bordo Gruppo di Studio della Scoliosi e delle patologie vertebrali. bordo Vuoi ricevere GRATIS
le GSS News?
Leggi qui!.
Vuoi diventare Socio
del Gruppo di Studio?
Ecco come fare

Home Page

Novità

Mappa

GSS Online

Scrivici

Sezione del sito: Home Page > Pubblicazioni > Fascicoli

Aggiornamento scientifico sulle patologie vertebrali

Editoriale del II fascicolo 2000


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

I Punti di Vista di Boccardi e Sibilla

Scoliosi. Screening e busto ortopedico: sì o no ? E' ora di passare dai preconcetti ad una ricerca vera
Scoliosi e busto: il corsetto va stretto bene e può essere correlato al mal di schiena
Sintomi associati alla cervicalgia: vertigini e disfunzione temporomandibolare
Il colpo di frusta esiste? Quale biomeccanica? Quali radiografie?
Efficacia del trattamento della cervicalgia e confronto di quelle croniche con le lombalgie croniche
Cervicobrachialgia: uno studio ben fatto ed un'indagine sulle trazioni cervicali
Esercizi per tutti: bambini che diventano adulti ed anziani
Esercizi e lombalgia; una review sull'osteogenesi imperfetta
Pagine verdi: tutto sulla stabilizzazione, da non perdere assolutamente
Indice

L'incipit di questo Editoriale non può che essere dedicato alle due nuove iniziative, preannunciate nell'ultimo fascicolo, che il Gruppo di Studio ha in cantiere per l'autunno.

La prima è una Giornata per la Salute dell'età evolutiva, organizzata in collaborazione con la Fondazione Don Gnocchi per il 23 settembre a Milano su "Il peso degli zainetti scolastici. Un problema di salute pubblica ?": in questa giornata andranno di pari passo un'iniziativa scientifica (un Convegno di una mattinata con relativi Atti), una politica (un incontro pubblico nel pomeriggio che metterà a confronto i ricercatori - con i loro risultati -, le parti sociali - con i loro interessi e le loro richieste - e gli amministratori - con i loro doveri) ed una educativa (con manifesti, volantini ed una videocassetta distribuiti gratuitamente in alcune province lombarde a tutte le scuole). Il tutto, data l'importanza sociale dell'iniziativa, sarà gratuito (ovviamente non gli Atti e la videocassetta). Si tratta di un'occasione importante per avere delle risposte serie, per sentire delle proposte sensate e per acquisire del materiale (gli Atti e la videocassetta) che potranno rivelarsi fondamentali per il lavoro sul campo in età evolutiva. Raccomandiamo ai Soci interessati di mandare l'iscrizione al più presto (meglio entro il 23 agosto) per garantirsi la possibilità di avere gli Atti.

Il secondo è un Seminario di Aggiornamento su "Le algie comuni di origine lombare" che si effettuerà a Monza in due week-end (11-12 e 18-19 novembre) organizzato in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano Bicocca, l'Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza e la Fondazione Don Gnocchi di Milano. Questa iniziativa costituisce un salto di qualità rispetto alle nostre classiche Giornate di Aggiornamento proprio per il prestigio dei partner coinvolti e per il miglioramento drastico dei contenuti. Come avete visto dal programma, si tratta comunque di una iniziativa dai grossi contenuti pratici e ci piace pensare che possa essere il primo passo verso qualcosa di ancor più valido e totalmente nuovo nel panorama degli eventi scientifici di aggiornamento del nostro paese, che possa coniugare l'interesse multi-disciplinare vero del GSS, con le esigenze di crescita scientifica che l'Università rappresenta, con le spinte alla ricerca clinica che un IRCCS come la Fondazione Don Gnocchi offre. Raccomandiamo ai Soci interessati di mandare l'iscrizione al più presto per garantirsi il posto al Seminario.

Scoliosi. Screening e busto ortopedico: sì o no ? E' ora di passare dai preconcetti ad una ricerca vera

Yawn, a pag. 107, con un contributo pubblicato dalla prestigiosa rivista Journal of the American Medical Association, sembra non avere dubbi: screening no. A noi preme sottolineare con forza come questo lavoro apparentemente neutrale si inserisca in un filone di pensiero che lo accomuna a quello successivo, un filone di pensiero dominante nella cultura ortopedica anglosassone che continua a vedere nella soluzione chirurgica l'unica realtà per il problema scoliosi. Questo atteggiamento mentale forse può essere giustificato dal fatto che pagano le assicurazioni, e che queste ritengono che costi di meno operare piuttosto che trattare con corsetti (ma esistono lavori che smentiscono queste ipotesi); eppure, non possiamo fare a meno di vedere come tutti i principali clinici che si occupano di scoliosi sono chirurghi ortopedici, che giustamente fanno della tavola operatoria la loro specialità e lasciano poco spazio principalmente nella propria cultura personale, e di conseguenza anche alle possibilità di risultato (perché: se non credi ad una terapia, come fai ad ottenere un risultato ?) per un trattamento ortopedico conservativo. Ne consegue inevitabilmente un atteggiamento culturale dominante che si riflette in tutte le riviste principali, di settore e non, e che viene rotto da poche, ma per fortuna forti, voci fuori dal coro: potremmo citare il compianto Stagnara, ma anche Mehta, Nachemson, Winter, Lonstein (vedi fascicolo 1/98, pag. 10); e in Italia, Sibilla, Becchetti, Costanzo ed altri ancora. Questa atmosfera culturale dominante, insieme alla purtroppo scarsa prolificità scientifica dei cultori di un approccio preminentemente conservativo, condiziona pesantemente la stessa Evidence Based Medicine, perché è chiaro che se le evidenze positive sono solo di un certo tipo (anche perché evidenze scientifiche negative non ne esistono, quindi in termini di Evidence Based Medicine si può solo dire che non ci sono ricerche, non che i trattamenti conservativi non sono efficaci), le raccomandazioni non potranno che essere di quel tipo. Eppure succede ancora, come rilevato dallo stesso Yawn, che l'American Pediatric Association (guarda caso pediatri, quindi non chirurghi) continui a raccomandare lo screening: non è che sia proprio, come noi riteniamo, una questione di cultura ? Un esempio per tutti: in questo lavoro sono stati curati su 2242 ragazzi sottoposti a screening solo 9 soggetti, ovviamente tutti con curve superiori ai 40°. Questo condiziona pesantemente i risultati: se la cura è solo chirurgica, quindi solo per 4 ragazzi su 1000, per forza lo screening non si giustifica. Anch'io, se pensassi che devo solo aspettare che la scoliosi sia così grave da doverla operare e per il resto non ci sia niente da fare, penserei che lo screening non serve ! Se questo è il modo di ragionare, allora è corretto che la politica proponga di abolire lo screening, ma le decisioni politiche si basano su premesse scientifiche: sono queste a non essere corrette e sono queste che vanno cambiate. Signori, è ora di darsi da fare con le pubblicazioni per smentire questi approcci chirurgici totalizzanti. Anche perché, chi cura le scoliosi con i corsetti sa benissimo che non si ferma l'evoluzione negativa del 20/35% delle curve, come proditoriamente affermato in questo lavoro, bensì oltre il 95% ! E da qui si passa direttamente al lavoro di Dickson e Weinstein a pag. 113. Essendo due chirurghi ortopedici, dei quali tra l'altro il secondo è anche il Chief Editor di Spine, quale sarà la risposta al quesito sul busto ortopedico ? Ovviamente: no ! In primo luogo, invitiamo tutti ad andare a degustarsi il PdV di Sibilla a pag. 118, che ovviamente non lesina i suoi giusti giudizi. Accanto però a queste parole, ed a quelle già spese sopra, alcune, poche annotazioni:

Scoliosi e busto: il corsetto va stretto bene e può essere correlato al mal di schiena

Il lavoro di Aubin a pag. 120 ci conduce ad indagare con metodiche biomeccaniche accurate come utilizzare al meglio le ortesi. Viene infatti qui valutata l'importanza di stringere adeguatamente le cinghie, variandone la tensione nelle diverse posture della vita quotidiana. In pratica, si deve dire a tutti i pazienti che, quando si mettono per esempio a letto, devono variare la chiusura in modo da sentire nuovamente il corsetto chiuso in modo adeguato. Un piccolo suggerimento derivante dall'esperienza personale: di solito funziona dire ai ragazzi che la fregatura è avere il corsetto, ma che portare il corsetto e non farlo agire adeguatamente senza stringerlo al punto giusto raddoppia la fregatura, anche perché poi lo si deve portare più a lungo e per più tempo, ottenendo meno risultato. Ne consegue che stringere bene il corsetto in diverse condizioni viene affidato al migliore incaricato possibile: il paziente stesso. Ancora qualche piccola nota: nello studio manca una correlazione tra la tensione delle cinghie e la capacità correttiva (cita però a questo proposito un altro lavoro); il trattamento è stato riservato a curve superiori ai 30°: ci sembra un po' troppo, anche perché cita Nachmeson che propone i 25°; nella citazione del lavoro di Drummond sulla perdita di tensione progressiva delle cinghie durante il trattamento, vanno notati un possibile deterioramento dei materiali, ma anche che l'avvenuta correzione può ovviamente rendere meno tese le cinghie.

Il breve contributo di Ramirez a pag. 123 ha il pregio di portare all'attenzione un problema che a volte (ma non così spesso) si può incontrare: quello della lombalgia durante il trattamento ortesico. Ovviamente nei primi giorni possono sorgere dei dolori da spinta, soprattutto poi quando si parla di ortesi non amovibili in vetroresina, ma in generale di solito un corsetto ben prescritto e portato toglie i dolori a chi ne ha. Si noti poi che una percentuale di dolori in pazienti scoliotici del 32% è uguale, se non inferiore, a quella che si trova in una popolazione generale di pari età. Inoltre, è chiaro che un corsetto anti-fisiologico e francamente poco "intelligente" come il Charleston possa dare più dolori; inoltre questo corsetto risulta meno efficace: non è che dia più dolore proprio perché concede anche un peggioramento ? Il tema del dolore e del corsetto andrà ulteriormente approfondito in futuro.

Sintomi associati alla cervicalgia: vertigini e disfunzione temporomandibolare

Il lavoro coordinato da Chauplannaz a pag. 125 è molto importante sia per come è stato impostato (si tratta di vere e proprie Linee Guida sulla gestione, valutazione e riabilitazione delle vertigini) sia per il tema: pochi sono infatti i lavori che si sono occupati adeguatamente di questo sintomo associato frequentemente alla cervicalgia, con cui il riabilitatore è costretto a confrontarsi regolarmente e per il quale le armi a disposizione sembrano così poche. In realtà questo lavoro non fa altro che confermare la situazione, in quanto la maggior parte della revisione si confronta con la diagnosi e con alcune manovre specifiche, mentre poco si afferma sulla riabilitazione, anche perché pochissima è la letteratura. Eppure, anche questo lungo excursus in una materia apparentemente poco familiare potrà consentire a tutti di sapere quali suggerimenti dare ai propri pazienti. Se non altro, potrà servire come testo di riferimento sull'argomento.

Fa sempre piacere citare lavori di Italiani, anche perché questo ci accade sempre più spesso. Fa ancora più piacere quando si tratta di nostri Soci, come Marco Testa, che insieme a Ciancaglini e Radaelli a pag. 134 valuta l'associazione tra cervicalgia e disfunzione temporo-mandibolare. Infine, lasciatecelo dire, per chi come noi crede fermamente nell'importanza dell'équipe in riabilitazione, nell'importanza della massima cultura possibile da parte di tutti i membri dell'équipe, dal medico al fisioterapista al chinesiologo al tecnico ortopedico allo psicologo all'assistente sociale a tutti gli altri (e le virgole non sono state messe perché siamo tutti insieme), è sempre un piacere vedere che un fisioterapista, quindi non un medico, pubblichi su una rivista importante come lo Scandinavian Journal of Rehabilitation Medicine. Entrando nel merito del lavoro, vanno sottolineati alcuni punti: trovare una correlazione tra due variabili ad una valutazione trasversale (di fatto fotografando una situazione esistente) non consente in alcun modo di stabilire nessi causali (ossia un rapporto causa effetto tra le due); similmente non è detto che curando un fattore si possa risolvere anche l'altro, ed ovviamente viceversa. Di fatto, è proprio l'esistenza della correlazione tra cervicalgia e disturbi temporo-mandibolari che ha spinto a curare gli uni per ottenere risultati sugli altri: eppure queste possibilità, come pure i nessi causali, sono ancora tutte da dimostrare. Va sottolineato poi che qui si parla di correlazione con l'articolazione temporo-mandibolare: non si parla di occlusione. In ogni caso, questa è la strada giusta: presentare prove scientifiche e non continuare semplicemente a proporre teorie che poi si rivelano lauti guadagni per le proprie tasche e grosse spese per i pazienti (purtroppo a volte anche senza risultati).

Il colpo di frusta esiste? Quale biomeccanica? Quali radiografie?

Lo studio di Freeman a pag. 137 si accompagna ad un preziosissimo PdV di Ferrari a pag. 140 cui è già possibile rimandare, data la condivisibilità totale del suo parere. Sicuramente il colpo di frusta esiste proprio in questi termini, biopsicosociali. Peraltro, è di grande interesse ripercorrere il percorso logico degli autori, che smentiscono una serie di asserzioni presenti in letteratura sulla base di altri risultati pubblicati. Certamente ciò viene fatto quasi in termini partigiani, da parte di sostenitori dell'esistenza del colpo di frusta: questo non toglie che il lavoro sia utile ed interessante ben al di là della pura e semplice curiosità, anche perché tutti noi ci confrontiamo con questa patologia e ci potrà capitare di incontrare il medico legale di turno che vorrà negare l'esistenza di questa patologia.

Il lavoro di Yoganandan a pag. 142 non è certamente semplice, in particolare nell'approfondita discussione circa il meccanismo temporale di estrinsecazione del colpo di frusta. L'interesse però è intatto in particolare per la sua completezza e per la corretta sottolineatura di come il meccanismo di contrazione muscolare venga necessariamente ad essere totalmente spiazzato dalla rapidità dell'evento traumatico.

Wang a pag. 161 presenta un contributo che solo apparentemente è di scarso interesse per i riabilitatori. In realtà, nella totale assenza del movimento dagli esami che attualmente possono essere di routine effettuati da qualunque medico ne intraveda la necessità, le sole radiografie dinamiche (che poi dinamiche non sono) consentono di inferire degli elementi di chiara e grossa utilità per chi di movimento si occupa, come i riabilitatori. Si tratta, per chi non lo sapesse con esattezza, di radiografie che vengono effettuate a fine corsa articolare (massima flessione e massima estensione) e che consentono di indagare l'integrità delle strutture anatomiche stabilizzanti il rachide in queste condizioni fisiologiche estreme. Conoscere questo dato significa per esempio sapere se dobbiamo primariamente stabilizzare o possiamo permetterci di mobilizzare senza grosse precauzioni (e si tratta di due obiettivi terapeutici spesso in netta contraddizione, anche pratica ed operativa, tra loro). Le radiografie dinamiche sono imperative in quasi tutti i pazienti da riabilitare dopo un colpo di frusta (ovviamente non per quanti non necessitano di riabilitazione, e non sono pochi). Ebbene, questo articolo conferma che le radiografie dinamiche importanti non sono comunque quelle effettuate d'urgenza in Pronto Soccorso, perché in questa fase esiste spesso una contrattura muscolare che impedisce assolutamente di raggiungere la fine corsa articolare, ed impedisce quindi di ottenere quella informazione che si ricerca (come del resto a volte lo impedisce il tecnico radiologo stesso, che dice al paziente di fermarsi prima che questo abbia compiuto l'intero arco di movimento: fondamentale istruire bene il paziente prima che vada a fare questa radiografia, per non inficiarne l'efficacia). Secondo gli autori la radiografia va posticipata a 1-2 settimane almeno, secondo noi a volte si deve arrivare a 2 mesi, ma il concetto di fatto non cambia.

Efficacia del trattamento della cervicalgia e confronto di quelle croniche con le lombalgie croniche

Questi due lavori sono accompagnati dal solito ineguagliabile PdV di Boccardi a pag. 167, cui rimandiamo tutti i lettori anche non interessati direttamente all'argomento, per le solite parole di saggezza ed esperienza che il Grande Silvano ci offre anche questa volta e per il quale non possiamo che ringraziarlo.

Kjellman a pag. 164 testimonia una volta di più la difficoltà di effettuare metanalisi sulla riabilitazione. La solita lamentela sulla mancanza quantitativa di lavori e, per quelli esistenti, sulla mancanza qualitativa che consenta conclusioni adeguate, non è una litania di prassi o di rito: è semplicemente la realtà nel nostro campo. Eppure, anche qui viene dimostrata una volta di più l'efficacia delle tecniche di trattamento rieducative: da leggere.

Il gruppo del Texas capitanato da Mayer e Gatchel, cui appartiene Wright con il lavoro a pag. 168, si è distinto in questi anni per i suoi contributi scientifici e metodologici (sono gli "inventori" della riabilitazione funzionale) sul trattamento delle rachialgie croniche. Questo lavoro si rivolge per la prima volta alle cervicalgie croniche, e lo fa confrontando i risultati in questa popolazione con quelli ottenuti per le lombalgie di lunga durata. Si noti che si tratta in questo caso di un numero di pazienti molto elevato, sottoposto ad un trattamento di terzo livello e valutati in modo prospettico: i risultati sono ottimi, anche e soprattutto in termini di ritorno al lavoro. Si conferma una volta di più l'utilità della riabilitazione funzionale, cioè di quell'approccio che mette momentaneamente in secondo piano il dolore in quanto tale e punta principalmente al recupero del paziente da un punto di vista psico-fisico al fine di un adeguato reinserimento sociale (ovviamente si parla di pazienti cronici).

Cervicobrachialgia: uno studio ben fatto ed un'indagine sulle trazioni cervicali

Sampath a pag. 171 presenta un lavoro interessante ma che merita qualche approfondita riflessione. Si tratta dell'approccio a confronto chirurgico e conservativo per gravi pazienti cervicobrachialgici. Il lavoro dimostrerebbe una maggiore efficacia a breve termine (in attesa dei risultati a 5 anni) del trattamento chirurgico. Penso che sia normale che dei chirurghi, che oltretutto neanche descrivono quale trattamento conservativo abbiano utilizzato (tanto lo ritengono importante), ottengano dei risultati più validi con la chirurgia. Non sarebbe la stessa cosa, ovviamente a parti ribaltate, se dei fisiatri avessero proposto ed effettuato (come non oserebbero mai fare) una terapia chirurgica ? Al di là di questa nota, solo apparentemente polemica, ma che deve in realtà condurre a pensare che se si vogliono porre a confronto dei trattamenti è anche fondamentale porre a confronto dei terapeuti (ossia, ognuno deve effettuare la terapia in cui crede all'interno di uno studio in cui esistono non solo due gruppi di pazienti ma anche due gruppi di terapeuti - a meno che non esista già in partenza una preferenza per uno dei due approcci posti a confronto), rimane il fatto che probabilmente è vero che nei pazienti più gravi possa essere più efficace a breve termine la chirurgia: vedremo poi per i risultati a lungo termine.

Un primo lavoro, interessante per la sua semplicità concettuale e perché apre la strada ad ulteriori ricerche, è quello di Swezey a pag. 175, che ha trovato spazio sul prestigioso Journal of Physical Medicine and Rehabilitation. Lo studio proprio nella sua semplicità ha i suoi massimi pregi accanto ai possibili limiti, ma incarna la dimostrazione che, anche senza grossi mezzi ma con alcune idee chiare, chiunque può effettuare una verifica clinica spendibile a livello scientifico. Un invito esplicito a provarci anche ad altri.

Esercizi per tutti: bambini che diventano adulti ed anziani

Due anni fa al Convegno dell'International Society for the Study of the Lumbar Spine ebbi modo di confrontarmi a lungo con Videman, un finlandese vincitore plurimo del Volvo Award (l'Oscar della ricerca sulla colonna lombare), sull'utilità dell'attività fisica a scopo preventivo per la lombalgia. Egli aveva una posizione nichilista, basata sul concetto che un paziente sta effettivamente meglio se fa dell'attività fisica; secondo lui, però, il fatto di farla o meno non era con una scelta autonoma e responsabile, ma dipendeva solo da una innata, oserei dire congenita predisposizione al fatto di muoversi. Il lavoro di Trudeau a pag. 177 smentisce clamorosamente questa ipotesi, per lo meno per il sesso femminile, dimostrando come l'avere fatto più educazione fisica a scuola abbia favorito la continuazione dell'attività fisica in età adulta. Questo non è risultato vero per i maschi, che però hanno comunque dimostrato maggiore attenzione per gli aspetti di salute, in particolare con una riduzione del fumo. Questi risultati dimostrano l'importanza dell'educazione in tenera età ed è probabilmente ora di avviare una vera e propria BATTAGLIA per l'attività fisica su base QUOTIDIANA nella scuola dell'obbligo. E' un investimento per la salute e per il futuro di tutta la popolazione.

Interessante il lavoro di Rantanen a pag. 180, che presenta una impostazione teorica esemplificata nello schema presentato nel lavoro, che attraverso una serie di studi pubblicati nel tempo in letteratura dimostra come l'attività fisica possa essere fondamentale per ridurre la disabilità degli anziani. Breve ma efficace, merita una lettura attenta anche per le implicazioni pratiche che ne conseguono. Per esempio, il rinforzo è essenziale per questa fascia di età. Nello stesso tempo, anche una attività fisica regolare è fondamentale per la riduzione della disabilità.

Evans a pag. 183, con un contributo pubblicato sulla prestigiosa rivista Medicine and Science in Sports and Exercise, ci guida per mano nel campo dell'attività fisica per gli anziani. Egli presenta un lavoro di grossa valenza pratica, dettagliato ed aggiornato, che costituisce delle Linee Guida sull'approccio a questa fascia d'età. Per esempio si incontrano suggerimenti pratici come un test di screening completo per evidenziare i soggetti che hanno la necessità di valutazioni mediche prima di iniziare l'attività (l'applicazione e la conservazione di questo test può costituire un valido strumento anche a scopo medico-legale per tutti gli adulti che partecipano a programmi di esercizi senza essere in possesso di un certificato medico). Accanto a questo si trovano tutte le premesse teoriche e gli effetti dell'attività fisica, nonché le modalità di progressione dell'allenamento. Non dimentichiamolo, un anziano ha le stesse potenzialità di allenamento di un giovane; se vuole può partecipare alla Maratona di New York anche se non ha mai fatto più di 500 metri di corsa: l'importante è che si conceda più tempo e più gradualità ma, progredendo costantemente, è possibile ottenere prestazioni impensate. Penso che sia intuitivo cosa possa significare il riuscire ad ottenere dal proprio fisico dei miglioramenti e delle prestazioni dignitose non solo per la salute attuale, o per la prevenzione (rischio di caduta, recupero dopo una malattia o un incidente), ma anche per l'autostima e per la conservazione nel tempo di una discreta autonomia.

Esercizi e lombalgia; una review sull'osteogenesi imperfetta

Lo studio di Klaber Moffett a pag. 188 è interessante soprattutto per l'ambiente in cui si è svolto e per le caratteristiche della popolazione. Si tratta di lombalgici sub-acuti (sono pochi gli studi su questa fascia di pazienti), ossia quei soggetti che si sono avviati sulla china della cronicità e per i quali è cruciale riuscire ad offrire una soluzione onde evitare loro l'ingresso nella categoria più pesante della patologia; questi sono stati trattati in ambiente extra-ospedaliero, con un programma semplice che nello stesso tempo si è rivelato efficace. Eppure, quanto traspare pesantemente non solo tra le righe, è non tanto l'esercizio fisico, ma l'approccio cognitivo-comportamentale posto in atto, che è probabilmente la principale soluzione (ovviamente se accompagnato al movimento finalizzato, che è da un lato utile di per sé, dall'altro un rinforzo costante e preciso dei messaggi ricevuti). Trascurare questo approccio, dato l'accumularsi continuo di dati in questo senso in letteratura, costituisce oramai una colpevole negligenza nei confronti dei pazienti rachialgici sub-acuti e cronici.

A pag. 191 Engelbert ci offre una interessante revisione su una patologia rara, di non frequente incontro nella pratica clinica quotidiana, che però si associa a deformità non solo degli arti ma anche del rachide: l'osteogenesi imperfetta. Un'utile occasione di conoscenza e di ripasso rapido.

Pagine verdi: tutto sulla stabilizzazione, da non perdere assolutamente

Le Pagine Verdi vengono a costituire in questo fascicolo un "core" preciso, un nucleo imperdibile per tutti quanti lavorano praticamente sul campo. Uno degli "highlight" del fascicolo. Viene ripercorsa la stabilizzazione, dalle sue esigenze teoriche, ai test pratici, ad alcune modalità di lavoro concreto con tutta la loro progressione.

Il lavoro di Richardson a pag. 143, primo capitolo del testo scritto dagli autori (noti in Italia per alcuni corsi organizzati da Hodges, uno dei membri dell'équipe) sulla stabilizzazione del rachide lombare, è fondamentale per le conoscenze teoriche che presenta, ma non solo. Il concetto di stabilizzazione infatti affonda le sue radici nel tempo, sin dalle scuole francesi di Troisier o di Charrière, ma è con questo gruppo australiano che si raggiungono delle vette soprattutto metodologiche. Questi autori infatti, cosa rara in un campo pratico come quello fisioterapico, ma di fatto oramai l'unico modo accettabile per procedere, pongono in atto una serie di lavori per identificare degli strumenti di misura utili per valutare la capacità fisica che si intende sviluppare, quindi effettuano altri studi clinici utilizzando questi strumenti adeguatamente validati per verificare la giustezza delle loro teorie. Tutto questo su riviste internazionali di prestigio, con inoltre la prontezza di spirito di adeguare le proprie idee ai risultati ottenuti. Quanti dei cosiddetti "maestri" che troviamo in giro, a cui magari abbiamo lasciato dei milioni per imparare le loro tecniche, hanno avuto l'umiltà metodologica di porsi così in gioco e soprattutto la capacità teorica e tecnica di condurre studi di questo genere ? Dire, come alcuni discepoli fanno, che non era il loro compito è un non senso: altrimenti che "maestri" sono ? Tornando al merito del lavoro, che invitiamo tutti a leggere per i contenuti ma anche per il percorso metodologico, interessanti le indicazioni sul multifido e sul traverso dell'addome come muscoli chiave per la stabilità del rachide. Anche questo è un elemento utile per chi lavora in palestra.

Lo studio di Arokoski a pag. 145 è invece dovuto ad un'altra scuola riabilitativa per il rachide lombare in crescita esponenziale: quella finlandese della Documented Based Care, una metodologia di riabilitazione funzionale per le rachialgie croniche che nei prossimi mesi "sbarcherà" in Italia alla Fondazione Don Gnocchi per uno studio sperimentale di verifica di efficacia. In questo caso viene presentato il percorso metodologico posto in essere per validare una valutazione elettromiografica di superficie per i muscoli del rachide da allenare con la riabilitazione. Perché una cosa così banale ? Perché non ricorrere agli elettrodi di profondità ? Semplice: perché costa di meno e può essere fatto anche da personale meno specializzato con minori precauzioni. Se funziona lo stesso e ci offre i dati che cerchiamo, quelli utili per la riabilitazione, che cosa importa se non è complesso ? Non possiamo che sposare questo modo di pensare. Interessante inoltre la lettura dei risultati, con la valutazione dei singoli esercizi e del loro potenziale stabilizzante.

Il lavoro di Ritz a pag. 150 si muove sullo stesso filone di pensiero, ma lo fa in modo ancora più pratico, presentando un proprio percorso di allenamento stabilizzante in dettaglio ed in tutte le sue tappe. Lo studio è fondamentale, perché miscela sapientemente tanto buon senso con ottime conoscenze teoriche ed una gran quantità di nozioni pratiche acquisite sul campo con l'esperienza di anni di lavoro con queste tecniche e queste premesse teoriche. Ci piace poi molto come il paziente non venga lasciato a sé una volta finito il programma, ma come gli vangano insegnati esercizi da continuare a domicilio, secondo una logica di mantenimento del risultato che è fondamentale in una riabilitazione moderna. La conclusione poi va letta e meditata, perché ne vale la pena.

A questo punto non mi rimane che augurarvi buona lettura, raccomandarvi di leggere la rubrica "In breve dalla letteratura" del nostro Carlo Trevisan a pag. 195, consigliare a quanti di voi vogliono avere delle risposte sugli zainetti scolastici di raggiungerci a Milano il 23 settembre e ricordare che il Seminario sulla lombalgia che si terrà a Monza in collaborazione con l'Università degli Studi Milano Bicocca è totalmente nuovo e potrebbe, se avrà successo, e ciò vuol dire se piacerà ai nostri Soci, essere uno dei punti di forza per il futuro del nostro Gruppo.

Il Segretario Scientifico
Stefano Negrini


Indice del II fascicolo 2000

  1. Uno studio sullo screening della scoliosi nelle scuole
    Estratto da: Yawn BP, Yawn RA, Hodge D, Kurland M, Shaughnessy WH, Ilstrup D, Jacobsen SJ. A Population-Based Study of School Scoliosis Screening. JAMA 1999; 282(15); 1427-32 (Referenze Bibliografiche n. 30).

  2. Utilizzo del busto ortopedico (e screening) - Si o no?
    Estratto da: Dickson RA, Weinstein SL. Review article. Bracing (and screening) - Yes or No?. J Bone Joint Surg 1999: 81-B(2); 193-8 (Referenze Bibliografiche n. 47).

  3. Variazione della tensione delle cinghie nel trattamento con corsetto per la scoliosi idiopatica adolescenziale
    Estratto da: Aubin CE, Labelle H, Ruszkowski A, Petit Y, Gignac D, Joncase J, Dansereau J. Variability of Strap Tension in Brace Tratment for Adolescent Idiopathic Scoliosis. Spine 1999: 24(4); 349-54 (Referenze Bibliografiche n. 29).

  4. Mal di schiena durante il trattamento ortopedico della scoliosi idiopatica
    Estratto da: Ramìrez N, Johnston CE, Browne RH, Vazquez S. Back Pain During Orthotic Treatment of Idiopatic Scoliosis. Journal of Pediatric Orthopaedics 1999: 19(2); 198-201 (Referenze Bibliografiche n. 32).

  5. Le vertigini nell'adulto. Strategie diagnostiche, ruolo della rieducazone vestibolare
    Estratto da: Chauplannaz G. Vertiges chez l'adulte. Stratégies diagnostiques, place de la rééducation vestibulaire. Kinésithérapie Scientifique 1999: 387; 42-54 (Referenze Bibliografiche n. 43).

  6. Associazione di cervicalgia e sintomi di disfunzione temporomandibolare nella popolazione adulta generale
    Estratto da: Ciancaglini R, Testa M, Radaelli G. Association of Neck pain with symptoms of temporomandibular dysfunction in the general adult population. Scand J Rehab Med 1999: 3; 17-22 (Referenze Bibliografiche n. 40).

  7. Revisione e critica metodologica della letteratura che confuta la sindrome da colpo di frusta
    Estratto da: Freeman MD, Croft AC, Rossignol AM, Weaver DS. A Review and Methodologic Critique of the Literature Refuting Whiplash Syndrome. Spine 1999: 24(1); 86-98 (Referenze Bibliografiche n. 49).

  8. Colpo di frusta: sperimentazione biomeccanica
    Estratto da: Yoganandan N, Pintar FA, Kleinberger M. Editorial. Whiplash Injury. Spine 1999: 24(1); 83-5 (Referenze Bibliografiche n. 6).

  9. Radiografie in flessione ed estensione cervicale in pazienti traumatizzati acuti
    Estratto da: Wang JC, Hatch JD, Sandhu HS, Delamarter RB. Cervical Flexion and Extension Radiographs in Acutely Injured Patients. Clinical Orthopaedics and Reladed Research 1999; 365; 111-6 (Referenze Bibliografiche n. 10).

  10. Analisi critica degli esperimenti clinici randomizzati sull'efficacia del trattamento della cervicalgia. Revisione della letteratura
    Estratto da: Kjellman GV, Skargren EI, Öberg BE. A critical analysis of randomised clinical trials on neck pain and treatment efficacy. A review of the literature. Scand J Rehab Med 1999: 31(3); 139-52 (Referenze Bibliografiche n. 48).

  11. Conseguenze delle patologie vertebrali cervicali nelle lesioni da risarcimento. Un confronto prospettico con la risposta della riabilitazione di terzo livello per le patologie lombari croniche
    Estratto da: Wright A, Mayer TG, Gatchel RJ. Outcomes of Disabling Cervical Spine Disorders in Compensation Injuries. A Prospective Comparison to Tertiary Rehabilitation Response for Chronic Lumbar Spine Disorders. Spine 1999: 24(2); 178-83 (Referenze Bibliografiche n. 40).

  12. Risultati in pazienti con radicolopatia cervicale. Uno studio prospettico, multicentrico con revisione clinica indipendente
    Estratto da: Sampath P, Bendebba M, Davis JD, Ducker T. Outcome in Patients With Cervical Radiculopathy. Prosepective, Multicenter Study With Independent Clinical Review. Spine 1999: 24(6); 591-7 (Referenze Bibliografiche n. 21).

  13. L'efficacia della trazione cervicale a domicilio
    Estratto da: Swezey RL, Swezey AM, Warner K. Efficacy of Home cervical traction therapy. American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation 1999: 78(1); 30-2 (Referenze Bibliografiche n. 20).

  14. Educazione fisica giornaliera nella scuola elementare: effetti sull'attività fisica in età adulta
    Estratto da: Trudeau F, Laurencelle L, Tremblay J, Rajic M, Shepard RJ. Daily primary school physical education: effects on physical activity during adult life. Medicine & Science in Sports & Exercise 1999: 31(1); 111-7 (Referenze Bibliografiche n. 37).

  15. Disabilità, attività fisica e forza muscolare in donne anziane: la salute delle donne e lo studio dell'invecchiamento
    Estratto da: Rantanen T, Guralnik JM, Sakari-Rantala R, Leveille S, Simonsick EM, Ling S, Fried LP. Disability, Physical Activity, and Muscle Strength in Older Women: the Women's Health and Aging Study. Arch Phys Med Rehabil 1999: 80(2); 130-5 (Referenze Bibliografiche n. 24).

  16. Linee guida sugli esercizi per gli anziani
    Estratto da: Evans WJ. Exercise trainig guidelines for the elderly. Medicine & Science in Sports & Exercise 1999: 31(1); 12-7 (Referenze Bibliografiche n. 26).

  17. Studio controllato randomizzato sull'effetto degli esercizi sulla lombalgia: risultati clinici, costi e preferenze
    Estratto da: Klaber Moffett J, Torgerson D, Bell-Syer S, Jackson D, Llewlyn-Phillips H, Farrin A, Barber J. Randomised controlled trial of exercise for low back pain: clinical outcomes, costs, and preferences. BMJ 1999: 319; 279-83 (Referenze Bibliografiche n. 24).

  18. Osteogenesi imperfetta nell'infanzia: strategie di trattamento
    Estratto da: Engelbert RHH, Pruijs HEH, Beemer FA, Helders PJM. Oteogenesis Imperfecta in Childhood: Treatment Strategies. Arch Phys Med Rehabil 1998: 79; 1590-4 (Referenze Bibliografiche n. 63).

  19. Tecnica 1) Esercizi per la stabilizzazione lombare: i motivi di un cambiamento
    Estratto da: Richardson C, Jull G, Hodges P, Hides J. The reason for change. In Therapeutic Exercise for Spinal Segmental Stabilization in Low Back Pain. Scientific Basis and Clinical Approach, pp 3-7, Churchill Livingstone, United Kingdom, 1999

  20. Tecnica 2) Funzione dei muscoli estensori del rachide e dell'anca durante esercizi terapeutici
    Estratto da: Arokoski JPA, Kankaanpää M, Valta T, Juvonen I, Partanen J, Taimela S, Lindgren KA, Airaksinen O. Back and Hip Extensor Muscle Function During Therapeutic Exercises. Arch Phys Med Rehabil 1999: 80; 842-50 (Referenze Bibliografiche n. 66).

  21. Tecnica 3) Trattamento attivo delle malattie degenerative del rachide
    Estratto da: Ritz S, Lorren T, Simpson S, Mondry T, Comer M. Rehabilitation of Degenerative Disease of the Spine. Active treatment. In Rehabilitation of The Spine (Hochschuler SH, Cotler HB, Guyer RD, eds), pp. 457-81, Mosby, St. Louis, USA, 1993 (Referenze Bibliografiche n.98).


Gruppo di Studio della Scoliosi
Casella Postale n. 89 - 27029 Vigevano (Pv), Italia
E-mail:gss@gss.it


Copyright © Gruppo di Studio della Scoliosi, 2006.