluzione presente più o meno nel 20% dei casi ? Egli presenta di fatto solo una casistica, con tutti i limiti metodologici che questo comporta: assenza di un gruppo di controllo, inferenza sulla base di un numero ristretto di dati, etc . Eppure è possibile trarre un insegnamento interessante, o per lo meno confermare un'idea che molti già avevano: la progressione è chiaramente favorita da una degenerazione discale, l'elemento stabilizzante che risulta essere, nei casi "meno stabili" (secondo l'accezione che andremo a definire commentando il lavoro successivo), il più forte che esiste: quindi si conferma l'osservazione già da molti fatta sull'importanza determinante di preservare l'integrità discale in questi pazienti. Come farlo può essere oggetto di dibattito per anni, per lo meno nel soggetto asintomatico. Viceversa, nel soggetto con sciatica ci si deve una volta per tutte ben chiarire che, se si rivela necessario arrivare sino all'intervento chirurgico, la discectomia semplice, non associata ad una stabilizzazione, è un atto sadico nei confronti del paziente, per lo meno per due motivi: non c'è assoluta certezza che sia un'ernia o un bulging presente localmente a determinare DA SOLA la sintomatologia e, soprattutto, la destabilizzazione del livello olistesico che si viene a determinare è quasi sempre causa di ulteriori dolori e di evolutività dello scivolamento negli anni che provocherà non pochi problemi al paziente.

Di grande interesse è lo studio di Axelsson a pag. 24, pur essendo presenti delle limitazioni e necessitando quindi di alcune precisazioni. Il tema è: nella spondilolistesi adulta esiste instabilità vertebrale ? Non è un problema da poco, perché su questa base vengono proposti interventi chirurgici o trattamenti conservativi stabilizzanti in pazienti che magari hanno la colonna ben più stabile di chi non presenta alcuna olistesi. La conclusione degli autori è che non ci sia instabilità vertebrale nella spondilolistesi: questo suona come un pugno nello stomaco per molti. Cominciamo dai limiti: solo 8 pazienti inclusi, solo 1 livello indagato, grossa eterogeneità nei dati; d'altra parte l'invasività della metodica non poteva consentire una grossa casistica. Di certo ammorbidiremmo il discorso, affermando che non è possibile tout court affermare che una spondilolistesi sia ipermobile in forme lievi (I o II grado), come quelle qui indagate, anche se è possibile che la maggioranza dei pazienti non abbia una instabilità; altrettanto certamente è necessario arrivare a dotarsi di strumenti che consentano di definire con maggiore precisione la patologia "instabilità vertebrale", che sicuramente esiste, ma non è oggi precisata secondo parametri strumentali che sono imprescindibili. Allora che fare di fronte ad una spondilolistesi lieve ? Si possono applicare tecniche mobilizzanti, o sono proscritte ? Primo, una buona valutazione, con anamnesi adeguata (storia di dolore solo al movimento) ed eventuali radiografie dinamiche (sia pure con tutti i limiti che queste comportano, a partire dai tecnici radiologi che troppo spesso le fanno fare in modo non corretto, senza arrivare a fine corsa articolare). Quindi, se non ci sono motivi per pensare che vi sia una instabilità, si può procedere anche con tecniche mobilizzanti, spesso più rapidamente efficaci sul dolore, sia pure non trascurando il lavoro di stabilità che è quello preventivamente più efficace sul lungo periodo. Sempre fatto salvo che se i dolori aumentano, è possibile "ex non adiuvantibus" definire che la mobilizzazione lì non va bene, magari proprio per una lieve instabilità, e passare subito alla seconda fase terapeutica.

Lo studio di Möller a pag. 26 è veramente di grande interesse anche per chi si occupa di trattamento conservativo, pur non dimostrando una maggiore efficacia di quest'ultimo rispetto alla chirurgia. Sapere infatti quando trattare e quando no, quali sono i limiti di un intervento non chirurgico, è di sostanziale importanza. Tra tanta chirurgia vertebrale spesso ingiustificata, questo studio molto ben condotto pone una indicazione inequivocabile per una patologia ben identificabile. Si prenda però accuratamente nota della popolazione: dolore da 13 anni (lombare e/o sciatico), spondilolistesi di qualunque entità, 79% dei pazienti in pensione di invalidità da 16 mesi. Si tratta quindi di una popolazione di elevato impegno e di non ampia diffusione. Si prenda poi nota anche che, purtroppo, come al solito non viene specificato in dettaglio il tipo di esercizi effettuati, e non si è quindi in grado di esprimere un giudizio su questo, anche se il tutto fa chiaramente pensare che in simili pazienti ci possa essere veramente una indicazione chirurgica. Un'ultima riflessione: il 30% dei pazienti operati (1 su 3) o non è migliorato o è addirittura peggiorato con l'intervento. Al di là del risultato è necessario quindi misurare ulteriormente le indicazioni, perché si può accettare che un paziente non migliori dopo la ginnastica, mentre non è accettabile dopo essersi sottoposto ai rischi e all'impegno di un atto chirurgico.

Stenosi vertebrale foraminale e canalare, con revisioni di efficacia del trattamento conservativo

Jenis a pag. 91 rivede con grande attenzione e dovizia di particolari un argomento molto specialistico, ma che non può essere ignorato da chi si occupa primariamente di patologie vertebrali dell'adulto: la stenosi foraminale lombare. Ne vengono descritti l'anatomia normale e patologica, la presentazione clinica, la diagnostica strumentale ed il trattamento. L'iconografia è ricca ed il lavoro sicuramente molto interessante, didattico ed istruttivo.

Concreto nelle conclusioni e pratico nell'impostazione il lavoro di Amundsen a pag. 29 che rivede, con ottima impostazione metodologica, il risultato a distanza di uno studio che poneva a confronto il trattamento conservativo con quello chirurgico per la stenosi spinale lombare. Si trattava di pazienti differenti per i due tipi di trattamento, randomizzati solo per una piccola parte. Lo studio porta a conclusioni condivisibili: il trattamento chirurgico è spesso la miglior scelta per i pazienti più gravi, anche se esiste la possibilità di attendere e provare un trattamento conservativo (per altro efficace in una cospicua percentuale dei casi) senza correre il rischio di vedere vanificato il risultato di un eventuale successivo atto cruento. Vale la pena di leggere attentamente sia questo studio che il PdV di Turner a pag. 35.

Sul medesimo argomento, ma da un'angolatura differente e con minor spessore scientifico, trattandosi di una semplice casistica, lo studio di Simotas a pag. 36. Viene qui ripercorso, come raramente avviene, il percorso terapeutico conservativo riabilitativo proposto ai pazienti, tutti di notevole importanza da un punto di vista patologico, tutti trattati conservativamente. Alcuni sono ovviamente ricorsi al trattamento chirurgico in seguito, ma è comunque interessante ripercorrere l'andamento di questo approccio conservativo aggressivo alla stenosi lombare. Completa lo studio il PdV di Katz a pag. 40.

Compressione radicolare: revisione ed importanza di test diagnostici e predittivi di risultato

A pag. 91 entriamo in un nuovo capitolo, quello delle compressioni radicolari e dei disturbi neurologici conseguenti, con una splendida e didattica revisione dell'argomento compressione nervosa, che spazia al di là della sola schiena, presentato su The Journal of Bone and Joint Surgery da Rempel. L'autore ripercorre l'anatomia ed istologia, la fisiopatologia sperimentale, gli effetti a brevissimo, breve e lungo termine, oltre a considerare alcuni meccanismi patogenetici come la vibrazione e la pressione extra-neurale, ed a rivedere degli elementi di estremo interesse come la mobilità del nervo e l'importanza delle posizioni articolari. Un lavoro molto completo e preciso, che merita una lettura attenta, per rinfrescare o ristudiare a fondo alcune nozioni di base essenziali per la pratica quotidiana. Per chi non vuole ripercorrere tutto il lavoro, il riassunto finale è molto efficace. A noi preme comunque sottolineare che l'ipotesi della compressione è solo una tra quelle proposte sul meccanismo di insorgenza del danno radicolare: più moderna ed oggi più sostenuta appare invece l'ipotesi infiammatoria (da rilascio di enzimi proteolitici endodiscali).

Con lo studio di Balagué a pag. 61 ci introduciamo in una triade sulla valutazione del paziente affetto da sciatica, con caratteristiche e finalità differenziate. Il primo contributo analizza un campione di pazienti affetti da grave sciatica, trattati con riabilitazione in regime di ricovero: questi pazienti sono stati sottoposti ad una batteria di test iniziali e quindi seguiti per un anno al fine di verificare quali test diagnostici e biomarcatori (indici ematici di danno neurale) si dimostrassero predittori di un buon risultato. Collateralmente sono stati valutati aspetti come i dati clinici iniziali di questi pazienti e le correlazioni tra i vari test diagnostici. Questo studio è sicuramente interessante per chi intenda disporre di una batteria di test predittivi, anche se lo studio è sottodimensionato, come dimostra la mancanza di elementi statisticamente significativi.

A pag. 65 Devillé presenta un lavoro metanalitico di notevole spessore scientifico che approfondisce l'accuratezza diagnostica per ernia discale del test di Laségue, che viene qui secondo l'(erroneo) uso comune fatto coincidere con l'anglosassone SLR (Straight Leg Raising- Sollevamento della gamba tesa). I risultati possono essere così efficacemente riassunti: se il SLR è positivo è molto probabile la presenza di un'ernia; se è negativo non possiamo comunque escluderla. Questo studio ha valutato solo quello oggi considerato come il vero gold standard, ossia la presenza dell'ernia discale provata dal riscontro chirurgico. Come gli autori giustamente sottolineano, però, questo spinge a considerare solo una popolazione realmente grave. Personalmente vogliamo aggiungere che non è detto che l'ernia discale sia di per sé la causa del sintomo: ne consegue che un SLR positivo può sì indicare egregiamente un'ernia, ma solo questo e non la causa del dolore. Più interessante sarebbe poter disporre anche di altri test e/o di risultati terapeutici che possano portare a verificare se la bassa specificità del SLR (ossia la presenza di tanti falsi negativi) sia correlata all'importanza clinica dell'ernia: in pratica, se la negatività del SLR indichi un'ernia non rilevante dal punto di vista del paziente. Questo sarebbe veramente molto interessante.

Questi lavori si concludono con un contributo di Stankovic a pag. 69 che rivede una serie di altri test fisici e la loro correlazione con l'ernia discale come documentata dagli esami per immagini (TC ed RM). Il problema principale di questo lavoro è che qui non viene neanche sfiorato l'argomento principe da considerare: TC ed RM non sono un gold standard, ossia non costituiscono un riferimento assoluto sulla eventuale presenza di un'ernia. E' comunque interessante seguire l'importanza di questi test tipicamente applicati in alcune tecniche riabilitative (McKenzie, Maitland, …) nel prevedere il risultato dell'esame per immagini.

Quali attività e/o esercizi proporre o impedire dopo una discectomia

Dalla compressione radicolare ad una delle sue possibili risposte terapeutiche: la discectomia. Questa viene però vista dall'osservatorio del riabilitatore, con tre contributi sulle attività post-chirurgiche concedibili e sugli esercizi (aggressivi e non) da proporre. Si comincia con Carragee a pag. 73 che ci guida per mano con una lettura anche piacevole al perché ed al come ha cominciato a pensare di non limitare le attività quotidiane dei suoi pazienti operati: da tempo la sua anedottica personale gli aveva suggerito questa possibilità, perché diversi pazienti che "si trascuravano", ossia non si limitavano, sembravano riferire di stare addirittura meglio degli altri, dei pazienti "normali". Con un progetto di studio quindi preliminare ad un possibile randomizzato, ma che in realtà offre già risultati di estremo interesse, l'autore ha voluto giustamente verificare se queste impressioni corrispondessero a realtà: così è. Quindi, anche dopo un intervento, si sta meglio a muoversi il più presto possibile, a tornare a lavorare, piuttosto che a giacere a letto e/o muoversi afinalisticamente per casa. Di certo in questi risultati esistono pesantemente anche fattori personali chirurgo-dipendenti e probabilmente non sono del tutto generalizzabili con estrema facilità: però se questi risultati si confermeranno ulteriormente, come i due lavori successivi, in modo diverso, suggeriscono, l'approccio generalmente (ma non ubiquitariamente) seguito non potrà che modificarsi radicalmente.

A 4 settimane dall'intervento l'esercizio fa stare meglio (Dolan, pag. 75), soprattutto se vigoroso (Danielsen, pag. 80). Questi due lavori sono due facce della medesima medaglia: entrambi gli autori hanno infatti proposto un programma riabilitativo, diversi solo per tipologia di esercizi e per entità di lavoro, nonché per caratteristiche del gruppo di controllo, che ha dimostrato invariabilmente un effetto benefico sul breve e medio termine di un programma di esercizi per i pazienti sottoposti ad erniectomia. Quindi, anche per loro, come già in quasi tutti i campi relativi alla schiena, non resta che dire: signori, muoversi ! Anche se naturalmente vanno letti con attenzione la tipologia di esercizi effettuati, perché non è vero che tutto serve in modo indifferenziato.

Sindromi radicolari cervicali: quale trattamento conservativo e sua efficacia rispetto alla chirurgia

Concludiamo questa lunga rassegna di lavori del 2000 sulle radicolopatie alzando lo sguardo verso il collo. Abdulwahab ci aiuta a pag. 83 a verificare come la classica postura di lettura a rachide cervicale completamente flesso sia dannosa per i pazienti con cervicobrachialgia, mentre sia un aiuto procedere con le retrazioni del capo, che oltre a ridurre i sintomi hanno anche un effetto su un dato oggettivo come la rilevazione EMG del riflesso H. Questo studio proviene da una scuola precisa, quella di McKenzie, ma questo certamente non gli toglie valore, anzi innalza quello dei proponenti; un'affermazione non possiamo però condividere: ossia che la retrazione del capo sia stata inventata dall'autore neozelandese, che ha sicuramente avuto grandi meriti nel sistematizzare e razionalizzare una materia molto poco razionale; come ha avuto grossi meriti di capacità innovativa e di rivalutazione di alcuni eventi sotto gli occhi di tutti, ma non visti; ed ha avuto l'enorme intuizione di investire in ricerca, facendone un antesignano tra i terapisti: ma non ha inventato nulla, perché i suoi esercizi per il collo erano proposti, sia pure in un quadro diverso, da decenni in Italia (e crediamo anche nel resto del mondo), da diversi autori. Anche e soprattutto la retrazione del capo !

Heckmann a pag. 86 offre un contributo veramente altamente significativo per un campo magmatico come le radicolopatie di origine cervicale e dimostra chiaramente una maggiore efficacia del trattamento conservativo rispetto a quello chirurgico. Attenzione però: siamo di fronte ad un lavoro retrospettivo, sia pure con lungo follow-up (più di 5 anni): quindi i limiti di questo progetto di studio, che può aver portato a criteri di selezione dei pazienti che hanno favorito un certo tipo di approccio rispetto ad un altro, vanno chiaramente tenuti ben a mente. Però non si può negare che questi risultati siano estremamente promettenti e giustifichino, nonché rendano per lo meno a noi condivisibile, l'affermazione finale secondo la quale, prima di intervenire chirurgicamente, è essenziale procedere ad un trattamento conservativo ADEGUATO prolungato.

Miscellanea pratica: dall'elettromiografia alle varie tecniche di terapia manuale e non, con editoriale

Bello, completo, didattico e preciso il lavoro bibliografico di Soderberg a pag. 92 che ci accompagna per mano in una scienza difficile come quella elettromiografica, ce ne illustra le ampie potenzialità, non trascurando di rivederne anche i limiti. D'altra parte questo contributo è accompagnato dal solito ineguagliabile PdV di Boccardi, al quale lasciamo ogni commento ulteriore.

A pag. 93 presentiamo in successione due articoli editoriali apparsi su Annales de Kinésithérapie dove vengono didatticamente riassunti una serie di approcci terapeutici, principalmente basati sulla medicina manuale, al paziente lombalgico, ma non solo: Cyriax, Mennel, osteopatia, Maitland, Kaltenborn, McKenzie, Sohier, Mézières e rieducazione funzionale. L'approccio scelto si basa su un percorso sistematico (filosofia, concetti essenziali, valutazione, interpretazione, strategia di trattamento) che ha il suo massimo pregio nella sistematicità, ed il suo grande limite nella forzata sintesi. In pratica, si può disporre qui di un comodo brevissimo riassunto, ma con tutti i limiti che questo di norma comporta.

Buona integrazione ai due lavori precedenti è l'editoriale di Rivett a pag. 90 apparso sulla rivista Manual Therapy. Vengono qui sottolineati alcuni aspetti che i Soci più accorti da tempo già conoscono e che l'opera del GSS da anni oramai ha portato avanti in termini pratici, oltrechè teorici. Non esiste il guru, non esiste la verità assoluta, ma solo una molteplicità di tecniche che l'abilità "artistica" del singolo terapeuta saprà miscelare sulla base di una valutazione, altrettanto "artistica", del paziente e delle sue competenze "scientifiche" rispetto alle necessità di questa tipologia di pazienti ed alle nozioni "scientifiche" sull'efficacia delle singole forme terapeutiche. I termini virgolettati sono le chiavi di lettura: la medicina è infatti una "arte scientifica", ossia un approccio artistico al singolo ed alle sue necessità (ogni individuo è storia a sé), mentre scientifico deve essere il quadro di riferimento entro il quale ci si muove. Tutto questo è in chiara, aperta e totale contraddizione con quelle religioni esclusive e totalizzanti cui si fa riferimento in questo interessante articolo.

Pagine verdi: stabilizzazione lombare, tennis ed arti marziali

A pag. 41 si conclude il lavoro bello e dettagliato di Richardson sulla stabilizzazione del rachide lombare. Vengono qui considerati in analisi l'anatomia e la funzione del traverso dell'addome, il muscolo chiave tra gli addominali per questa funzione, e dell'obliquo interno, meno importante. Si confermano i pregi della parte I pubblicata nell'ultimo fascicolo dello scorso anno.

Il tennis è un'attività oggi forse meno frequente tra i più giovani, ma ampiamente praticata in età avanzata da numerosi appassionati, che vi dedicano spesso interi pomeriggi. Eppure è una di quelle attività contro le quali gli "schienologi" più o meno affermati si sono più volte scagliati, con ragioni diverse ma troppo spesso pregiudiziali. L'ottimo lavoro di Saal a pag. 48 in realtà non affronta questo tema, ma rivede in dettaglio i movimenti tipici del tennis ed i loro potenziali pericoli che, come è giusto, non dipendono per gli autori dal colpo in sé ma da come il movimento viene effettuato. Si passa quindi ad una seconda parte che si concentra in modo moderno e pienamente condivisibile sulle modalità con cui condurre una riabilitazione: alle capacità fisiche di base (forza, articolarità, elasticità) si aggiunge un altro aspetto fondamentale in termini di recupero delle qualità neuromotorie e di stabilizzazione.

Infine, a pag. 53, Schauer conclude il lavoro sulle arti marziali dell'ultimo numero dell'anno scorso: l'inizio di questa parte è quasi magistrale e totalmente estendibile, nei suoi principi generali, ad una buona pratica riabilitativa piena di buon senso. Da qui si passa ad un'analisi attenta di tutti i gesti tecnici che va letta nel merito per chi di arti marziali si occupa (o per chi abbia un paziente che se ne interessa) e nel metodo per chi si deve occupare del rachide di sportivi: è questa l'analisi da condurre, perché solo entrando nel dettaglio del gesto tecnico del proprio paziente si può avere la speranza concreta di impedire il ripetersi del problema ed essergli veramente di aiuto. Il lavoro si conclude con una valutazione di alcune problematiche specifiche del paziente che deve riprendere l'attività.

In conclusione, vi lascio come al solito in compagnia delle brillanti sintesi di Carlo Trevisan a pag. 94, che come sempre ci offrono una serie di valide riflessioni ben commentate. Buona lettura e buon proficuo anno di lavoro con il GSS.

Buona lettura.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del I fascicolo 2001

  1. Tipi di deformità e progressione nella scoliosi congenita
    Estratto da: Shahcheraghi GH, Hobbi MH. Patterns and Progression in Congenital Scoliosis. Jornal of Pediatric Orthopaedics 1999: 19(6); 766-75 (Referenze Bibliografiche n. 18).

  2. Valutazione di un programma di screening scolastico per la scoliosi della durata di 10 anni. Il bending test è un criterio diagnostico valido?
    Estratto da: Karachalios T, Sofianos J, Roidis N, Sapkas G, Korres D, Nikolopoulos K. Ten-Year Follow-Up Evaluation of a School Screening Program for Scoliosis. IS the Forward-Bending Test an Accurate Diagnostic Criterion for the Screening of Scoliosis? Spine 1999: 24(12); 2318-24 (Referenze Bibliografiche n. 36).

  3. Mortalità per il cancro al seno a causa di radiografie diagnostiche
    Estratto da: Doody MM, Lonstein JE, Stovall M, Hacker DG, Luckyanov N, Land CE. Breast Cancer Mortality After Diagnostic Radiography. Findings From the U.S. Scoliosis Cohort Study. Spine 2000: 25(16); 2052-63 (Referenze Bibliografiche n. 37).

  4. Progressione della spondilolistesi istmica lombo-sacrale negli adulti
    Estratto da: Floman Y. Progression of Lumbosacral Isthmic Spondylolisthesis in Adults. Spine 2000: 25(3); 342-7 (Referenze Bibliografiche n. 28).

  5. Nella spondilolistesi istmica adulta c'è una maggiore mobilità intervertebrale?
    Estratto da: Axelsson P, Johnsson R, Strömqvist. Is There Increased Intervertebral Mobility in Isthmic Adult Spondylolisthesis? A Matched Comparative Study Using Roentgen Stereophotogrammetry. Spine 2000: 25(13); 1701-3 (Referenze Bibliografiche n. 15).

  6. Chirurgia e trattamento conservativo nella spondolilistesi istmica adulta
    Estratto da: Möller H, Hedlund R. Surgery Versus Conservative Management in Adult Isthmic Spondylolisthesis. A Prospective Randomized Study: Part 1. Spine 2000: 25(13); 1711-15 (Referenze Bibliografiche n. 31).

  7. La stenosi spinale lombare: trattamento conservativo o chirurgico?
    Estratto da: Amundsen T, Weber H, Nordal HJ, Magnaes B, Abdelnoor M, Linneas F. Lumbard Spinal Stenosis: Conservative or Surgical Management? A Prospective 10-Year Study. Spine 2000: 25(11); 1424-36 (Referenze Bibliografiche n. 58).

  8. Il trattamento conservativo per la stenosi spinale lombare
    Estratto da: Simotas AC, Dorey FJ, Hansraj KK, Cammisa F. Nonoperative Treatment for Lumbar Spinal Stenosis. Clinical and Outcome Results and a 3-Year Survivorship Analysis. Spine 2000: 25(2); 197-204 (Referenze Bibliografiche n. 15).

  9. Guarigione da una sciatica grave
    Estratto da: Balagué F, Nordin M, Sheikhzadeh A, Echegoyen A-C, Brisby H, Hoogewoud HM, Fredman P, Skovron ML. Recovery of Severe Sciatica. Spine 1999: 24(23); 2516-24 (Referenze Bibliografiche n. 83).

  10. Il test di Lasègue. Una rassegna sistematica dell'accuratezza nella diagnosi dell'ernia discale
    Estratto da: Devillé WLJM, Van der Windt DAWM, Dzaferagic A, Bezemer PD, Bouter LM. The Test of Lasègue. Systematic Review of the Accuracy in Diagnosing Herniated Discs. Spine 25(9); 1140-7 (Referenze Bibliografiche n. 45).

  11. Estensione lombare, flessione, esame fisico e neurologico nella valutazione di un sospetto nucleo polposo erniato
    Estratto da: Stankovic R, Johnell O, Maly P, Willner S. Use of lumbar extension, slump test, physical and neurological examination in the evaluation of patients with suspected herniated nucleus pulposus. A prospective clinical study. Manual Therapy 1999: 4(1); 25-32 (Referenze Bibliografiche n. 64).

  12. Restrizione dell'attività dopo discectomia lombare posteriore
    Estratto da: Carragee EJ, Han MY, Yang B, Kim DH, Kraemer H, Billys J. Activity Restrictions After Posterior Lumbar Discectomy. Spine 1999: 24(22); 2346-51 (Referenze Bibliografiche n. 21).

  13. La terapia con esercizi può migliorare l'esito della micro-discectomia?
    Estratto da: Dolan P, Greenfield K, Nelson RJ, Nelson IW. Can Exercise Therapy Improve the Outcome of Microdiscectomy? Spine 2000: 25(12); 1523-32 (Referenze Bibliografiche n. 57).

  14. L'esercizio aggressivo precoce per la riabilitazione post-operatoria dopo una discectomia
    Estratto da: Danielsen JM, Johnsen R, Kibsgaard SK, Hellevik E. Early Aggressive Exercise for Postoperative Rehabilitation After Discectomy. Spine 2000: 25(8); 1015-20 (Referenze Bibliografiche n. 23).

  15. Retrazione del collo, decompressione della radice cervicale e dolore radicolare
    Estratto da: Abdulwahab SS, Sabbahi M. Neck Retractions, Cervical Root Decompression, and Radicular Pain. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy 2000: 30(1); 4-12 (Referenze Bibliografiche n. 24).

  16. Ernia discale cervicale associata a radicolopatia: risultati del trattamento conservativo o chirurgico
    Estratto da: Heckmann JG, Lang CJG, Zöbelein I, Laumer R, Druschky A, Neundörfer B. Herniated Cervical Intervertebral Discs with Radiculopathy: An Outcome Study of Conservatively or Surgically Trated Patients. Journal of Spinal Disorders 1999: 12(5); 396-401(Referenze Bibliografiche n. 42).

  17. Culti di terapia manuale
    Estratto da: Rivett DA. Editorial - Manual therapy cults. Manual Therapy 1999; 4 (3):125-6 (Referenze Bibliografiche n. 2).

    Tecnica

  18. La funzione dei muscoli del sistema stabilizzatore locale della colonna vertebrale (IIa parte)
    Estratto da: Richardson C, Jull G, Hodges P, Hides J. Traditional views of the function of the muscles of the local stabilizing system of the spine. In Therapeutic Exercise for Spinal Segmental Stabilization in Low Back pain. Scientific Basis and Clinical Approach, pp 21-40, Churchill Livingstone, United Kingdom, 1999

  19. Prevenzione e riabilitazione dei danni alla colonna vertebrale nel tennis
    Estratto da: Saal JA. Tennis. In The Spine in Sports (Watkins RG, ed), pp 499-504, Mosby, St. Louis, USA, 1996 (Referenze Bibliografiche n. 16).

  20. La difesa del rachide e le arti marziali (IIa parte)
    Estratto da: Schauer GF. Spine Defense and the Material Arts. In Spine Care (White AH, ed), pp 687-710, Mosby, St. Louis, USA, 1995 (Referenze Bibliografiche n. 34).

    Online

  21. La deformità cifotica influenza le caratteristiche biomeccaniche dei segmenti adiacenti?
    Estratto da: Oda I, Cunningham BW, Buckley RA, Goebel MJ, Haggerty CJ, Obegoso CM. Does Spinal Kyphotic Deformity Influence the Biomechanical Characteristics of the Adjacent Motion Segments? A In Vivo Animal Model. Spine 1999: 24(20); 2139-46 (Referenze Bibliografiche n. 33).

  22. Aggiornamento di Spine. La stenosi foraminale lombare
    Estratto da: Jenis LG, An HS. Spine Update. Lumbar Foraminal Stenosis. Spine 2000: 25(3); 389-94 (Referenze Bibliografiche n. 34).

  23. Pato-fisiologia delle sindromi di compressione nervosa: la reazione dei nervi periferici al carico. Revisione dei concetti correnti
    Estratto da: Rempel D, Dahlin L, Lundborg G. Current Concepts Review. Pathophysiology of Nerve Compression Syndromes: Response of Peripheral Nerve to Loading. The Journal of Bone and Joint Surgery 1999: 81-A (11); 1600-10 (Referenze Bibliografiche n. 93).

  24. Una guida per l'uso e l'interpretazione dei dati elettromiografici chinesiologici
    Estratto da: Soderberg GL, Knutson LM. A Guide for Use and Interpretation of Kinesiologic Elctromyographic Data. Physical Therapy 2000: 80(5); 485-98.(Referenze Bibliografiche n. 122).

  25. Sintesi di tre trattamenti diffusi in Francia: tecniche di Sohier, tecniche di Mézières, recupero funzionale del rachide
    Estratto da: Synthèse de trois traitements courants en France: techniques de Sohier, techniques de Mézières, restrauration fonctionnelle du rachis. Ann. Kinésithér. 1999: 26(6); 287-8.

  26. Sintesi e confronto di sei tecniche di intervento manuale: Cyriax, Mennell, Osteopatia, Maitland, Kaltenborn e McKenzie
    Estratto da: Synthèse de six techniques de traitement manuel. Synthèse et comparaison de six techniques d'intervention manuelle: Cyriax, Mennel, Ostéopathie, Maitland, Kaltenborn et McKenzie.. Ann. Kinésithér. 1999: 26(6); 284-6.


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