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Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del IV fascicolo 2000


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Boccardi e Sibilla

Scoliosi. Ipotesi eziologiche.
Sindrome da ipermobilità e lombalgia nei bambini
La biologia molecolare: nuove frontiere della ricerca al sevizio dei problemi del rachide
Fattori di rischio della lombalgia, con particolare attenzione a quelli importanti in riabilitazione: funzionali, muscolari, propriocettivi, cinestesici, da affaticabilità, di controllo neuromotorio
Esercizi per la lombalgia: modalità applicative ed efficacia di un programma specifico
Due studi importanti sull'efficacia delle manipolazioni a confronto con altre tecniche (McKenzie, un opuscolo, trattamento usuale)
Pagine verdi: basi anatomiche della stabilizzazione, sci ed arti marziali
Indice

Anche il 2000 se ne va. E' stato un anno importante per il GSS. In primo luogo, il numero di fascicoli è passato definitivamente da tre a quattro dopo il supplemento giunto a tutti come un regalo inaspettato alla fine del 1999, questo riduce il nostro stress nell'escludere tanto materiale di estremo interesse, sia pure aumentandolo per la fatica del lavoro da fare. Accanto a questo, abbiamo avuto due eventi speciali ed importanti, come la nascita della collaborazione con l'Università di Milano Bicocca con la realizzazione di un Seminario di aggiornamento dopo anni in cui non avevamo più proposto iniziative di questo genere, ed il recupero di una antica collaborazione un po' diluita nel tempo con un Istituto di Riabilitazione prestigioso come la Fondazione Don Gnocchi attraverso il Convegno sugli zainetti. Poi, Internet: abbiamo a disposizione un Sito che è sicuramente il principale del settore in Italia e tra i migliori al mondo; e questo non siamo noi a dirlo ma è un ente esterno, internazionale, come HON, che ha proprio il compito istituzionale di censire e selezionare il materiale sanitario presente sulla rete per offrire una lettura sulla qualità del materiale.
Ed il 2001 arriva. Anche quest'anno sarà interessante. Accanto alla replica dell'anno appena passato, avremo una nuova iniziativa come un opuscolo per il paziente lombalgico che è addirittura un superamento di una classica Back School. Eppoi la nostra principale attività istituzionale: i fascicoli. Abbiamo già selezionato il materiale: è estremamente ricco e, se possibile, più interessante di quello dell'anno passato. Quindi… passiamo alla lettura di questo fascicolo.

Scoliosi. Ipotesi eziologiche.

Azegami a pag. 307 ci accompagna in un affascinante, anche se un po' ermetico, viaggio nelle ipotesi meccaniche di origine della scoliosi. Fondamentale la prima frase, dove di fatto si sottolinea che la patogenesi meccanica non può essere negata, anche se l'eziologia potrebbe trovarsi altrove. Nell'introduzione viene presentata una revisione delle possibili ipotesi eziopatogenetiche meccaniche, per poi arrivare a questo studio di modelizzazione computerizzata che dimostra tra le più probabili l'ipotesi dell'incurvamento. Rimane il fatto che quest'ipotesi viene qui applicata al solo rachide dorsale: non è dato di sapere se è riferibile anche agli altri distretti.

Cheng a pag. 312 riporta un'interessante correlazione tra potenziali evocati somato-sensoriali (PESS) e scoliosi idiopatica ed ectopia tonsillare come da malformazione di Chiari I. Questo lavoro, oltre alle chiare implicazioni eziologiche, che portano ulteriore sostegno all'ipotesi neurologica per un discreto numero di scoliosi cosiddette idiopatiche, ci porta a considerare l'eventuale necessità di uno screening con PESS dei pazienti scoliotici al fine di verificarne le potenzialità di peggioramento. Questa necessità può essere certamente posta in dubbio, ma non per le scoliosi superiori a 45°, dove il numero di PESS positivi e di malformazioni di Chiari I individuate raggiunge un terzo del totale.

Sindrome da ipermobilità e lombalgia nei bambini

Molto interessante è il lavoro di Russek a pag. 315, che ci presenta un aspetto raramente riportato in letteratura e che potrebbe avere importanti riflessi nelle patologie vertebrali. Noi tutti sappiamo come vi siano dei bambini con scoliosi "iperlassi" e chi ha confidenza con le gravi scoliosi dell'adulto sa che questa sottopopolazione è particolarmente frequente ed importante. Il processo eziopatogenetico adombrato, di tipo collagenopatico, è stato anch'esso sostenuto tra le possibili cause delle scoliosi idiopatiche. Inoltre la sindrome di ipermobilità può essere una spiegazione di diversi dolori del bambino in fase di accrescimento.

Il lavoro di Russek ci introduce al lavoro successivo, di Salminen a pag. 321, sulla lombalgia nei bambini. Questo studio, oltre a portare l'attenzione su un problema scottante per la ricerca e di cui ci siamo occupati anche personalmente, ha una grande importanza perché sottolinea come con buona probabilità il paziente lombalgico cronico provenga da lontano (è già predisposto in partenza) e che il disco intervertebrale è un protagonista di primo piano (anche se non il solo) nella genesi del dolore lombare. In questo senso anche il PdV di Fairbank a pag. 324 è importante, in quanto conferma ancora una volta che, nonostante giustamente l'attenzione si sia sempre più spostata ultimamente verso le problematiche psicologiche, esiste comunque una base organica del dolore che non si può dimenticare.

La biologia molecolare: nuove frontiere della ricerca al sevizio dei problemi del rachide

Il lavoro di Altman a pag. 325 ci porta direttamente nel futuro attraverso un ripasso di genetica umana (magari inutile per chi è appena uscito dall'Università, ma fondamentale per chi non ha mai affrontato questi temi) ed una revisione delle possibilità terapeutiche attuali che questo tipo di approccio permette. Il tutto viene poi concretizzato in conclusione con una visione dell'applicazione già in corso o prevedibile in tempi non troppo lunghi per le patologie spinali. Si tratta quindi del futuro che è già tra noi. Il limite del lavoro è in una certa qual prolissità nella parte di revisione iniziale, dilungandosi in modo sin troppo approfondito sulle teniche di ingegneria genetica.

Fattori di rischio della lombalgia, con particolare attenzione a quelli importanti in riabilitazione: funzionali, muscolari, propriocettivi, cinestesici, da affaticabilità, di controllo neuromotorio

Nissan a pag. 333 presenta un lavoro sull'utilizzo di strumenti avanzati di valutazione: si tratta in questo caso di una stazione per valutazione isocinetica che consente di monitorare tutti i piani dello spazio. Oggi questi strumenti sono praticamente limitati agli istituti di ricerca, ma di fatto nel tempo verranno resi disponibili sul mercato anche per una quantificazione più attenta dei processi riabilitativi, passaggio indispensabile cui la riabilitazione dovrà sottoporsi. Magari non saranno esattamente questo tipo di macchine, estremamente costose e non universalmente applicabili, e quindi forzatamente limitate nell'uso a pochi, ma il percorso cui assisteremo in pochi anni sarà questo.

Il lavoro di Croft a pag. 336 focalizza l'attenzione principalmente sull'attività fisica, accanto ad altre variabili, come possibili fattori associati alla insorgenza di un nuovo episodio di lombalgia in uno studio prospettico a un anno. Il limite principale del lavoro risiede da un lato nella brevità del follow-up, dall'altra nella imprecisa definizione della popolazione di partenza, in quando si sono considerati soggetti senza dolore da 4 settimane, senza dire quanti di questi avessero avuto lombalgia in passato ed in particolare negli ultimi due anni (elemento determinante questo, essendo il più forte predittore per un futuro episodio di dolore). Ciò detto, risulta qui che lo "sportivo della domenica" è quello a maggior rischio, mentre per il resto non ci sono né vantaggi né svantaggi. Ipotesi plausibile con un controllo a così breve distanza.

A pag. 340 Lee ci introduce al ruolo della forza del tronco nell'insorgenza di lombalgia. Va sottolineato in primo luogo la qualità dello studio, che è prospettico a 5 anni; accanto a questo, però, si rileva anche la giovane età dei soggetti valutati (17 anni all'inizio dello studio) e soprattutto la valutazione effettuata (isocinetica). Quest'ultima è infatti una forma di contrazione della muscolatura artificiale, non presente in natura se non sugli appositi strumenti, e soprattutto difficilmente classificabile da un punto di vista fisiologico: si tratta certamente di contrazione isotonica, dovuta alla qualità delle fibre fasiche, ma non è completamente ed immediatamente trasferibile in termini funzionali. Attendiamo poi anche una valutazione delle fibre toniche, ben più importanti ai fini della statica del tronco, spesso quella più pesantemente implicata nella lombalgia. Peraltro, lo sbilanciamento flessori/estensori qui rilevato, parametro tra i più significativi già presenti in letteratura, può significare o uno sbilanciamento complessivo della muscolatura (più probabile) o una inversione della composizione delle fibre che fa sì che a livello isometrico si possa assistere addirittura al fenomeno opposto (molto meno probabile, ma non definitivamente scartabile). Da approfondire con future ricerche.

Il lavoro a pag. 362 di McNair è di estremo interesse in quanto si rivolge in modo scientifico ad un problema che in clinica da tempo ci si pone, circa le modalità di azione dei corsetti e perché i pazienti riferiscano dei miglioramenti che non si riescono a giustificare in termini di banale limitazione dell'articolarità. Questo studio offre basi precise di razionale all'uso dei corsetti in periodi limitati con scopi di miglioramento del controllo neuromotorio attraverso un aumento dell'input probabilmente esterocettivo, forse anche propriocettivo, con conseguente miglioramento della chinestesia. Va comunque sottolineata con forza la limitazione che deve essere imposta all'uso dei corsetti proprio in relazione alla possibile riduzione a lungo termine della forza e dell'articolarità, anche se un uso per brevi periodi a scopo preventivo o di sedazione del dolore può essere tollerata. Inoltre questo lavoro porta sostegno all'ipotesi della necessità di un lavoro di rieducazione chinestesica e propriocettiva. Illuminante poi il sintetico PdV di Sibilla a pag. 364 che attualizza nel campo della scoliosi il risultato di questo studio.

La capacità di riposizionamento del rachide, di chinestesia, viene indagata anche da Brumagne a pag. 365, che la rende difficoltosa agendo sul multifido attraverso una vibrazione che ne riduce la funzionalità e quindi impedisce il raggiungimento dell'obiettivo. Questo lavoro riconferma il ruolo del multifido nel controllo del movimento, mentre porta sostegno anche ad un possibile effetto delle vibrazioni, fattore di rischio noto da anni nel campo della lombalgia, come elemento di disturbo non tanto meccanico, quanto piuttosto neuro-motorio.

A pag. 368 Taimela ci offre l'occasione di un approfondimento molto gradito sul ruolo della fatica e della propriocezione. L'autore dimostra come l'affaticamento testimoniato da un apposito test elettromiografico riduca nei soggetti lombalgici cronici la cinestesia al punto di diminuire la capacità di controllare il riposizionamento preciso del rachide rispetto ai soggetti di controllo sani. Su questo lavoro il PdV di Boccardi è come al solito illuminante, in quanto, oltre a prendere una posizione totalmente condivisibile sulla bontà ed importanza del contributo di Taimela, il grande Silvano ci porta a concludere sulla necessità di ulteriori approfondimenti circa il lavoro strettamente tecnico del riabilitatore, e circa le modalità neurofisiologiche con cui quanto qui appreso possa essere riportato in pratica sui nostri pazienti. E' il lavoro del nostro futuro, come il punto di domanda finale non può che sottolineare. D'altra parte da anni sappiamo che varie modalità terapeutiche basate sul movimento, a volte anche tra loro totalmente in contraddizione quanto a basi teoriche, sono più efficaci del placebo nel risultato sul paziente lombalgico cronico. Non può essere che proprio questi aspetti neuro-motori giustifichino ed esaltino questi risultati, come unico tratto d'unione tra tecniche a volte diammetrialmente opposte ? Non può essere che riuscire a "entrare" nel sistema neuro-motorio del paziente, proponendo input diversi e finalizzati su un distretto come il rachide lombare normalmente usato ma non allenato, sia la chiave di volta del successo ? Non è che lo studio ci potrà permettere di arrivare a modi ancora più precisi ed efficaci di azione ? Ipotesi affascinanti che però necessitano tuttora del conforto di quei pochi spregevoli fatti che potrebbero (ma in cuor nostro non ci crediamo) anche smontarle (giusto Silvano ?).

Che relazione ci può mai essere tra lombalgia e tempo di reazione ? Sinora eravamo portati a pensare che un lombalgico non potesse partire bene in una gara di 100 metri a causa del dolore, scopriamo invece con il lavoro di Luoto a pag. 372 che questo succede anche perché sarebbe più lento ai blocchi ! Come mai ? Questo lavoro affascinante è stato studiato appositamente per dare una risposta a questo quesito. Scopriamo così ulteriormente che la mano dominante è più reattiva rispetto alla non dominante, ma non nei lombalgici cronici. Scopriamo inoltre che un programma riabilitativo di rieducazione funzionale del solo rachide è in grado di migliorare la prestazione dei tempi di reazione e ripristinare anche la differenza tra i due arti. Veniamo poi presi per mano e guidati alla scoperta della menomazione della memoria a breve termine conseguente all'"intasamento" del sistema da sovrastimolazione conseguente al dolore cronico. Ed in questa affascinante scoperta comprendiamo un altro motivo per cui il lombalgico cronico incontra più facilmente il suo dolore: reagisce più lentamente in generale agli stimoli esterni, quindi è meno in grado di "difendersi". Il PdV di Grisby a pag. 375 offre un necessario completamento alla ricerca.

Concludiamo questa lunga sezione di quest'ultimo fascicolo del 2000 con una veloce visione d'insieme di tutti questi lavori che riportano l'uso del movimento per la riabilitazione delle patologie del rachide sempre più entro criteri scientificamente inoppugnabili. Propriocezione, chinesitesia, controllo neuro-motorio da un lato, per quanto di più moderno viene riproposto (perché non è che non fosse proposto in passato), forza muscolare, affaticamento, attività fisica in generale dall'altro, per quanto di classico è già noto, sino ad arrivare ad ipotesi di sistema tanto affascinanti quanto futuribili sia per la necessità di ulteriori prove, sia per le possibili applicazioni pratiche, contribuiscono a rafforzare pesantemente il nostro bagaglio culturale e le basi teoriche del nostro lavoro.

Esercizi per la lombalgia: modalità applicative ed efficacia di un programma specifico

Il lavoro di McGill a pag. 377 può essere molto interessante e pratico per chi applica gli esercizi qui descritti nella propria pratica clinica quotidiana. Si tenga presente che l'ambiente di provenienza è anglosassone, laddove si standardizza attentamente il protocollo di lavoro: questi stessi movimenti possono però essere anche considerati dei test da applicare nei pazienti lombalgici e come tali questo lavoro, offrendo il data base di riferimento per i soggetti sani, rimane comunque essenziale. Un'altra annotazione importante è però circa il metodo: esercizi e test proposti vengono qui valutati attentamente in un campione sano per disporre di un confronto ben fondato da utilizzare nella pratica clinica quotidiana: un percorso che dovrebbe essere seguito anche da altri e potrebbe portare un po' più di scientificità nel nostro lavoro quotidiano.

Ecco un programma di esercizi non noto in Italia (se qualcuno sa che viene applicato in Italia, me lo faccia sapere), sviluppato in un ambiente non anglosassone, bensì in Scandinavia, sempre comunque secondo un percorso protocollare molto nordico per impostazione. Eppure questo programma non differisce molto da come noi concepiamo la Back School: ergonomia di gruppo con esercizi. Una differenza fondamentale risiede nel numero di sedute (20, invece di 10 - ma da tempo abbiamo ipotizzato la necessità in casi cronici di allungare questi numeri) e nei tempi di esecuzione: 14 sedute 2 volte alla settimana e quindi 6 per 1 volta alla settimana. Lo studio di Soukup a pag. 379 è molto elegante per metodologia (RCT) e dimostra inoppugnabilmente l'efficacia di questo approccio nel lombalgico e, questo si che è molto interessante, lo dimostra anche in termini di riduzione del numero di ricadute nel tempo. Un altro aspetto estremamente importante è l'elevatissima compliance dimostrata nel gruppo trattato, confermando l'evidente "gradevolezza" di questo approccio. Interessante poi anche il PdV di Fordyce a pag. 382, che però personalmente troviamo un po' troppo sbilanciato verso il "non fisico" del dolore lombare, a discapito di un più modesto realismo che consideri che, oltre alla psiche, probabilmente in un fenomeno somatico possa giocare un ruolo anche il corpo !

Due studi importanti sull'efficacia delle manipolazioni a confronto con altre tecniche (McKenzie, un opuscolo, trattamento usuale)

Lo studio di Cherkin a pag. 383 è di estrema importanza soprattutto per il prestigio assoluto della rivista (The New England Journal of Medicine) su cui è stato pubblicato che da un lato garantisce della serietà della metodologia applicata, dall'altro della diffusione mondiale data al lavoro stesso. Viene qui dimostrato che in pazienti con lombalgia acuta (durata del dolore 7 giorni) i risultati delle manipolazioni chiropratiche e del trattamento secondo McKenzie (effettuato da terapisti certificati) è superiore solo per la soddisfazione del paziente rispetto alla consegna di un semplice opuscolo educativo. Gli autori concludono che ci si deve chiedere se valga la pena affrontare le spese aggiuntive dei due trattamenti più impegnativi (in due anni interventi sanitari per $437 e $429 rispettivamente contro $153 nel gruppo trattato con l'opuscolo) in questa tipologia di pazienti. Personalmente condividiamo questa perplessità e pensiamo che certamente, in termini di costo-beneficio (e le tasse che paghiamo tutti gli anni ci IMPONGONO di ragionare così), non è possibile scelta diversa. Si tenga comunque presente che si trattava in questo caso di pazienti con lombalgia acuta di breve insorgenza e senza coinvolgimento sciatico.

Di nuovo su The New England Journal of Medicine questo contributo di Andersson approfondisce a pag. 387 l'efficacia della manipolazione, questa volta però di tipo osteopatico, rispetto alla terapia medica standard. Anche qui lo studio è metodologicamente inoppugnabile (RCT), rivolgendosi però a paziente sub-acuti, con un dolore di durata fra 3 settimane e 6 mesi. Anche in questo caso non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i due gruppi trattati. Qui però purtroppo non è stata effettuata una valutazione dei costi del trattamento e si è preso come misura di outcome l'uso di farmaci che, nel caso del trattamento osteopatico, può essere stato artificialmente ridotto più per una impostazione di scuola proposta al paziente che per una scelta del paziente stesso legata ai suoi dolori. Troviamo quindi condivisibile la conclusione che sono necessari ulteriori studi per approfondire l'argomento prima di trarre una qualunque conclusione. Il PdV di Howell a pag. 390 è in realtà uno degli editoriali dello stesso numero della rivista che ha tratto lo spunto dalla ricerca appena commentata. Quest'ultimo è forse ancora più interessante dell'articolo stesso, perchè ci presenta in dettaglio la realtà degli Stati Uniti, radicalmente diversa da quella italiana eppure spesso invocata dagli osteopati nostrani che non ci paiono spesso nemmeno lontanamente paragonabili con la realtà qui tratteggiata. Secondo me la domanda finale è la chiave di comprensione più importante: il tutto è assolutamente da non perdere.

Pagine verdi: basi anatomiche della stabilizzazione, sci ed arti marziali

La stabilizzazione del rachide è un'apparente moda dell'ultimo periodo. In realtà si tratta del recupero e della rivitalizzazione su base scientifica più attenta di antiche forme terapeutiche già molto note con Troisier, Carriere, o con il verouillage. Richardson a pag. 341 ci propone con attenzione tutte le basi anatomiche della stabilizzazione del rachide lombare, con un veloce ripasso che consigliamo a tutti, perché difficilmente dai tempi dell'Università avremo avuto modo di riprendere in mano con la dovuta attenzione questa materia. Ancor più interessante perché il tutto viene visto in termini funzionali, con uno stretto orientamento pratico.

Sciare è una passione per molti di noi, oltre che per molti pazienti. Eppure si tratta di uno sport che molti hanno, secondo me scorrettamente, demonizzato. Slosar a pag. 349 percorre questa pratica sportiva in modo molto valido rivedendo come può intervenire una lesione, quali sono le principali tecniche dello sci che possono agire in senso lesivo e che quindi richiedano la maggiore attenzione del riabilitatore per rimettere lo sciatore agonista, ma anche quello della domenica, sui propri attrezzi.

A pag. 352 Schauser ci accompagna nella prima parte di un viaggio affascinante nel mondo orientale delle arti marziali. Per chi non le conosce è un'occasione estremamente interessante, perché vengono riviste le situazioni a maggior rischio ma anche i molteplici pregi che queste attività fisico-sportive possano portare al rachide dell'amatore ma anche di chi ha qualche problema. Molto pratico ed interessante.


Carlo Trevisan a pag. 393, infine ci presenta in questo numero in una serie di interessantissimi lavori sulla scoliosi che non hanno trovato spazio tra le traduzioni dell'anno. Da gustare (come sempre).

Nell'attesa della Monografia, che vi perverrà dopo Capodanno, Buon Natale e felice 2001 con il GSS!

Buona lettura.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del IV fascicolo 2000

  1. Eziologia della scoliosi idiopatica
    Estratto da: Azegami H, Murachi S, Kitoh J, Ispida Y, Kawadami N, Makino M. Etiology of Idiopathic Scoliosis. Computational Study. Clinical Orthopaedics and Related Research 1998: 357; 229-36 (Referenze Bibliografiche n. 30).

  2. Correlazione fra acutezza della curva, potenziali evocati somatosensoriali e risonanza magnetica nella scoliosi idiopatica dell'adolescenza
    Estratto da: Cheng JCY, Guo X, Sher AHL, Chan YL, Metreweli C. Correlation Between Curve Severity, Somatosensory Evoked Potentials, and Magnetic Resonance Imaging in Adolescent Idiopathic Scoliosis. Spine 1999: 24(16); 1679-84 (Referenze Bibliografiche n. 45).

  3. Sindrome di ipermobilità
    Estratto da: Russek LN. Hypermobility Syndrome. Physical Therapy 1999: 79(6); 591-99 (Referenze Bibliografiche n. 84).

  4. Mal di schiena ricorrente e degenerazione precoce del disco nei giovani
    Estratto da: Salminen JJ, Erkintalo MO, Pentti J, Oksanen A, Kormano MJ. Recurrent Low Back Pain and Early Disc Degeneration in the Young. Spine 1999: 24(13); 1316-21 (Referenze Bibliografiche n. 29).

  5. Biologia molecolare e disturbi spinali. Una rassegna per il clinico
    Estratto da: Altman DA, Titus L, Hair GA, Boden SD. Spine Update. Molecular Biology and Pinal Disorders. A Survey for the Clinician. Spine 1999: 24(7); 723-30 (Referenze Bibliografiche n. 14).

  6. Il rachide lombare normale e sano: alcuni parametri funzionali
    Estratto da: Nissan M, Bar-Ilan K, Luger EJ, Steinberg EL, Brown S, Dekel S. The nolmal, healthy low back: some functional parameters. Journal of Back and Musculoskeletal Rehabilitation 1999:12; 1-5 (Referenze Bibliografiche n. 18).

  7. Fattori di rischio fisici a breve termine per nuovi episodi di lombalgia
    Estratto da: Croft PR, Papageorgiu AC, Thomas E, Macfarlane GJ, Silman AJ. Short-Term Physical Risk Factors for New Episodes of Low Back Pain. Prospective Evidence From the South Manchester Back Pain Study. Spine 1999:24(15); 1556-1561 (Referenze Bibliografiche n. 17).

  8. La debolezza dei muscoli del tronco come fattore di rischio per la lombalgia
    Estratto da: Lee JH, Hoshino Y, Nakamura K, Kariya Y, Saita K, Ito K. Trunk Musce Weakness as a Risk Factor for Low Back Pain. A 5-Year Prospective Study. Spine 1999: 24(1); 54-7 (Referenze Bibliografiche n. 25).

  9. La propriocezione del tronco: miglioramento tramite corsetto lombare
    Estratto da: McNair PJ, Heine PJ. Trunk Proprioception: Enhancement Through Lumbar Bracing. Arch Phys Med Rehabil 1999: 80(1); 969 (Referenze Bibliografiche n. 30).

  10. Effetto della vibrazione del muscolo paraspinale sul senso di posizione del rachide lombosacrale
    Estratto da: Brumagne S, Lysens R, Swinnen S, Verschueren S. Effect of Paraspinal Muscle Vibration on Position Sense of the Lumbosacral Spine. Spine 1999:24(13); 1328-31 (Referenze Bibliografiche n. 27).

  11. Effetto dell'affaticamento lombare sull'abilità di percepire una variazione di posizione lombare
    Estratto da: Taimela S, Kankaanpää M, Luoto S. The Effect of Lumbar Fatigue on the Ability to Sense a Change in Lumbar Position. A Controlled Study. Spine 1999: 24(13); 1322-27 (Referenze Bibliografiche n. 35).

  12. Meccanismi che spiegano l'associazione tra disturbi lombari e deficit nel processo di informazione. Uno studio controllato con follow-up
    Estratto da: Luoto S, Taimela S, Hurri H, Alaranta H. Mechanisms Explaining the Association Between Low Back Trouble and Deficits in Information Processing. Spine 1999: 24(3); 255-61 (Referenze Bibliografiche n.31).

  13. Tempi di resistenza per gli esercizi di stabilizzazione del rachide lombare
    Estratto da: McGill SM, Childs A, Liebenson C. Endurance Times for Low Back Stabilization Exercises: Clinical Targets for Testing and Trainig From a Normal Database. Arch Phys Med Rehabil 1999:80; 941-44 (Referenze Bibliografiche n. 17).

  14. L'effetto di un programma di esercizi Mensendieck come profilassi secondaria per lombalgie ricorrenti
    Estratto da: Soukup MG Glomsröd e al. The Effect of a Mensendieck Exercise program as Secondary Prophylaxis for Recurrent Low Back Pain. Spine 1999: 24(15); 1585-92 (Referenze Bibliografiche n. 48).

  15. Un confronto tra terapia fisica, manipolazioni chiropratiche e consegna di un opuscolo educativo per il trattamento di pazienti con lombalgia
    Estratto da: Cherkin DC, Deyo RA, Battié M, Street J, Barlow W. A comparison of phisical therapy, chiropractic manipulation, and provision of an educational booklet for the treatment of patients with low back pain. The New England Journal of Medicine 1999: 339(15); 1021-29 (Referenze Bibliografiche n. 33).

  16. Un confronto tra manipolazione vertebrale osteopatica e trattamento standard in pazienti con lombalgia
    Estratto da: Andersson GBJ, Lucente T, Davis AM, Kappler RE, Lipton JA, Leurgans S. A Comparison of Osteopathic Spinal Manipulation with Standard Care for Patients with Low Back Pain. The New England Journal of Medicine 1999: 341(19); 1426-31 (Referenze Bibliografiche n. 34).

    Teoria

  17. La funzione dei muscoli del sistema stabilizzatore locale della colonna vertebrale (Ia parte)
    Estratto da: Richardson C, Jull G, Hodges P, Hides J. Traditional views of the function of the muscles of the local stabilizing system of the spine. In Therapeutic Exercise for Spinal Segmental Stabilization in Low Back pain. Scientific Basis and Clinical Approach, pp 21-40, Churchill Livingstone, United Kingdom, 1999

  18. La prevenzione dei danni al rachide nello sci
    Estratto da: Slosar PJ. Snow Skiing. In Spine Care (White AH, ed), pp 716-20, Mosby, St Louis, USA 1995 (Referenze Bibliografiche n. 7).

  19. La difesa del rachide e le arti marziali (Ia parte)
    Estratto da: Schauer GF. Spine Defense and the Material Arts. In Spine Care (White AH, ed), pp 687-710, Mosby, Sant Louis, USA, 1995 (Referenze Bibliografiche n. 34).


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